La polidatina è un polifenolo di origine vegetale noto per le sue proprietà antiossidanti. Uno studio del Cnr-Ibiom ha approfondito gli effetti della somministrazione della polidatina su campioni di cellule caratterizzate da trisomia del cromosoma 21. Quest’ultima è meglio conosciuta come sindrome di Down, patologia provocata da una particolare aberrazione cromosomica, ovvero la presenza di una triplice copia (trisomia) del cromosoma 21. Ogni anno colpisce circa 3.000-5.000 bambini nel mondo (1 su 1000 neonati, secondo i dati della World Health Organization).

Gli esperti hanno dimostrato che tale principio attivo naturale può ripristinare il corretto metabolismo energetico cellulare e ridurre lo stress ossidativo. Diventa, dunque, il candidato ideale per la prevenzione dei disturbi neurologici associati alla sindrome di Down.

La ricerca è stata pubblicata su Free Radical Biology and Medicine.

La polidatina ristabilisce l’attività bioenergetica dei mitocondri

La ricerca del Cnr-Ibiom è coordinata da Rosa Anna Vacca che da anni studia le alterazioni molecolari alla base del quadro clinico della sindrome. Lo scopo è quello di individuare principi attivi naturali che possano migliorare le disfunzioni dei mitocondri, cioè le “centrali energetiche” delle nostre cellule.

Lo studio è volto anche a comprendere come ripristinare il corretto metabolismo energetico cellulare e come ridurre lo stress ossidativo. Questi fattori sono considerati fondamentali per l’insorgenza del deficit nello sviluppo neurologico nei bambini con sindrome di Down e dell’invecchiamento precoce negli adulti.

In questo studio è stato dimostrato che la polidatina è in grado di riattivare l’attività bioenergetica dei mitocondri, riducendo la produzione eccessiva di radicali dell’ossigeno. Può, inoltre, prevenire i danni al DNA e l’invecchiamento cellulare causati da stress ossidativo indotto con stimoli esterni. Questa attività di prevenzione dal danno ossidativo avviene sia nelle cellule con sindrome di Down, sia in quelle sane.

Utilizzare la polidatina come integratore alimentare

La polidatina, polifenolo estratto dalla pianta Polygonum cuspidatum da secoli usata nella medicina tradizionale asiatica, è al centro di diversi studi. Sono note le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Aiuta, infatti, a proteggere le cellule dai danni causati dai radicali liberi, molecole instabili che accelerano l’invecchiamento e le malattie.

«L’idea – dichiara Vaccaè quella di utilizzarla come integratore alimentare per gestire alcuni dei sintomi della sindrome di Down, da somministrare già nella primissima infanzia. Siamo convinti che la polidatina possa diventare un candidato ideale per applicazioni cliniche future legate alla prevenzione dei disturbi associati alla sindrome. Ha, infatti, dimostrato di non avere effetti tossici collaterali e in più è stabile, idrosolubile e si distribuisce meglio nel nostro corpo. Inoltre, è un precursore del resveratrolo, un altro composto naturale noto per i suoi effetti benefici. In particolare come coadiuvante nel trattamento di malattie neurologiche», conclude Vacca.

Migliorare la vita delle persone con sindrome di Down

La polidatina è, altresì, in grado di “abbassare” i livelli di miR-155, una piccola molecola di RNA (microRNA). Essa è in grado di “bersagliare” geni coinvolti in aspetti fondamentali delle funzioni mitocondriali, come la bioenergetica mitocondriale. Ed anche il controllo della qualità dei mitocondri e la loro formazione.

«Quando il livello di miR-155 è troppo alto, come nella sindrome di Down, la polidatina riesce ad “abbassarlo”, riportandolo a valori normali. E contribuendo a riattivare questi geni importanti, che preservano le funzioni mitocondriali e cellulari». Così Apollonia Tullo del Cnr-Ibiom.

Per questi motivi la polidatina potrebbe diventare un candidato ideale per applicazioni cliniche future nella prevenzione di patologie associate alla sindrome di Down. Proprio il malfunzionamento del miR-155, infatti, è associato ad alcuni tipi di leucemie acute che insorgono frequentemente nei bambini con la sindrome. In prospettiva, si potrà migliorare la qualità di vita delle persone affette da tale patologia.