Mai come adesso ci si propone il tema del gioco corretto, del fair play. Si rischia quasi di cadere nel banale, nello scontato, se si discute sull’etica dei comportamenti, sulla necessità di recuperare la normalità delle relazioni tra gli umani. E’ per questo che, prima di pensare futuro, occorre attingere alla memoria, alla storia con i suoi esempi, con i suoi corsi e ricorsi.
Le tempeste pandemiche si sono abbattute sulla collettività, come capita da sempre con gli eventi naturali. Con risposte non adeguate e non solo per motivi di censo, ma di insufficiente cultura etica, prima ancora che scientifica e organizzativa.
Le guerre: affermare le proprie ragioni a prescindere
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Le guerre, peraltro, rappresentano un modo di essere, di esprimersi ed affermare le proprie ragioni a prescindere. Aggiungendo danno al danno, salvo il recupero attraverso sentimenti di pace, partendo da qual concetto di tregua, che dette vita ai Giochi Olimpici ventisette secoli fa. Nella presunzione che tutti la dovessero rispettare.
Dunque, la cultura del rispetto come elemento cardine imprescindibile da cui partire, con cui rifondare il sistema dei rapporti sociali, che può trarre beneficio da esperienze e da valori che non debbono e non possono eludere i principi fondativi dello sport, come lo stile di vita corretto e l’effettivo merito.
Fair Play, chiave di accesso per soluzione problemi del mondo
Ripeto, si tratta quasi di banalità, ma riflettendoci bene ci si trova in presenza delle chiavi d’accesso per la possibile soluzione ottimale dei problemi del mondo, degrado ambientale compreso.
Per questo, il Comitato Nazionale Italiano Fair Play si pone come parte non solo attiva, ma trainante, rispetto ad un Movimento (EFPM) che, in Europa e nel mondo, conta rispettivamente 42 e 120 Paesi associati. Collegati a Governi e Comitati Olimpici, attraverso il COE e il CIO.
Fair play, transizione etica: congresso a Roma
Per questo, l’idea di una transizione etica non soltanto nazionale, ma continentale ed universale, sta prendendo forza e coglierà un primo traguardo nel prossimo novembre. L’appuntamento è a Roma per un Congresso e il conferimento di riconoscimenti internazionali. Gli organizzatori hanno previsto una simbolica riedizione, appunto “fair play” dei Trattati, istitutivi della CEE e dell’Euratom. Robert Schuman e gli altri li sottoscrissero nel 1957, nella Sala Orazi e Curiazi del Palazzo dei Conservatori, sul Campidoglio, dando vita all’Unione Europea. Purtroppo in una logica sostanzialmente economica, piuttosto che sociale e dei diritti.
Comunque, per l’umanità, pur avendo tardivamente adottato i principi cari a William Shakespeare, nel XIX secolo, tramite il mondo dello sport (poi in particolare nel XX, dopo i XVII Giochi Olimpici di Roma 1960, nel 1963, come prima risposta all’insorgere del fenomeno doping); pur avendo registrato adesioni ampie alle definitive forme associative CIFP – International Fair Play Committee(1973) e quindi EFPM – European Fair Play Movement (1994); ad oggi permangono imbarazzanti anomalie, con forme di boicottaggio diplomatico ed esclusioni. Con la prospettiva che si ripropongano situazioni al limite, se non oltre, come quelle di Città del Messico nel 1968, di Monaco 1972, di Mosca (1980). Come pure quelle di Los Angeles (1984) e Atlanta (1996). Sempre per rimanere al deterrente olimpico come elemento simbolico e non convenzionale del processo di pacificazione.
Al “foul play” contrapporre energia positiva
Il “foul play”, al gioco sleale, se non sporco, si collega agli interessi meno nobili che dominano lo scenario internazionale. Un’azione di contrasto abbisogna di una sferzata di energia positiva, creativa e di coraggio. Per agire, per cambiare mentalità attraverso una straordinaria missione educativa, appunto la transizione etica, finalizzata ad una diversa qualità della vita. Puntando sui valori sociali, sul diritto alla salute ed alla cultura, considerando lo sport come straordinaria opportunità di condivisione ed unione d’intenti.
Sembra pertanto matura la possibilità di creare o rinforzare una organizzazione in grado di esercitare un ruolo di coordinamento. Questo rispetto a molte delle realtà associative internazionali esistenti, non soltanto di profilo sportivo. Creare un Osservatorio Internazionale, che operi permanentemente con gruppi di esperti e strutture di riferimento dislocate ovunque, a livello planetario.
Con la transizione digitale e la sfida della transizione ecologica, il futuro sarebbe già oggi. Senza la premessa o la contestualità di un adeguato cambio di mentalità e di passo, però, rischiamo addirittura di perderlo, per inedia o inadeguatezza delle scelte, in un presente aberrante e controverso. Un presente che rischia di divenire un passato da non ricordare o peggio tale da negare lo stesso futuro.