Per copertura sanitaria universale (Universal Health Coverage o UHC) si intende un sistema esteso a tutta la popolazione che garantisca i servizi e le prestazioni necessarie. Ciò quando e dove vi sia bisogno senza caricare le persone di costi diretti.
Il tema è da tempo al centro dell’agenda internazionale ed è uno dei target degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile per il 2030.
La protezione finanziaria nel raggiungimento della UHC
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Quest’anno, il focus dell’Universal Health Coverage Day – che si celebra il 12 dicembre – è sul ruolo della protezione finanziaria nel raggiungimento della UHC.
“La protezione finanziaria garantisce che le persone non si impoveriscano a causa del pagamento di tasca propria delle spese sanitarie”. È quanto si legge sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
“Negli ultimi 20 anni – riporta ancora l’OMS – la protezione finanziaria si è progressivamente ridotta con 2 miliardi di persone in difficoltà economiche”.
1,3 miliardi sono invece gli individui spinti verso la povertà a causa dei costi per la salute che sono costretti a sostenere.
I dati della sorveglianza Passi d’Argento dell’ISS
Secondo i dati della sorveglianza Passi d’Argento dell’ISS pubblicati a ottobre 2024 e relativi al biennio 2022-2023, sono emersi dati preoccupanti. Il 18% degli ultra 65enni ha dichiarato di aver rinunciato ad almeno una visita medica o a un esame diagnostico. Fra le ragioni principali della rinuncia sono ricomprese le lunghe liste di attesa. Ma anche le difficoltà logistiche nel raggiungere le strutture sanitarie o la scomodità degli orari (13%) e i costi eccessivi delle prestazioni (10%).
La rinuncia è risultata più frequente fra le persone svantaggiate economicamente o per bassa istruzione e tra gli over65 che risiedono al Centro e al Sud.
Oltre la metà degli intervistati che non ha rinunciato a ciò di cui aveva bisogno ha fatto ricorso a prestazioni a pagamento. Tra questi, il 10% ricorrendo esclusivamente a strutture private e il 49% ricorrendovi alcune volte. Solo il 41% ha utilizzato esclusivamente il servizio pubblico.
Cala la mortalità dove si fanno più screening
Nelle regioni del Sud si perdono più anni di vita per i tumori della mammella e del colon. I tassi di mortalità, storicamente più bassi nel Mezzogiorno, ora sono paragonabili a quelli del settentrione.
Tra le cause di questo fenomeno c’è anche il minore ricorso agli screening. Nelle aree dove si partecipa meno a questa forma di prevenzione la mortalità è maggiore. E si rileva anche un più alto indice di fuga (il numero di pazienti costretti a spostarsi per potersi operare).
La copertura totale dello screening mammografico disegna un chiaro gradiente Nord-Sud a sfavore delle regioni meridionali. La percentuale di adesione passa dal 90% raggiunto in molte regioni settentrionali ad appena il 60% delle regioni meridionali.
Nelle regioni del Nord la riduzione di mortalità per tumore della mammella tra il 2001 ed il 2021 è più forte rispetto alle regioni del Sud.
La copertura dello screening per il tumore del colon-retto
Un andamento simile si ha anche per i tumori del colon. La copertura dello screening per il tumore del colon-retto raggiunge valori più alti fra i residenti al Nord (67%). Ma è significativamente più basso fra i residenti del Centro (51%) e del Sud (26%).
Per entrambi i tumori, il rapporto ISS mostra livelli contenuti di mobilità dei pazienti nel Centro e nel Nord del Paese. Nel Sud comprese le isole sono presenti livelli di mobilità nettamente più alti (circa 3 volte) rispetto al Centro-Nord.
Per quanto riguarda il tumore della mammella le Regioni con le coperture di screening più alte presentano indici di fuga più bassi.
Anche per il tumore del colon-retto, così come per la mammella, le regioni con alti livelli di copertura dello screening tendono a presentare livelli bassi dell’indice di fuga.