Declino cognitivo: il segreto della giovinezza mentale potrebbe risiedere in un minuscolo dettaglio molecolare. Secondo una nuova ricerca internazionale pubblicata su Science, il deterioramento del cervello con l’avanzare dell’età sarebbe causato da un’interruzione nella produzione delle proteine, guidata da ribosomi malfunzionanti.
Lo studio, coordinato dalla Scuola Normale Superiore insieme a prestigiose istituzioni come lo Stanford University Medical Center, l’Istituto Leibniz per lo studio dell’invecchiamento di Jena, l’Università di Trieste e la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, ha osservato nel dettaglio cosa accade nel cervello del Killifish turchese, un piccolo pesce africano diventato ormai modello biologico nello studio dell’invecchiamento.
Declino cognitivo: il ribosoma, motore invisibile delle cellule
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Per capire la portata della scoperta, occorre prima chiarire cosa siano i ribosomi. Queste strutture, presenti in ogni cellula, funzionano come officine molecolari incaricate di produrre proteine.
Ogni proteina nasce da un processo chiamato traduzione: l’RNA messaggero, copiato dal DNA, viene “letto” dai ribosomi, che assemblano gli amminoacidi uno dopo l’altro per formare la catena proteica. Questo meccanismo è essenziale per tutte le funzioni vitali: le proteine costruite dai ribosomi sono responsabili di processi strutturali, metabolici, immunitari e neurali.
In condizioni normali, il ribosoma scorre fluido lungo il messaggio genetico. Quando però qualcosa lo rallenta o lo blocca, si parla di stallo della traduzione. È proprio questo il fenomeno che il gruppo di ricerca ha individuato nel cervello che invecchia.
Il malfunzionamento: quando il ribosoma si inceppa
Durante l’invecchiamento cerebrale del Killifish, i ricercatori hanno osservato un blocco localizzato dei ribosomi lungo determinati RNA. Questo stallo porta alla produzione di proteine incomplete, malformate e poco solubili. Con il tempo, queste proteine difettose tendono ad accumularsi, formando aggregati potenzialmente tossici per la cellula.
Ma l’aspetto più sorprendente emerso dallo studio è che proprio i ribosomi sono tra le prime vittime di questo stallo. Le proteine responsabili della loro costruzione vengono meno, riducendo la capacità della cellula di produrre nuove proteine. Si genera così un circolo vizioso: meno ribosomi, meno proteine sane, più errori, più decadimento.
Colpite anche le proteine che regolano la lettura genetica e la riparazione del DNA, due meccanismi cruciali per la longevità neuronale.
Un fenomeno conservato anche nell’uomo
Il Killifish è stato scelto come modello animale per via della sua vita breve e del sistema nervoso molto simile a quello umano. Queste caratteristiche consentono studi rapidi ma con risultati applicabili alla nostra specie.
In effetti, un altro studio indipendente condotto all’Università di San Diego ha confermato che anche nel cervello umano anziano si osserva una riduzione delle proteine che legano l’RNA. Questo suggerisce che il fenomeno dello stallo dei ribosomi non sia un’eccezione, ma un meccanismo biologico universale legato all’invecchiamento cerebrale.
Declino cognitivo: verso nuove strategie anti-invecchiamento
La scoperta offre un punto di partenza per lo sviluppo di nuovi farmaci o interventi in grado di contrastare la perdita di funzionalità cerebrale. Il passo successivo sarà testare nel Killifish l’efficacia di sostanze capaci di ridurre lo stallo dei ribosomi.
Se questi trattamenti riuscissero a mantenere attivo il processo di sintesi proteica anche in età avanzata, si potrebbe rallentare il declino cognitivo o persino prevenirlo.
Questo approccio apre nuove prospettive nella medicina dell’invecchiamento, in particolare per le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, in cui l’accumulo di proteine anomale gioca un ruolo chiave.
Come funzionano i ribosomi
Ma come funzionano i ribosomi? I ribosomi sono complessi di RNA e proteine suddivisi in due subunità, una grande e una piccola. Si trovano liberi nel citoplasma o attaccati al reticolo endoplasmatico. Il loro compito è trasformare il codice genetico dell’RNA messaggero in catene di amminoacidi che diventano proteine.
Questo processo avviene in tre fasi principali:
- Inizio: il ribosoma si lega all’RNA messaggero e trova il punto di partenza
- Allungamento: vengono aggiunti, uno alla volta, gli amminoacidi corrispondenti al codice
- Terminazione: completata la catena, la proteina viene rilasciata e inizia a funzionare
Durante l’invecchiamento, può verificarsi un’alterazione nella fase di allungamento, rallentando il movimento del ribosoma. Questo genera proteine tronche o aggregati non funzionali, che disturbano l’equilibrio cellulare.
Ribosomi e invecchiamento cerebrale
Elemento | Funzione | Cosa succede con l’età |
---|---|---|
Ribosoma | Produce proteine da RNA messaggero | Subisce stallo, produce proteine incomplete |
RNA messaggero | Contiene le istruzioni genetiche | Viene tradotto in modo irregolare |
Proteine leganti l’RNA | Regolano la traduzione | Calano di concentrazione |
Proteine ribosomiali | Servono a costruire nuovi ribosomi | Vengono sintetizzate meno |
Riparazione del DNA | Mantiene la stabilità genetica | Peggiora, favorendo mutazioni |
Neuroni | Cellule del cervello | Perdono funzionalità con l’accumulo di errori |
Pesci per capire l’uomo: l’importanza dei modelli biologici
La ricerca ha anche il merito di mostrare quanto sia efficace lo studio di organismi modello come il Killifish. La sua vita breve, unita a una struttura cerebrale simile a quella umana, lo rende ideale per test rapidi e con esiti traslabili.
Come sottolinea la ricercatrice Eva Terzibasi Tozzini, il lavoro su vertebrati acquatici consente di identificare meccanismi evolutivamente conservati, che ci riguardano più di quanto si possa immaginare. Le tecniche impiegate – dall’analisi omica alla neurofisiologia molecolare – mostrano quanto sia ormai indispensabile unire approcci diversi per studiare l’invecchiamento.
Un futuro in cui il cervello non deve per forza invecchiare
Questa ricerca apre un nuovo capitolo nella comprensione del declino cognitivo. Se sarà possibile riattivare i ribosomi in tilt, potremo forse preservare la memoria, la concentrazione e l’intelligenza anche in età avanzata.
Non si tratta solo di allungare la vita, ma di mantenerne la qualità. La vera sfida della longevità, oggi, è tenere acceso il motore della mente. E per farlo, potrebbe bastare sbloccare le officine invisibili che ogni giorno, silenziosamente, costruiscono il nostro pensiero: i ribosomi.