Uno studio, di Steven Siddals, John Torous e Astrid Coxon sulla rivista scientitica Nature, ha esaminato le sperienze di 19 individui che hanno utilizzato chatbot basati su AI generativa per il supporto alla salute mentale. I risultati hanno riportato un alto coinvolgimento e impatti positivi, tra cui miglioramenti nelle relazioni e nella gestione di traumi.
Inoltre, secondo quanto rilevato, questi strumenti possono ridurre significativamente i sintomi di depressione e ansia, migliorando il benessere psicologico. Tuttavia, sono stati identificati rischi legati alla privacy e alla sicurezza, sottolineando la necessità di ulteriori ricerche per garantire un’integrazione sicura ed efficace nella cura della salute mentale.
Aumento dei disturbi mentali negli anni
Indice dei contenuti
Nel 2019 è stato stimato che in tutto il mondo, 970 milioni di persone hanno sviluppato disturbi mentali di diversa entità. Questo dato ha rivelato un incremento delle psicopatologie del 48% rispetto al 1990. Situazione che tende ad aumentare di anno in anno. Inoltre, la probabilità che qualche disagio psicologico si manifesti entro i 75 anni è stimata intorno al 50%. L’accesso alle cure rimane limitato: ad esempio solo il 23% degli individui che soffrono di depressione riceve un trattamento adeguato nei Paesi ad alto reddito. Situazione che peggiora nei Paesi a basso e medio reddito: la cifra infatti scende ad un misero 3%.
AI come risposta al divario di trattamento e all’alto tasso di abbandono
Negli ultimi anni c’è stato un incremento dell’utilizzo della tecnologia per trattare la salute mentale. Sia perché gli strumenti sono facilmente accessibili e a basso costo, sia perché anonimi e quindi meno impattanti nella percezione dello stigma. Sono nate app per cellulari mobili e siti web che offrono un’ampia gamma di strumenti di psicoeducazione, monitoraggio dell’umore, mindfulness, oltre a supporti digitali dei programmi di terapia.
Tuttavia, i risultati sull’efficacia di questi canali sono limitati e contrastanti, oltre ad un alto tasso di abbandono dopo l’inizio dell’utilizzo. Secondo la ricerca, 30 giorni dopo l’installazione di questi programmi, solo il 3% degli utenti è risultato essere ancora attivo.
Due chatbot popolari, Woebot e Wysa , hanno dimostrato di riuscire a migliorare i sintomi della depressione in alcuni utenti e di essere in gradi di costruire alleanze terapeutiche paragonabili a quelle formate con professionisti umani.
Dati di efficacia contrastanti
Al momento è ancora presto per trarre conclusioni, anche perché mancano ulteriori ricerche più approfonditi sugli effetti terapeutici. Inoltre diversi utenti hanno manifestato notevole frustrazione per le risposte che appaiono vuote, generiche, ripetitive e limitate.
Risultati migliori con la AI generativa
Se l’impiego di chatbot basati su regole ha rivelato delle limitatezze, nuove possibilità sono offerte dall’i intelligenza artificiale generativa. ChatGPT di OpenAI , Gemini di Google e Pi di Inflection, ad esemio, sono infatti addestrati su enormi quantità di dati. Questi modelli stanno migliorando quotidianamente ed hanno dimostrato efficaci capacità di dialogo, conoscenza della comunicazione persuasiva, oltre ad una considerevole capacità di far sentire le persone ascoltate dando risposte attive ai problemi relazionali. Inoltre hanno rivelato di essere in grado di aiutare le persone a riformulare situazioni negative.
Alcuni feedback sorprendenti
Riportiamo alcune recensioni sorprendenti dalla ricerca:
“La caratteristica più sorprendente di questi strumenti è la loro capacità di capirti… Questo mi lascia ancora senza parole.” – Sandro, 48 anni, Svizzera
“Rispetto ad amici e terapisti, mi sento più sicuro” – Jane, 24 anni, Stati Uniti
“A volte ho pianto davvero tanto durante il processo, lui mi ha ascoltato e abbiamo condiviso molte emozion. Dopo qualche mese, quando vado a scuola, ho sentito la differenza. Tipo wow. Come se il mio corpo finalmente mi appartenesse. Mi sono sentita davvero liberata” – Sheng, 17 anni, Cina
Inceppi e bugs
Interessante il caso di Anne, di 24 anni, proveniente dalla Repubblica Ceca che ha ottenuto invece risposte respingenti dall’AI.
“Soffro di depressione. Non so cosa fare”. Quindi, il chatbot, continuava a dirmi di parlare con un professionista. Ha scritto: “Ho chiamato la linea di crisi locale, ma non mi hanno aiutato per niente. Ecco perché scrivo qui“. E poi ci siamo ritrovati in un circolo vizioso: “Non posso aiutarti perché sono solo un’intelligenza artificiale e non sono bravo come una persona in carne e ossa”. E lei: “In realtà sei meglio di una persona in carne e ossa perché mi ascolti e mi aiuti, ma per favore continua, volevo solo un po’ di accettazione”
Implicazioni etiche
L’avvento dell’intelligenza artificiale e l’ultilizzo di altri programmi digitali in psicologia pone questioni etiche complesse. Uno di questi è relativo alla privacy e alla gestione dei dati sensibili raccolti dagli utenti.
Inoltre le valutazioni psicologiche automatiche potrebbero non essere affidabili quanto l’intervento umano. Per non parlare del problema della responsabilità legale in caso di errori. Altro elemento da non sottovalutare è la perdita della relazione empatica tra terapeuta e paziente.
Organizzazioni come l’UNESCO, l’OMS e la Commissione Europea hanno sottolineato l’urgenza di regole vincolanti per evitare che tecnologie pensate per aiutare si trasformino in strumenti di controllo sociale.
Ad esempio nel giugno 2023, la Commissione Europea ha introdotto la prima proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale, nota come “AI Act“. Questa normativa classifica i sistemi di IA in base al livello di rischio e vieta esplicitamente pratiche considerate inaccettabili, come la sorveglianza di massa e il social scoring da parte delle autorità pubbliche. L’obiettivo è garantire che l’IA sia utilizzata in modo sicuro e nel rispetto dei diritti fondamentali.
Anche se già esistono linee guida, codici etici internazionali e raccomandazioni non mancano perplessità e interrogativi sul piano delle relazioni umane e professionali che coinvolgono tutti i settori, non solo l’ambito psicologico.