crisi di governo

“La crisi di governo, dal rough al foul play”, l’editoriale di Ruggero Alcanterini

Altro che fair play, con la formula di lotta e di governo, si può passare senza tanti complimenti dal gioco pesante a quello addirittura sporco. Qualsiasi siano il contesto ed il clima in cui ci si trovi e non c’è dubbio che quello in cui ci troviamo sia dei peggiori.

Covid o non covid, bombe o non bombe, qualcuno pensa di poter tornare a Roma, in quel di Montecitorio e Palazzo Madama, rincarando una dose di complicanze, sfilandosi dalle responsabilità derivanti dalle larghe intese tra i partiti chiamati da Mattarella a far fronte con “Super Mario” Draghi ad uno stato di emergenza davvero straordinario.

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Crisi di governo, viene meno la responsabilità

Lo stesso Presidente, Sergio Mattarella, nel suo discorso di reinsediamento al Quirinale fu molto esplicito, se non duro. Parlò del compito che sarebbe toccato ai detentori del mandato parlamentare. Vista la situazione che obbligava lui stesso a soprassedere rispetto a legittime scelte di vita. Evidentemente, qualcuno non si è fatto sufficiente ragione della necessità si concludere naturalmente la legislatura, pensando di trarre vantaggio da una soluzione anticipata della stessa.

Eppure, la percentuale altissima di disaffezione degli elettori, la necessità di restituire credibilità alle istituzioni. E ancora le scadenze urgenti degli impegni del Paese collegati al PNRR e alle incognite della grave crisi internazionale suggerirebbero bel altro rispetto all’ipotesi, ormai non più tale, di una crisi di governo. Fare gli scatoloni adesso a Palazzo Chigi e nei Ministeri, allestire di nuovo, in pieno luglio, il caravanserraglio elettorale – appena stoppato dopo le amministrative – è chiaramente un ennesimo pericoloso ed inutile azzardo.

Il sistema italico ha bisogno di essere rigenerato, di un sferzata di energia e determinazione progettuale. Serve gente all’altezza del compito. Come occorrerebbe rigenerare radicalmente il sistema, la pubblica amministrazione, liberandola da paradossali lacci e lacciuoli. Come pure dai burocrati divenuti maestri dell’arte del non fare, del rinvio sine die, salvo riscuotere puntualmente gli stipendi.