Negli ultimi anni, l’Italia ha affrontato una crisi demografica senza precedenti. Nel 2023, si è raggiunto l’ennesimo minimo storico di nascite, con soli 379mila bambini venuti al mondo, il numero più basso mai registrato, che segna il culmine di un trend negativo iniziato nel 2008. Questo drammatico calo delle nascite ha radici profonde: da un lato, la riduzione della fertilità, dall’altro l’invecchiamento della popolazione femminile in età fertile. Nel 1964, il numero medio di figli per donna era di 2,70, mentre oggi si attesta a 1,20, ben al di sotto della soglia di ricambio generazionale fissata a 2,1 figli per donna.
Con l’incremento delle difficoltà di concepimento, il futuro delle nuove generazioni è a rischio
Cause della denatalità: oltre i fattori economici
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Se è vero che la denatalità è legata a fattori economici, come l’aumento del costo della vita, gli stipendi bassi e la scarsità di servizi di sostegno alle famiglie, è altrettanto evidente che molte coppie affrontano anche serie difficoltà di concepimento. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, circa il 15% delle coppie italiane è infertile, una condizione che colpisce sia uomini sia donne. Le cause principali vanno dall’età avanzata – con un drastico calo della fertilità già dopo i 40 anni – a stili di vita poco sani, come il fumo, l’alcol e l’eccessivo stress.
L’ansia legata ai ritmi di vita frenetici e agli impegni lavorativi contribuisce ulteriormente a peggiorare la situazione. A fronte di una crescente difficoltà a concepire naturalmente, molte coppie si trovano a dover ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA.
L’accesso a questi trattamenti tuttavia non è sempre facile o immediato.
Il ruolo della procreazione assistita e le sue sfide
Nel 2021, oltre 86mila donne si sono sottoposte a trattamenti di fecondazione assistita in Italia.
Le probabilità di successo variano significativamente in base all’età. Le donne sotto i 35 anni hanno una probabilità del 40% di successo per ogni ciclo di trattamento di fecondazione in vitro.
Questa percentuale scende al 15% per le donne sopra i 40 anni.
Tuttavia, nonostante la crescente domanda di tali trattamenti, l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è ancora limitato.
Il nuovo tariffario LEA, che consentirebbe un accesso equo ai trattamenti di PMA in tutte le regioni italiane, è stato posticipato al 2025.
Cosa che ritarda la possibilità per molte coppie di usufruirne senza gravare economicamente sulle proprie risorse.
Questo ritardo colpisce in modo particolare le coppie più anziane, per le quali il fattore tempo è cruciale. Molte regioni italiane, come il Lazio, offrono una copertura sanitaria limitata per questi trattamenti.
Di conseguenza, molte coppie sono costrette a rivolgersi a strutture private con costi molto elevati o a spostarsi in altre regioni.
Fattori che aggravano ulteriormente la loro condizione di stress e incertezza.
Considerazioni sociali ed economiche: un circolo vizioso
Le difficoltà legate alla denatalità e all’infertilità non si limitano alle sfere individuali, ma si ripercuotono sull’intera società. La riduzione delle nascite porta con sé implicazioni economiche di lungo termine.
Un numero minori di giovani si traduce in minor forza lavoro in futuro, con conseguenti effetti negativi sulla crescita economica e sulla sostenibilità del sistema pensionistico. Inoltre, la mancata creazione di politiche adeguate a supporto delle famiglie e a incentivare la natalità aggrava il problema, scoraggiando ulteriormente le giovani coppie a procreare.
Da un punto di vista sociale, l’infertilità e la denatalità contribuiscono a creare una profonda incertezza nelle nuove generazioni, che si trovano a fronteggiare non solo difficoltà economiche, ma anche una crescente pressione psicologica legata all’impossibilità di realizzare il desiderio di avere figli.
La mancanza di un sistema di sostegno efficiente, che garantisca accesso a trattamenti di fertilità a costi sostenibili e che offra servizi adeguati per conciliare lavoro e famiglia, contribuisce a creare un circolo vizioso che rischia di peggiorare ulteriormente la situazione.
Senza un’inversione di rotta, l’Italia rischia di affrontare una crisi demografica e sociale ancora più grave nei prossimi decenni.
Purtroppo, questo potrebbe avere effetti devastanti sul sistema economico e sul benessere delle future generazioni.