È stata recentemente scoperta una comunicazione diretta tra intestino e cervello. Un team di ricerca italo-spagnolo ha, infatti, dimostrato per la prima volta che i batteri intestinali possono modulare l’attività neuronale attraverso segnali bioelettrici.
Dai risultati dello studio emerge che si potranno trattare i disturbi neuropsichiatrici gravi e diffusi intervenendo sul microbiota intestinale con strategie dietetiche mirate. Si aprono così nuove strade per la cura di ansia e depressione grazie agli studi sull’asse intestino-cervello.
Il batterio probiotico che modula l’attività neuronale
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I ricercatori hanno scoperto che un batterio probiotico di origine alimentare, Lactiplantibacillus plantarum, è in grado di modulare direttamente l’attività neuronale attraverso segnali bioelettrici. Ciò senza la necessità di attraversare barriere o mediazioni immunitarie.
L’innovativo studio, condotto dall’Università di Torino congiuntamente all’Università Complutense di Madrid, è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports. La ricerca apre nuove prospettive non solo nella comprensione della comunicazione tra microbiota intestinale e sistema nervoso, ma anche per la cura di alcuni disturbi.
«Abbiamo sviluppato – spiega Celia Herrera Rincon, Principal Investigator dello studio – un modello in vitro che mette a contatto diretto neuroni corticali di ratto e L. plantarum. Abbiamo osservato che i batteri si legano alla superficie neuronale senza penetrarne il nucleo, ma influenzano in modo significativo l’attività neuronale. È la prima volta che viene dimostrata questa interazione diretta, e i segnali bioelettrici coinvolti rappresentano una nuova frontiera nella ricerca biologica».
Intervenire sul microbioma per trattare ansia e depressione
L’analisi in tempo reale dell’attività neuronale, condotta tramite imaging del calcio, ha rivelato un aumento della segnalazione intracellulare. Questa è dipendente sia dalla concentrazione batterica sia dal loro metabolismo attivo. Parallelamente, l’analisi proteica ha evidenziato modifiche nei livelli di molecole chiave della neuroplasticità, come sinapsina I e pCREB.
«Questi risultati – commenta il Rettore dell’Università di Torino e neuropsichiatra Stefano Geuna, co-autore dello studio – aprono la strada a nuovi approcci terapeutici. Potremmo un giorno trattare disturbi neuropsichiatrici gravi e diffusi, come ansia e depressione, intervenendo sul microbiota intestinale con strategie dietetiche mirate».
Il lavoro si inserisce nel crescente interesse scientifico per l’asse intestino-cervello. Ma sposta l’attenzione dalle vie indirette, già ampiamente studiate, a una interazione diretta tra batteri e cellule nervose. Questo rappresenta un cambio di paradigma nella biologia cellulare e nelle neuroscienze, con possibili ricadute cliniche e tecnologiche in ambito neurologico e psichiatrico.
L’asse intestino-cervello e l’influenza del microbiota
Il microbioma intestinale è la totalità del patrimonio genetico posseduto dal microbiota, ovvero l’insieme dei microrganismi presenti nel tratto digerente e soprattutto nell’intestino. Essi comunicano tra di loro e agiscono come se fossero un unico organismo.
Molte ricerche hanno dimostrato, infatti, che l’intestino e il cervello comunicano attraverso neuroni posti in entrambi gli organi. In questa connessione, il microbiota intestinale svolge un ruolo chiave. Si ipotizza, pertanto, che i cambiamenti nel microbiota inneschino la fuga di batteri cattivi dall’intestino.
Negli ultimi anni, tuttavia, diverse evidenze scientifiche hanno dimostrato che la composizione del microbiota intestinale può contribuire allo sviluppo di disturbi neurodegenerativi. Tra questi la malattia di Alzheimer, Sclerosi Multipla, malattia di Parkinson, ma anche altri tipi di malattie, come ad esempio lo spettro autistico.