chilometro zero

La valorizzazione dei prodotti della filiera corta e a chilometro zero non sarà più uno slogan elettorale buono da rispolverare ad ogni occasione; stavolta infatti è legge. Mercoledì 11 maggio infatti il testo definitivo è passato al vaglio della Camera dei deputati ed è stato approvato con 325 voti favorevoli.

Gli obiettivi della norma sono quelli di favorire la promozione e la valorizzazione dei prodotti locali; garantire anche una corretta ed adeguata informazione dei consumatori sull’origine e la specificità dei prodotti stessi. Come ci si riuscirà? La legge stabilisce ad esempio che le regioni e gli enti locali possano riservare delle aree nei propri territori, così come nei mercati e nei supermercati per la vendita di tali prodotti.

I principali vantaggi della filiera corta e del chilometro zero sono la freschezza dei prodotti e il minore costo, sia in termini economici (ad esempio, per i costi di trasporto e gli intermediari) che in fatto di sostenibilità (meno CO2 introdotta nell’ambiente).

Chilometro zero e filiera corta, che differenza c’è?

La legge definisce esattamente anche quali sono i prodotti considerati di filiera corta e a chilometro zero. Il legislatore si è soffermato sulle definizioni perché esse sono fondamentali per capire quali sono le differenze tra i prodotti; e perché alcuni sono considerati in un modo, ed altri in maniera diversa. E servono anche a distinguerli da quelli industriali commercializzati nella grande distribuzione. A tal fine saranno fra l’altro identificabili da due appositi loghi, che saranno elaborati nei prossimi mesi.

Il testo di legge definisce a “chilometro zero” i prodotti “posti a una distanza non superiore a 70 chilometri dal luogo di vendita, o comunque provenienti dalla stessa provincia del luogo di vendita (modifica aggiunta dal Senato), dal luogo di consumo in caso di servizi di ristorazione. Sono compresi anche i prodotti della pesca nelle acque interne e lagunari, provenienti da punti di sbarco posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita, o dal luogo di consumo del servizio di ristorazione, catturati da imbarcazioni iscritte nei registri degli Uffici marittimi delle Capitanerie di Porto competenti per i punti di sbarco e da imprenditori ittici iscritti nel registro delle licenze di pesca tenuti presso le province competenti“.

Quelli di filiera corta, invece, sono “prodotti agricoli e alimentari nazionali (parola aggiunta dal Senato) la cui commercializzazione è caratterizzata dall’assenza di intermediari commerciali o dalla presenza di un solo intermediario tra produttore e consumatore finale“.

Per chi abuserà dei loghi e delle definizioni previste dalla legge, le sanzioni amministrative saranno salatissime. La legge prevede infatti da un minimo di 1.600 a un massimo di 9.500 euro. I controlli saranno di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che si avvarrà del Corpo delle capitanerie di porto.