Chi ne soffre lo descrive come uno stato improvviso di terribile ansia e paura incontrollabile. Una sensazione che si può presentare anche in assenza di un pericolo reale.
Il cuore accelera i battiti, il respiro diventa affannoso e in alcuni casi si avvertono stilettate al petto che possono far pensare ad un infarto. Tutti sintomi da somatizzazione che non costituiscono un pericolo reale e tangibile per la vita, ma in grado di causare gravi problemi personali a chi ne soffre.
Parliamo dell’attacco di panico, una sorta di “ribellione” anarchica del nostro corpo in allerta, sperimentato da circa il 4% nella popolazione generale nella sua esistenza.
Il disturbo d’ansia provocato da caffeina è indicato come una sottoclasse della diagnosi DSM-5 di disturbo indotto da sostanze/droghe.
Gli studi internazionali su caffeina e disturbi
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Secondo uno studio pubblicato su Science Direct, portato avanti da Lisa Klevebrant e Andreas Frick, la quantità di caffeina equivalente a 5 tazze di caffè indurrebbe attacchi di panico in una percentuale di pazienti che già soffrono di questo disturbo.
La ricerca ha incluso 237 pazienti, il 51,1% di questi ha avuto un attacco di panico a seguito della somministrazione di caffeina. Mentre ciò non è accaduto con l’introduzione di placebo. Come gruppo di controllo sono state coinvolte 115 persone che non avevano mai sofferto di attacchi di panico o ansia.
Gli effetti neuropsichiatrici della caffeina sono stati oggetto di analisi anche dell’Università di Cambridge.
Secondo i ricercatori Anthony P. Winston, Elisabetta Hardwick e Neema Jaberi, gli psichiatri si informerebbero raramente sulla quantità di caffeina assunta dai propri pazienti. Secondo gli studiosi, dovrebbe invece essere un importante parametro di valutazione in quanto un’eccessiva assunzione della stessa provocherebbe sintomi che si sovrapporrebbero a quelli di molti disturbi psichiatrici. La indicano come concausa non solo dell’ansia, ma anche di disturbi del sonno, e affermano che le persone con disturbi alimentari spesso ne abuserebbero.
La spiegazione da loro data è che la sostanza sarebbe un’antagonista dei recettori dell’adenosina e questo potrebbe potenziare l’attività dopaminergica e aggravare anche le psicosi. Quindi – affermano – “La valutazione dell’assunzione di caffeina dovrebbe far parte della valutazione psichiatrica di routine e dovrebbe essere effettuata prima di prescrivere ipnotici e nei reparti psichiatrici dovrebbero essere fornite bevande decaffeinate.”
Chimica, biologia e contesto
I biologi cinesi Xuyan Guan e Peng Cao affermano che esistono notevoli somiglianze tra le risposte di difesa degli animali sottoposti a situazioni di pressione e i sintomi clinici degli attacchi di panico negli esseri umani. Questo ha permesso di individuare i percorsi neuroanatomici coinvolti, elaborare ipotesi sulla genesi ed eventuali trattamenti clinici.
Tutti approcci che analizzano i fattori biologici, ma non vanno dimenticati anche le variabili esterne. Queste riguardano ad esempio l’ambiente di provenienza dei soggetti, il contesto famigliare, lavorativo e scolastico.
A ribadirlo sono anche i russi Malchish-Kibalkisch che, nell’analisi di un caso dell’ex-unione sovietica, hanno rivelato quanto la situazione storico-culturale e lo stress siano stati determinanti nello sviluppo del disturbo.
Le storie personali
Sul sito di medicitalia.it un paziente ha condiviso la propria esperienza affermando di soffrire di crisi di panico e di essere stato sempre molto sensibile alla caffeina. Inoltre avrebbe notato che bevendo caffè il ritmo del suo respiro avrebbe subito delle modifiche e sarebbe diventato irregolare. “Perché dico di essere sensibile alla caffeina? Prima dell’avvento delle crisi di panico (8 anni fa) bastava una tazzina di caffè per trasformarmi nell’essere più euforico del mondo per quasi un’ora. Ora, per non incappare in una crisi, dopo un caffè non posso allontanarmi da casa per più di 100 metri (agorafobia)”. Ha dichiarato l’uomo.
Una storia che trova punti in comune con quanto rilevato al momento dagli studi in fase di sviluppo e valutazione.