La mancanza di terapie efficaci è il problema che affligge, ancora oggi, migliaia di pazienti oncologici. L’immunoterapia rappresenta una vera rivoluzione in oncologia: incrementa le possibilità di cura per pazienti con melanoma, tumore del rene e alcune forme di cancro al polmone. Nei pazienti con tumori del colon-retto metastatico, però, questa terapia innovativa funziona solo nel 5% degli ammalati. I motivi sono da ricercare nelle caratteristiche molecolari specifiche di questo tipo di cancro, che lo rendono “invisibile” al sistema immunitario.

Tumori con un sistema di riparazione del DNA difettoso

«Da circa dieci anni, nei nostri laboratori studiamo una categoria di tumori che presentano un sistema di riparazione del DNA difettoso, chiamato mismatch repair». Così Alberto Bardelli, Direttore Scientifico di IFOM e Professore Ordinario del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, coordinatore dello studio.

«Questi tumori definiti immunoresponsivi sono particolari perché, a causa di questo difetto, accumulano centinaia di mutazioni che creano nuovi antigeni. Ovvero molecole che funzionano come ‘bandierine rosse’ per richiamare l’attenzione del sistema immunitario». Lo afferma Giovanni Germano, Ricercatore di IFOM e associato di Istologia all’Università Statale di Milano, coordinatore dello studio insieme a Bardelli.

Trasformare i tumori “freddi” in tumori “caldi”

L’obiettivo era trovare un modo per trasformare i tumori “freddi”, che il sistema immunitario non riesce a vedere, in tumori “caldi” che invece può attaccare efficacemente.

I ricercatori, grazie al sostegno di Fondazione AIRC, avevano già fatto una importante scoperta. Alcuni farmaci come la temozolomide riescono a far emergere nel tumore le cellule in grado di presentare le suddette bandierine rosse. Sono quelle che il sistema immunitario riesce ad attaccare meglio.

«Il problema – spiega Bardelli. – era che questo approccio funzionava solo per una piccola parte dei pazienti. E cioè meno del 20% di chi ha un tumore al colon-retto metastatico»

«Partendo da queste considerazioni, quattro anni fa abbiamo avviato un percorso di studio innovativo». Lo dichiara Pietro Paolo Vitiello, Ricercatore IFOM e Oncologo medico presso l’Università di Torino, primo autore dello studio pubblicato su Cancer Cell. «Abbiamo osservato cosa succede quando esponiamo le cellule tumorali a specifiche combinazioni di chemioterapici».

La combinazione di due farmaci: temozolomide e cisplatino

La svolta è arrivata studiando la combinazione di due farmaci. E cioè la temozolomide, già nota per la sua capacità di selezionare cellule con difetti nel riparo del DNA, e il cisplatino.

«La combinazione di questi due chemioterapici – prosegue Vitiello – riesce a indurre nelle cellule tumorali uno stato adattativo particolare. Per sfuggire all’azione distruttiva dei farmaci, infatti, le cellule riducono la loro capacità di riconoscere e riparare i danni al DNA».

Il meccanismo di difesa del tumore si trasforma paradossalmente in una vulnerabilità. Le cellule trattate con questa combinazione hanno iniziato ad accumulare un numero elevatissimo di mutazioni, creando così tantissime nuove proteine. La situazione è simile a quando un batterio o un virus invadono da estranei il nostro organismo. È come se il tumore, nel tentativo di proteggersi dalla chemioterapia, si fosse reso riconoscibile e attaccabile dal sistema immunitario.

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Cisplatino e temozolomide modificano l’ambiente circostante

Ma i benefici non si fermano qui. È stato, infatti,osservato che la combinazione di cisplatino e temozolomide è in grado di modificare anche l’ambiente circostante il tumore. Ovvero, il cosiddetto microambiente tumorale, rendendolo più favorevole all’attivazione della risposta immunitaria contro il cancro. 18 pazienti sono già stati trattati con questo approccio chemioterapico sperimentale.

«Il passaggio dai laboratori ai pazienti – sottolinea Bardelli ha prodotto i primi risultati incoraggianti. Le analisi dei campioni ematici di questi pazienti ci confermano che il trattamento funziona: aumenta effettivamente le mutazioni nelle cellule tumorali. Tuttavia, è ancora necessario un lavoro di ottimizzazione prima di poter proporre questo nuovo regime terapeutico a un numero maggiore di pazienti».

La scoperta rappresenta un cambio di paradigma significativo: invece di combattere direttamente i meccanismi di resistenza del tumore, i ricercatori hanno imparato a sfruttarli.

Rendere i tumori più sensibili all’immunoterapia

Quale sarà ora il prossimo passo? Bardelli è pronto a valutarealtre strategieper rendere i tumori più sensibili all’immunoterapia. Agendo, dunque, sia sulla produzione degli antigeni tumorali sia sull’interazione tra sistema immunitario e cancro.

«Questo lavoro-  conclude lo scienziato – dimostra quanto sia importante accorciare le distanze tra le scoperte biologiche e l’applicazione clinica. È un risultato che non sarebbe stato possibile senza il programma IFOM dedicato ai Medici-Ricercatori. Vitiello ne è stato parte integrante fin dal suo arrivo nel nostro istituto. Un programma che crea figure professionali dalle competenze trasversali e fortemente traslazionali».

Il ruolo del sistema mismatch repair (MMR)

I tumori con alterato sistema di riparo del DNA mismatch repair rappresentano il prototipo dei tumori responsivi all’immunoterapia. A causa dell’alterato riparo del DNA, infatti, questi tumori accumulano centinaia di mutazioni che portano alla formazione di nuovi antigeni, molecole di derivazione proteica. Esse sono in grado di attirare l’attenzione del sistema immunitario.

L’aggiunta di cisplatino alla temozolomide induce nelle cellule tumorali uno stato in cui il riparo del DNA è depotenziato. I due chemioterapici inducono numerosissime mutazioni al DNA tumorale. Spingendo, pertanto, le cellule tumorali a ridurre la capacità di riconoscere e riparare i danni al DNA per sfuggire all’azione dei farmaci. Questo adattamento protegge transitoriamente le cellule dall’effetto della chemioterapia. Crea, però, una nuova vulnerabilità sfruttabile terapeuticamente, rendendo i tumori più riconoscibili al sistema immunitario e più sensibili all’immunoterapia. 

I due chemioterapici protagonisti e il microambiente tumorale

  • Temozolomide: farmaco alchilante che danneggia il DNA delle cellule tumorali introducendo lesioni specifiche. È efficace contro tumori con specifiche caratteristiche molecolari ed è attualmente utilizzato principalmente nel trattamento di alcuni tumori cerebrali.
  • Cisplatino: composto a base di platino che forma legami crociati con il DNA, impedendo la replicazione cellulare. È uno dei chemioterapici più utilizzati in oncologia per il trattamento di tumori solidi come quelli del testicolo, dell’ovaio, della vescica e del polmone.

I tumori sono costituiti sia da cellule tumorali sia da cellule dell’organismo che circondano e interagiscono con esse. Come quelle del sistema immunitario, che costituiscono il cosiddetto “microambiente tumorale”. La combinazione di cisplatino e temozolomide è in grado di modificare le caratteristiche delle cellule presenti nel microambiente tumorale. Possono, così, potenziare gli elementi in grado di sostenere l’attivazione immunitaria contro il tumore.

Fonte: Università Statale di Milano