“Bomba o non bomba…”, l’editoriale di Ruggero Alcanterini
Altro che bombe, il vero viatico per arrivare a dama, sembra che sia sempre lo stesso, ovvero quello dell’arma segreta senza ripari e senza appello, il super missile con testata nucleare. Ecco, non è per mettere i puntini o guastare a qualcuno l’effetto che fa, ma questa è storia vecchia, almeno di una ottantina di anni. Da quando il vecchio buon Adolf lasciava intendere di avere quasi pronto il digestivo, dopo aver somministrato primo, secondo e dessert agli inglesi a suon di V1 e V2, con un maestro d’orchestra come Wernher von Braun. Questi passò poi armi e bagagli dall’altra parte dell’oceano, riconvertendo le sue letali invenzioni in campo astronautico, sino all’allunaggio.
Bomba o non bomba, è la natura dell’uomo
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Dunque, il ritorno del razzo. Anche se a suo tempo si parlava anche del raggio, di un misterioso fascio di energia distruttiva. Il cannone solare su stazione orbitante di Herman Oberth, da cui il rimbalzare di una tremenda Spada di Damocle, di fatto da sempre sospesa sulle nostre teste e chissà. Infatti, c’è da chiedersi il perché di tanto accanimento nel distruggere. Per guastare la festa a noi stessi e lasciarci alle spalle macerie e degrado in tutte le declinazioni possibili.
Dai super sottomarini, ai dischi volanti alle bombe atomiche, poi cinicamente sganciate su Hiroshima e Nagasaki, tutto era ed è già scritto, peraltro frutto di straordinari geni del male, senza appello. E c’è anche la possibilità di darsi una risposta, perché questa è semplicemente la natura dell’uomo, al contempo virtuoso e perverso.
La cultura non sembra essere un deterrente
Dante e Shakespeare hanno sviluppato il concetto e ne hanno fatto la loro fortuna autoriale, ma la cultura, pur essendo una opzione possibile, non sembra essere un deterrente utile, anzi. Infine, le opportunità di tregua. L’altro ieri parlavamo di quella olimpica, ieri delle Pasque, la cattolica e la ortodossa, oggi del 1 Maggio, festa dei lavoratori…
Non ci sarà alcuna tregua
Ebbene, facciamola finita, togliamoci l’illusione che tali orpelli facciano effetto, che Bach, Francesco, Cirillo, Pelizza da Volpedo e il Concertone a piazza San Giovanni facciano cessare d’incanto sirene e deflagrazioni, distruzione e morte, processi catartici di una società globalizzata in un vortice dallo speed in progressione geometrica e senza riparo. Care ragazze e ragazzi, gli ultimi rifugiati nei diverticoli e nei gironi sotterranei tra i rottami dell’Acciaieria Azovstal a Mariupol sono la rappresentazione iconica di quello che ci aspetta. Che ci ostiniamo a rifiutare e a volere al contempo. Buon Primo Maggio!