Il tic è un “disturbo del movimento di tipo rapido, ripetitivo, stereotipato”. Si tratta, pertanto, di un fenomeno che tende a presentarsi più volte al giorno, anche in modo ravvicinato (ripetitivo), sempre con la medesima tipologia (stereotipato).
Usualmente, si presenta nella forma di movimento muscolare, con interessamento di vari distretti corporei. Tra questi il volto (ammiccamento o contrazione della rima buccale), il collo, le spalle, gli arti. Può anche presentarsi con tic vocale, con rumori gutturali, “raschiamento” della voce, veri e propri vocalizzi. Spesso è anticipato da una sensazione di “urgenza” al movimento, con conseguente sollievo dopo la sua esecuzione. È involontario, ma parzialmente controllabile da parte del paziente che può inibirlo durante l’esecuzione di attività motorie che necessitano di concentrazione (scrittura, musica, sport).
L’età di insorgenza dei tic: dai 4-5 anni sino all’età puberale
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Solitamente, l’età di insorgenza dei tic «è tra i 4-5 anni sino all’età puberale», spiega Federico Melani, neurologo presso AOU Meyer Irccs. «La maggior parte dei disturbi da tic sono di tipo transitori, con risoluzione spontanea nel corso del tempo. Più raramente i tic si presentano come cronici, con andamento persistente per oltre un anno. Una caratteristica tipica dei tic è la presentazione ricorrente. Possono, infatti, insorgere e persistere per un certo periodo di tempo, per poi scomparire spontaneamente, e ripresentarsi successivamente dopo svariati mesi o, più raramente, anni».
I fattori che possono favorire la ricomparsa del disturbo
Si deve, inoltre, tenere presente che, alla nuova presentazione, la sintomatologia clinica può essere differente. «Magari – prosegue Melani – un bimbo inizia il tic come fenomeni di ammiccamento, che poi scompare e si ripresenta successivamente dopo mesi. Può ripresentarsi, dunque, come movimento di flessione del collo o sollevamento spalle. Tipicamente, i fattori scatenanti che possono favorire la ripresentazione di tic in soggetti predisposti sono episodi stressanti dal punto di vista psicologico, ed anche episodi infettivi. In particolare, infezioni delle alte vie respiratorie associate a Streptococco».
Da un punto di vista neurologico, la diagnosi di tic è esclusivamente clinica per la tipologia di movimento, la modalità di presentazione e l’andamento temporale. Eventuali esami strumentali, quali esami ematici, elettroencefalogramma, risonanza magnetica sono presi in considerazione solo in presenza di dubbi diagnostici. O se l’evoluzione clinica differisce da quanto atteso.
Approccio terapeutico di tipo non farmacologico
L’approccio terapeutico nei tic è, per la maggior parte, di tipo non farmacologico. «Usualmente – continua l’esperto – si avvia il bambino ad un percorso di terapia comportamentale, in cui vengono insegnate varie strategie di controllo del movimento involontario».
La terapia farmacologica con farmaci della classe degli antipsicotici per ridurre i movimenti involontari è riservata solo alle forme gravi di tic cronici (Sindrome di Tourette). In questi casi, il movimento è percepito come invalidante nell’esecuzione delle attività quotidiane da parte del piccolo paziente e famiglia. Come ad esempio la difficoltà del bambino nel seguire le lezioni in classe. In tali situazioni, il paziente è preso in carico da parte dello specialista neurologo/neuropsichiatra infantile, per valutare la risposta alla terapia e programmare i controlli periodici. «Altrimenti, nelle forme transitorie di tic motori semplici, che sono la maggior parte, il monitoraggio clinico può essere gestito direttamente dal pediatra di famiglia», conclude Melani.
