L’adolescenza è quel periodo “glorioso” della vita in cui la verità diventa un optional. Un nuovo studio dell’Università di Rochester ha deciso di scavare nei meandri delle bugie adolescenziali, sperando in questo modo di aiutare i genitori

Le bugie: un’abitudine diffusa non solo tra i giovani

Bugie: mentire indica scarsa comprensione del sè

Bugie. Beh, sì, è un dato di fatto ben noto: gli adolescenti tendono a non essere proprio dei “libri aperti” con i loro genitori. È come se avessero una visuale “ridotta” della verità.

Ma, quando decidono di ingannare i loro genitori, lo fanno intenzionalmente o è perché non ne possono proprio fare a meno?

E cosa succede quando decidono di raccontare la verità?

La psicologa Judith Smetana, dell’Università di Rochester, precisa innanzitutto che la menzogna non è un’esclusiva adolescenziale. Certo, tutti noi abbelliamo la realtà di tanto in tanto con qualche innocua “bugia bianca”. Ma gli adolescenti alzano il tiro: mentono sui loro spostamenti, sulle loro compagnie, sull’andamento scolastico e su molte altre attività quotidiane, mettendo in scena un palcoscenico creativo di bugie e omissioni degno di un gran drammaturgo.

Per fortuna questa fase non dura per sempre. Ma finchè dura, i genitori non hanno scampo. Se fanno i finti tonti, viene meno la loro autorità genitoriale. Se sono troppo severi, rischiano di essere sommersi da ulteriori bugie. Una tragedia!

L’arte dell’inganno: quanto è vero ciò che dicono i giovani?

Nel corso dello studio, Judith Smetana e i suoi studenti, Sduduzo Mncwabe e Yuejiao Li, hanno intervistato 131 adolescenti e studenti universitari.

Il risultato è stato come scoprire l’acqua calda: il “no” significa “forse” e la parola “vietato” diventa un invito alla sperimentazione.

Ironia a parte, le storie narrate sono state esaminate sotto la lente dell’autenticità, del tempismo e della lezione appresa.

Smetana spiega: «C’è un’idea radicata che gli adolescenti dicano la verità spontaneamente, ma la realtà è un po’ diversa, e questo studio lo conferma. Gli adolescenti tendono a fare ciò che vogliono».

«È significativo» – continua la psicologa- «che solo il 40% dei partecipanti abbia spontaneamente aperto il libro dei segreti». Meno di quanto ci si aspetterebbe, no? Il restante 60% impiega invece tattiche e strategie di ogni sorta: mentono prima dell’evento pianificato, decidono di sputare il rospo quando saltano fuori le prove o al massimo, fanno trapelare qualche segreto per sbaglio. Non seguono un copione rigido, ecco perché il tempismo è fondamentale.

Alcuni poi si vantano delle loro abilità, definendosi dei “bugiardi patentati”.

Ma dire le bugie serve davvero?

Bugie
Bugie: consigli per i genitori

La verità: un traguardo verso la crescita psicologica

In realtà, secondo i ricercatori, dire la verità è un passo importante verso la crescita psicologica.

Cosa significa? Beh, sembra che l’onestà sia legata a una migliore consapevolezza del sé e a una maggiore chiarezza circa i propri obiettivi.

Tutti fattori che non solo potenziano l’autostima, ma rafforzano la relazione con i genitori e, in generale, con gli altri.

Di contro, la menzogna coincide con un’immagine di sé più negativa. In pratica, chi dice bugie ha meno chiarezza interiore ed è in balia di emozioni negative.

Intrigante anche il nesso con il tempismo della confessione: sembra che dire la verità subito dopo l’evento “delittuoso” sia correlato a una maggiore coscienza di sé.

Dire la verità non è dunque solo una questione di moralità, ma anche di evoluzione personale e auto-comprensione.

Consigli per i genitori: gestire le bugie

Judith Smetana, ritiene che i genitori non dovrebbero mirare al controllo, quanto piuttosto a creare spazi di dialogo che mantengano aperte le linee di comunicazione.

Ma come tracciare la linea di confine fra ciò che è giusto fare o ciò che va evitato?

La psicologa nota che, talvolta, gli adolescenti potrebbero non parlare di comportamenti rischiosi per paura delle reazioni dei genitori. È qui che una buona comunicazione può fare la differenza.

Ovviamente, ciò implica un certo rapporto di fiducia che deve essere costruito nel tempo, molto prima dell’adolescenza e non dall’oggi al domani.

Occhio poi alle “forzature”.

Alcuni argomenti, privati, intimi e personali, devono essere rispettati. Non bisogna insistere per conoscere certi dettagli e in ogni caso, quando un genitore resta nella penombra, aiuta a promuovere l’autonomia dei propri ragazzi.     

Infine, ricordiamo che la furbizia degli adolescenti non può essere fermata, ma una solida connessione genitore-figlio può aiutare a navigare questo intricato territorio della parziale onestà adolescenziale.

Fonti

Judith G. Smetana et al- Journal of Adolescent (2023). DOI: 10.1002/jad.12265

Materiale fornito dall’Università di Rochester