I test genomici sono una grande opportunità per le donne che hanno ricevuto una diagnosi di tumore al seno. Rappresentano infatti un’opportunità per evitare chemioterapie inutili. Purtroppo però non sono prescritti in sei casi su dieci, nonostante dal 2021 siano rimborsabili dal Sistema sanitario nazionale, grazie ad un decreto del Ministero della Salute.
Non tutte le donne ammalate di cancro al seno infatti avrebbero bisogno di ricorrere alla chemioterapia. Quest’ultima infatti giova soltanto ad una minoranza delle pazienti. A puntare i riflettori sul tema sono stati gli specialisti durante l’ultima giornata del Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM).
I test genomici sono in grado di aiutare a stabilire il grado di aggressività del carcinoma mammario ed aiutano quindi a personalizzare la cura per la paziente. La valutazione avviene caso per caso. Per meglio determinare una terapia, a prescrivere i test genomici è opportuno che sia un team multidisciplinare: in Italia sono 265 le Breast Unit a gestione multidisciplinare attive.
Test genomici, troppe differenze nei territori
Per utilizzare i test genomici bisogna corrispondere a determinate caratteristiche e in Italia sono oltre 10mila le donne che possono utilizzarli. Nei territori regionali però c’è ancora molta disparità nell’accesso al trattamento. Il Lazio si è adeguato nel marzo scorso, ma in base a quanto emerso da una ricerca, si rileva che dei 102 centri senologici italiani intervistati da Senonetwork nello stesso periodo (marzo 2022), soltanto il 30% ha a disposizione i test gratuiti da oltre un anno, il 65% da meno di sei mesi.
“Sugli esami genomici per il carcinoma mammario l’Aiom ha svolto un’indagine interna tra 212 giovani medici. Per sei oncologi su dieci i test andrebbero inseriti nei Livelli Essenziali d’Assistenza” – ha affermato il presidente Aiom Saverio Cinieri. Colpa di ritardi burocratici, problemi organizzativi e la sottovalutazione dei test molecolari.