L’azienda statunitense Varda Space Industries ha annunciato un finanziamento da 187 milioni di dollari per sviluppare farmaci in microgravità. Un’operazione che potrebbe cambiare la progettazione e realizzazione di alcuni medicinali ad alta complessità.

Cosa è la microgravità

Spesso si parla di “assenza di gravità”. In realtà si tratta di un concetto inesistente. Non esiste infatti nessun luogo noto così distante da non risentire della forza di attrazione, anche se debole, di un qualsiasi pianeta. Anche gli astronauti che vediamo “galleggiare” nei veicoli spaziali in orbita subiscono la forza di gravità della Terra. L’ISS – Stazione Spaziale Internazionale, ad esempio, orbita intorno alla Terra ad una distanza di “solo” 400 kilometri. Sarebbe quindi più corretto quindi parlare di microgravità.

Produzione orbitale: dalla teoria alla realtà secondo Varda

La microgravità consentirebbe condizioni di lavorazione uniche, in particolare per quanto riguarda la cristallizzazione di proteine e la sintesi di molecole delicate. Questi vantaggi potrebbero rendere disponibili formulazioni più efficaci, biodisponibili e stabili rispetto a quelle prodotte a terra.

Varda punta a fabbricare composti biofarmaceutici in orbita terrestre bassa per migliorarne purezza e struttura, in particolare per quelli impiegati in oncologia o nei trattamenti neurologici.

Il processo avviene attraverso capsule robotiche lanciate nello spazio, che operano in modo completamente automatizzato. Terminata la produzione, i materiali vengono riportati sulla Terra per le fasi successive di analisi e distribuzione.

Una nuova frontiera anche normativa

Il progetto di Varda, pur avendo ricevuto importanti fondi, impone anche nuove riflessioni normative. Le agenzie regolatorie internazionali – come la FDA (Food and Drug Administration) e l’EMA (The European Medicines Agency) – dovranno definire nuovi standard per garantire sicurezza e qualità ai farmaci realizzati nello spazio.

Fonte: Reuters