Dall’asse intestino-fegato nuove prospettive terapeutiche per cirrosi e carcinoma epatico. Quattro specie di batteri si rivelano capaci di ridurre infiammazione, rigenerare tessuti e contrastare i danni dell’alcol.
Batteri per curare il fegato: quando la salute del fegato comincia nell’intestino
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La chiave per curare il fegato potrebbe trovarsi molto più a sud, nell’intestino. È qui che la scienza sta concentrando l’attenzione, alla ricerca di soluzioni biologiche per affrontare patologie croniche che in Italia causano oltre 20mila decessi l’anno, tra cirrosi e carcinoma epatocellulare.
Una nuova linea di ricerca, presentata all’VIII Congresso della Società Italiana di Nutrizione Clinica (SINuC), ha individuato quattro batteri “buoni” che potrebbero cambiare il futuro della medicina epatica: Lactobacillus plantarum, Akkermansia muciniphila, Faecalibacterium prausnitzii e Lactobacillus rhamnosus GG.
Queste specie, presenti naturalmente nel nostro intestino, sembrano capaci di rafforzare la barriera intestinale, ridurre l’infiammazione, migliorare la funzionalità epatica e persino favorire la rigenerazione del tessuto danneggiato.
Batteri per curare il fegato: l’asse intestino-fegato
“Il microbioma intestinale umano – spiega il professor Maurizio Muscaritoli, presidente SINuC – è un ecosistema complesso composto da trilioni di microrganismi che vivono in equilibrio con il nostro organismo. Non è un semplice ospite, ma un vero organo ‘diffuso’ che dialoga costantemente con il fegato attraverso un sofisticato sistema bidirezionale: l’asse intestino-fegato”.
In questo dialogo continuo, metaboliti come acidi biliari, acidi grassi a catena corta (SCFA) e indoli influenzano la funzione epatica, mentre il fegato regola la composizione del microbiota attraverso la produzione di bile. Quando questa comunicazione si altera – per cattiva alimentazione, abuso di alcol, obesità o farmaci – può insorgere uno squilibrio (la cosiddetta disbiosi) che favorisce infiammazione e danno epatico.
Batteri per curare il fegato: i quattro batteri “alleati” del fegato
Le evidenze più recenti mostrano che alcune specie microbiche possono agire da veri probiotici terapeutici.
Il Lactobacillus plantarum rafforza la barriera intestinale, riduce l’accumulo di grasso nel fegato e ne accelera la guarigione dopo interventi chirurgici.
L’Akkermansia muciniphila, scoperta solo pochi anni fa, è in grado di favorire la rigenerazione del tessuto epatico, ridurre l’infiammazione cronica e contrastare la steatosi epatica, cioè l’accumulo patologico di lipidi.
Il Faecalibacterium prausnitzii, uno dei batteri più abbondanti in un intestino sano, e il Lactobacillus rhamnosus GG mostrano una spiccata capacità di proteggere il fegato dai danni dell’alcol, migliorare il metabolismo lipidico e ridurre la risposta infiammatoria sistemica.
“Questi ceppi – precisa Muscaritoli – non agiscono come farmaci nel senso tradizionale del termine, ma come modulatori dell’equilibrio microbico. Restituendo armonia all’ecosistema intestinale, contribuiscono indirettamente alla riparazione epatica”.
Quando il microbioma si altera: il “leaky gut” e il danno epatico
Nelle malattie epatiche croniche, l’alterazione del microbiota si accompagna spesso a un aumento della permeabilità intestinale, fenomeno noto come leaky gut. Le pareti dell’intestino diventano più “porose”, permettendo a sostanze tossiche e frammenti batterici di raggiungere il fegato attraverso la circolazione portale.
Questo flusso anomalo innesca una risposta infiammatoria che può accelerare la progressione di patologie come la steatoepatite metabolico-associata (MASH), la cirrosi e il carcinoma epatocellulare.
“Ristabilire l’integrità della barriera intestinale – sottolinea Muscaritoli – significa interrompere questo circolo vizioso. È un modo per proteggere il fegato agendo a monte, sul luogo dove tutto comincia”.
Terapie personalizzate e medicina del microbioma
Le prospettive aperte dalla ricerca sul microbiota sono enormi.
Tra le strategie in fase di studio rientrano:
- l’uso mirato di probiotici selezionati, con ceppi capaci di stimolare la rigenerazione epatica;
- la somministrazione di prebiotici, sostanze che favoriscono la crescita dei batteri benefici;
- il trapianto di microbiota fecale (FMT), già sperimentato con successo in alcune patologie intestinali;
- la medicina di precisione basata sul profilo individuale del microbioma, che consente trattamenti personalizzati per ciascun paziente.
“È un vero cambio di paradigma – commenta il presidente SINuC –: curare il fegato non più solo con farmaci che agiscono sull’organo malato, ma modulando i microrganismi che influenzano il suo funzionamento. È la nuova frontiera della medicina di precisione microbica”.
Un impatto crescente sulla salute pubblica
Le malattie epatiche metaboliche e infiammatorie sono in aumento in tutto il mondo. In Italia si stima che oltre 2 milioni di persone convivano con una patologia cronica del fegato, spesso senza saperlo.
Obesità, abuso di alcol, alimentazione squilibrata e sedentarietà ne sono i principali motori.
Per questo motivo, sottolineano gli esperti, la possibilità di intervenire attraverso il microbioma ha anche un valore preventivo. Promuovere una dieta ricca di fibre, frutta, verdura e alimenti fermentati può aiutare a nutrire i batteri “buoni” e, di conseguenza, a proteggere il fegato.
