QUATTRO ANNI FA, PUBBLICAVO QUANTO SEGUE, A FRONTE DELLO STATO DI COSE GENERATO DALLE ELEZIONI POLITICHE DEL 7 MARZO. QUEL CHE E’ ACCADUTO POI E’ IN PARTE STORIA E PER ALTRO ATTUALITA’ DI QUESTE ORE, IN CUI SI VANNO DEFINENDO LE CANDIDATURE PER LE NUOVE CAMERE, RIDIMENSIONATE NEL NUMERO E CARICHE DI POTENZIALI CRITICITA’, A FRONTE DI UN FUTURO ESTREMAMENTE COMPLESSO
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Stavo giusto riflettendo sulle mie esperienze dirette, di vita vissuta nella collettività e nelle associazioni attraverso la professione. Come pure la partecipazione al divenire civile della società attraverso lo sport e la cultura, la cooperazione, la politica in un respiro ampio, ben oltre i patri confini.
La nascita dell’Associazione Italiana Circoli Sportivi
Mi toccò in sorte d’iniziare il percorso un po’ di tempo fa. A Roma con i Giochi della XVII Olimpiade e dopo un paio d’anni, nel 1962, con Giacomo Brodolini e Matteo Matteotti che, con il conforto di Giulio Onesti, andarono dal notaio per fondare l’Associazione Italiana Circoli Sportivi, l’AICS. Che poi divenne Cultura e Sport sette anni dopo, quando il primo, fautore dello Statuto dei Lavoratori con Gino Giugni, volava in Borea.
Era il 1969, in piena contestazione giovanile con i prodomi della crisi petrolifera e degli anni di piombo. I partiti erano ancora una realtà fondata sugli ideali. Movimenti radicati tra le persone e sul territorio, con punti di aggregazione e discussione, selezione e formazione.
Quando si ragionava sul futuro auspicabile migliore, quello che si avvertiva come obiettivo a garanzia e tutela dei servizi essenziali, dei diritti di tutti, era sintetizzabile nel concetto di “più Stato” e di Governo dalla parte dei cittadini.
L’inquietante vicenda di Enrico Mattei
Naturalmente, ognuno aveva propri progetti e punti di vista, ma sempre mirati a consolidare fiducia e consenso, avendo ben chiaro il campo d’azione essenziale per il pubblico e quanto a disposizione per l’intrapresa privata, secondo un giusto equilibrio. Ricordate l’inquietante esito della vicenda di Enrico Mattei, figlio di un carabiniere come Sergio Marchionne, forse il più grande dei dirigenti alla guida delle aziende dello Stato Italiano?
Ecco, per me, non si è mai fatta abbastanza luce su quel “volo di Icaro” per lui finito a Bescapè il 27 ottobre del 1962, forse premonitore di un clima intimidatorio e coercitivo nei confronti di un Paese, il nostro, che aveva saputo cavare le gambe dal disastro di due Guerre mondiali e mantenere anche quanto di positivo era stato realizzato nel demonizzato ventennio fascista.
Il brigantismo rosso e il delitto Moro
Il fenomeno del “brigatismo rosso” e il delitto Moro, la concatenazione di attentati dinamitardi, rapimenti, gambizzazioni e uccisioni – con alternate matrici di destra e sinistra – avevano lo scopo evidente di rendere instabile la realtà nazionale italica. Realtà che minacciava di divenire troppo importante sul piano industriale, economico e politico in un ruolo ed un livello non accettabili dai poteri forti. Il conto definitivo fu presentato con una visione progettuale per noi micidiale, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta.
Le scelte economiche: delegare sconveniente per la collettività
Oggi ci accorgiamo della fragilità estrema in cui versa il nostro sistema Paese. Orfano delle Partecipazioni Statali e della Cassa per il Mezzogiorno. Brutalmente privatizzato con la contestuale soppressione dell’IRI, settima impresa del mondo, chiusa definitivamente nel 2002, proprio quando partiva concretamente la traumatica sostituzione della lira con l’euro. Allora cerchiamo di capire con quale logica e a quale prezzo ci siamo liberati da quel che veniva dipinto come il male peggiore. Vale a dire la palla al piede di uno Stato e di un Governo che, piuttosto che gestire direttamente, avrebbero dovuto coordinare concessioni o affidarsi per buona parte alle scelte ispirate al profitto dei privati subentranti.
E’ evidente che delegare può risultare comodo, ma inesorabilmente sconveniente e suicida per la collettività. Adesso, dopo catastrofi naturali e non, ferroviarie e autostradali, di crescente malasanità, le palesi difficoltà di comuni ed aree metropolitane, l’asfissia da rilassamento della burocrazia, chi ha ricevuto con il consenso la delega per governare il Paese non può che ripensare drasticamente il da farsi, rispetto all’andazzo. Naturalmente andando allo scontro con chi ancora rappresenta quei poteri forti che un quarto di secolo fa hanno schienato l’Italia. E che a mio avviso non hanno alcuna intenzione di mollare la presa. In molti casi sono state le associazioni a tenere, a muoversi prima, a sostenere una parte della società.
Associazioni, i partiti-movimento trionfanti ma vulnerabili
Infine, oggi, i partiti-movimento, leggeri, hanno cambiato la loro essenza e sono soggetti ad impensabili algoritmi percentuali. Trionfanti ma vulnerabili, mentre l’associazionismo e le associazioni sembrano assopite. Uniche, però, ad aver mantenuto presidi territoriali e sociali intorno ad interessi definiti e permanentemente aggreganti. Diciamo che non lo spirito di parte, ma quello di appartenenza potrebbe avere un peso. Adesso che il senso dell’orientamento ha bisogno di ripristinarsi.
Le associazioni potrebbero riprendersi il futuro
E’ pur vero che l’eterogeneità di un tesseramento con servizi e vantaggi necessita di una particolare taratura. Ma tant’è: i numeri degli iscritti a partiti e sindacati sono discesi in caduta libera. Invece realtà comunque datate, come la stessa AICS, CSI, UISP, CSEN, ASI, ACSI, Libertas, CSAIN, come le stesse Federazioni Sportive e il glorioso Touring Club Italiano, piuttosto che straripanti social on line, sommano centinaia di migliaia o addirittura milioni di soci proattivi, collegati e in sinergia tra social ed eventi.
Cosa volete che vi dica. Forse questa cospicua realtà, sopravvissuta allo strame della prima Repubblica, è parte del passato che avanza per riprendersi il futuro. Magari suggerendo i perché e i cosa fare a chi governa.