Il Lazio dà il via libera ai test genomici per il carcinoma mammario. La conferma è arrivata ieri in consiglio regionale durante il question time. Si tratterà di esami gratuiti per l’utenza, perché saranno del tutto a carico del servizio sanitario regionale. La Regione Lazio ha infatti concluso la gara di acquisizione dei test genomici per il carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio precoce e “da questo mese le donne che rientrano nella casistica nazionale non dovranno più pagare nulla per quanto riguarda questi test“.
Lo ha annunciato l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, nella risposta al quesito posto dal consigliere Fabrizio Ghera (FdI). “La platea interessata – ha spiegato D’Amato – riguarda circa mille donne in stadio precoce che potrebbero così evitare l’esposizione agli effetti della chemioterapia. Si stima che l’utilizzo di questi test possa ridurre le indicazioni chemioterapiche da un 50 a un 75 per cento.
La prescrizione dei test genomici deve essere effettuata dalle equipe delle Breast Unit che nel Lazio sono sedici. Le modalità e i requisiti del reclutamento sono quelli definiti dal decreto ministeriale. Ringrazio tutte le associazioni delle pazienti per il costante contributo che mettono in campo“.
Il 21 luglio 2021 il ministro Speranza aveva reso possibile i test genomici gratuiti sull’intero territorio nazionale, prima disponibili solo in alcune regioni. Con la firma del decreto attuativo sono stati sbloccati i 20 milioni di euro già stanziati con la Legge di Bilancio.
Carcinoma mammario, prevenzione e diagnosi
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Il carcinoma mammario è un tumore che origina dalle cellule epiteliali. In Italia nel 2020 ci sono stati circa 55.000 nuove diagnosi e 12.500 decessi: i dati sono contenuti nel report “I numeri del cancro in Italia 2021“. La sopravvivenza netta a cinque anni di distanza dalla diagnosi è di circa l’88%.
Fondamentale è la diagnosi precoce: esistono programmi di screening molto efficaci che hanno permesso di ridurre la mortalità di questo tumore (-0,8% all’anno) progressivamente dagli anni Novanta ad oggi. La mammografia identifica facilmente la forma non invasiva (carcinoma in situ) del tumore al seno: essa si sviluppa nella maggior parte dei casi nei dotti mammari. Il programma di screening nazionale comprende la mammografia per tutte le donne tra i 50 e i 69 anni con cadenza biennale. L’ecografia invece di norma si usa sul seno giovane dopo la comparsa di noduli o altri sintomi. Generalmente il tumore al seno allo stadio iniziale non provoca dolore, ma il primo sintomo si può identificare in un nodulo o in una zona ispessita della mammella. Ecco perché è importante la tecnica dell’autopalpazione del seno.
La forma invasiva è detta carcinoma duttale infiltrante; anch’esso si sviluppa nei dotti mammari e rappresenta il 75% di tutti i casi di tumore alla mammella. Il cancro al seno può diffondersi ad altri organi attraverso i linfonodi e generare metastasi.
La diagnosi può avvenire con biopsia (in presenza di noduli) con esame istologico e indagini molecolari tra cui la ricerca dell’oncoproteina HER-2; con il lavaggio dei dotti (esame delle cellule contenute nel liquido di lavaggio).
Curare il cancro al seno: il ruolo dei test genomici
La cura del carcinoma mammario consiste nella chirurgia, che può essere conservativa (rimuove solo la parte interessata dal tumore) oppure si effettua una mastectomia che può essere parziale o totale. Si procederà anche alla rimozione dei linfonodi: prima i linfonodi sentinella e, in caso di presenze neoplastiche, la totalità dei linfonodi ascellari (linfadenectomia o svuotamento ascellare). In seguito alla mastectomia si può sempre ricorrere alla ricostruzione del seno. Tuttavia in genere si attende il termine della terapia.
Il tumore alla mammella si cura anche con radioterapia adiuvante (successiva alla chirurgia) e con la chemioterapia. La radio si ripete per pochi minuti, 5 giorni a settimana fino a 5-6 settimane consecutive. Le prime dosi possono essere somministrate già in sala operatoria.
L’uso degli anticorpi monoclonali è invece riservato alle pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale HER2-positivo, già operato e con alto rischio di recidiva.
La chemio non è sempre necessaria: si valuta caso per caso e talvolta si applica come neoadiuvante per ridurre la massa tumorale prima dell’intervento chirurgico. Per valutare l’opportunità o meno di attivare la chemioterapia, esistono dei test genomici (Oncotype DX Breast) che sono in grado di predire la probabilità che il trattamento possa dare benefici alla paziente.
La genomica è lo studio del comportamento dei geni. Nel carcinoma mammario i test genomici aiutano a stabilire il grado di aggressività del tumore, la capacità di crescita e di diffusione. I test genomici integrano le informazioni già acquisite dal medico sulla malattia e permettono di personalizzare la cura, selezionando il miglior percorso terapeutico per la paziente. Molto spesso permettono di evitare la chemioterapia.