Molto spesso capita di osservare i bambini durante la giornata: sembrano non fermarsi mai, si distraggono facilmente e faticano a gestire la propria energia. Quante volte i genitori o chi se ne prende cura si sono chiesti con un po’ di preoccupazione se sono iperattivi o affetti da ADHD? La domanda è comprensibile e legittima, soprattutto quando non sempre è facile capire dove finisce la vivacità e dove inizia una reale difficoltà. Ma di cosa si tratta esattamente? Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, l’ADHD, ossia il Disturbo da deficit di attenzione e iperattività è un disturbo del neurosviluppo. È caratterizzato da una persistente disattenzione e/o iperattività – impulsività tali da interferire significativamente con il funzionamento quotidiano del bambino in più contesti di vita. Tra questi la scuola, la casa o le relazioni con i pari.
Non tutti i comportamenti agitati rimandano all’ADHD
Indice dei contenuti
Parlare di ADHD ci permette anche di poter fare una riflessione più ampia. Riflessione che guarda al modo in cui i bambini imparano a gestire i propri impulsi e a muoversi dentro confini.
Secondo Maria Luigia Censullo, Psicologa Psicoterapeuta specialista in Neuropsicologia AOU Meyer Irccs, non tutti i comportamenti agitati rimandano necessariamente ad un disturbo. «A volte, il bambino può manifestare un bisogno di struttura, coerenza e contenimento. Non perché “non sappiano comportarsi”, ma perché – sottolinea Censullo – potrebbero non aver ancora interiorizzato confini stabili entro cui sentirsi al sicuro. La psicologia dello sviluppo e la Schema Therapy di Jeffrey Young (1990) ci ricordano che tutti, fin da piccoli, abbiamo bisogni emotivi fondamentali. Come sentirci accolti, amati, liberi di esplorare ma anche contenuti da regole chiare e prevedibili. Tra questi bisogni, infatti, troviamo quello di confini e limiti realistici, che aiutano la costruzione della propria sicurezza e dell’autoregolazione».
I limiti sono spesso vissuti come qualcosa che “blocca”
I limiti sono spesso vissuti come qualcosa che “blocca” e possono tradursi in realtà come punti di riferimento. Non servono a controllare il bambino, ma a offrirgli una cornice stabile in cui potersi muovere, esplorare e imparare a gestire se stesso.
«Un confine ben dato può comunicare: “Ti vedo, ti contengo, sono qui per aiutarti a capire cosa è più funzionale”. È anche questo – prosegue Censullo – che permette al bambino di sentirsi al sicuro e di iniziare a costruire la propria autonomia. Molti comportamenti che a prima vista appaiono “difficili” — la fatica a fermarsi o la rabbia improvvisa — potrebbero esprimere un disagio o un bisogno non riconosciuto. Un bambino senza limiti chiari, o con regole che cambiano di giorno in giorno, vive un senso di incertezza che può tradursi in comportamenti impetuosi».
I bambini non hanno ancora le strutture per gestire in maniera funzionale la frustrazione o per organizzarsi, le stanno costruendo. In questi casi, il nostro compito da adulti di riferimento non è “spegnere” il comportamento, ma comprenderlo. Chiederci cosa sta comunicando e quali bisogni ci sta mostrando. In questo processo, il ruolo dell’ambiente familiare è fondamentale.
ADHD, trovare un equilibrio tra regole e accoglienza
I bambini imparano a regolare i propri impulsi attraverso la coregolazione con gli adulti. Quando trovano calma, coerenza e presenza, possono interiorizzarle come modelli di autoregolazione. La capacità di gestire gli impulsi nasce e cresce tra le persone e dentro la persona. Si tratta di trovare un equilibrio tra regole e accoglienza, tra fermezza e calore. In un ambiente coerente, il bambino impara che può fidarsi degli adulti, delle regole e di se stesso.
Naturalmente, ci sono situazioni in cui la difficoltà di concentrazione o di autoregolazione appare marcata, persistente, invalidante e presente in più contesti di vita. In questi casi, è fondamentale rivolgersi ai professionisti per un approfondimento. Un’eventuale valutazione permetterebbe di comprendere al meglio il funzionamento del bambino e individuare gli strumenti più adatti per sostenerlo.
Accogliere le emozioni, riconoscendole senza giudizio
E nella vita di tutti i giorni, cosa possiamo fare, concretamente, per accompagnarli al meglio?
«Stabilire poche regole chiare e condivise – evidenzia l’esperta – spiegate con parole semplici adatte all’età. Creare routine con orari regolari (ove e come possibile) per sonno, pasti, compiti e momenti di gioco. Provare ad essere coerenti nel tempo, anche quando si è stanchi o di fretta. Accogliere le emozioni, riconoscendole senza giudizio e aiutando il bambino a trovare modi più funzionali per esprimerle. Offrire confini chiari e coerenti aiuta i bambini a canalizzare i propri impulsi, a sviluppare autonomia e a imparare a fidarsi anche di se stessi. Perché i confini dati con amore non limitano, ma proteggono, orientano e aiutano lo sviluppo», conclude Censullo.
Fonte: Meyer
