Negli Stati Uniti, circa 185mila persone subiscono un’amputazione ogni anno, spesso a causa della perdita della circolazione dovuta a traumi vascolari. Una rivoluzionaria innovazione della bioingegneria potrebbe cambiare radicalmente il trattamento di queste lesioni: la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato un vaso sanguigno bioingegnerizzato in grado di integrarsi nel corpo umano nel tempo, offrendo nuove speranze ai pazienti con ferite traumatiche gravi
Un’alternativa bioingegnerizzata ai trapianti tradizionali. I vasi sanguigni coltivati in laboratorio
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Quando un’arteria si danneggia a causa di un incidente, che si tratti di una ferita da arma da fuoco, di un incidente stradale o industriale, la mancanza di flusso sanguigno può portare alla necrosi dei tessuti e rende necessaria l’amputazione. Solitamente, i chirurghi tentano di trapiantare una vena sana prelevata da un’altra parte del corpo del paziente. Questo approccio, tuttavia, presenta numerose limitazioni.
Alcuni pazienti sono così gravemente feriti che non hanno vene disponibili da poter essere utilizzate. A spiegarlo, Laura Niklason, fondatrice e CEO della biotech Humacyte, l’azienda che ha sviluppato il nuovo vaso sanguigno. Anche nei casi in cui una vena sia disponibile, essa non rappresenta un’alternativa ideale a un’arteria. Le vene sono strutture sottili e fragili, mentre le arterie sono molto più resistenti, aggiunge la scienziata.
Per superare questi ostacoli, Humacyte ha sviluppato un vaso sanguigno bioingegnerizzato, che non solo può essere impiantato senza il rischio di rigetto, ma si integra gradualmente nel corpo del paziente, diventando parte del suo sistema circolatorio.
Dall’idea alla realtà
L’idea di creare vasi sanguigni in laboratorio risale agli anni ’90, quando Niklason, allora giovane medico in formazione al Massachusetts General Hospital, assistette a un intervento di bypass cardiaco. Il chirurgo dovette aprire entrambe le gambe, le braccia e persino lo stomaco del paziente alla ricerca di un vaso sanguigno adatto. Era un procedimento brutale, ricorda la scienziata. Da quel momento, la sua missione è stata trovare un’alternativa meno invasiva.
Dopo i primi esperimenti su modelli animali, il team di ricercatori ha affrontato un percorso lungo e complesso per sviluppare un prodotto approvato per l’uso umano. Il team di ricercatori ha trascorso oltre un decennio isolando cellule vascolari da donatori di organi e tessuti, analizzando più di 700 campioni. Alla fine, hanno identificato cinque donatori le cui cellule si sono rivelate le più efficienti per la crescita e l’espansione in laboratorio.
«Abbiamo ora abbastanza cellule crioconservate da questi cinque donatori per produrre tra 500.000 e un milione di vasi sanguigni bioingegnerizzati», afferma Niklason. Ma in cosa consiste questa tecnica?
Il processo di creazione: una fusione tra biologia e tecnologia
II team produce i vasi sanguigni in lotti da 200 unità, utilizzando scaffold polimerici degradabili di 42 centimetri di lunghezza e 6 millimetri di spessore. Dopo averli inseriti in speciali sacche, li arricchisce con milioni di cellule donatrici, favorendo così la crescita dei nuovi tessuti.
Successivamente, le sacche vengono collocate in un incubatore delle dimensioni di un autobus scolastico, dove vengono immerse in un bagno di nutrienti per due mesi. Durante questo periodo, le cellule producono collagene e altre proteine strutturali, mentre il polimero dello scaffold si dissolve lentamente. Alla fine del processo, si rimuovono le cellule attraverso un lavaggio con una soluzione speciale, lasciando solo un tessuto decellularizzato, ma strutturalmente identico a un vaso sanguigno umano.
Questa caratteristica è fondamentale. Non contenendo cellule vive, il vaso bioingegnerizzato non viene riconosciuto come estraneo dal sistema immunitario del paziente, eliminando il rischio di rigetto.
Vantaggi rispetto alle alternative sintetiche
Attualmente, quando non è possibile prelevare un vaso dal paziente, i chirurghi utilizzano alternative sintetiche, come innesti in Teflon o Dacron, un tipo di poliestere. Tuttavia, questi materiali hanno diverse limitazioni.
Ogni volta che si impianta un materiale estraneo nel corpo umano, aumenta il rischio di infezione. I batteri si attaccano facilmente alle superfici sintetiche, causando complicazioni, spiega Anton Sidawy, presidente dell’American College of Surgeons e chirurgo vascolare della George Washington University Medical Center.
Il vaso sanguigno bioingegnerizzato di Humacyte, invece, ha dimostrato una riduzione significativa del rischio di infezione e un tasso di successo superiore rispetto agli innesti sintetici.
Risultati clinici: una nuova speranza per i pazienti
Gli scienziati hanno testato l’efficacia e la sicurezza del vaso bioingegnerizzato su 51 pazienti civili e 16 pazienti militari con lesioni traumatiche. Poi hanno confrontato i risultati con dati precedenti relativi a innesti sintetici. Dopo 30 giorni dall’impianto, il 92% dei vasi era ancora aperto e funzionante, contro il 79% degli innesti sintetici. Solo il 4,5% dei pazienti ha subito un’amputazione, rispetto al 24% dei pazienti con innesti sintetici. Meno dell’1% dei vasi bioingegnerizzati ha sviluppato infezioni, contro oltre l’8% dei pazienti con innesti sintetici.
Questo vaso diventa effettivamente parte del corpo del paziente, spiega Michael Curi, capo della chirurgia vascolare presso il Rutgers New Jersey Medical School e coautore della ricerca. Le cellule del corpo del paziente crescono all’interno della parete del vaso bioingegnerizzato, rendendolo indistinguibile da un vaso naturale.
Oltre i traumi vascolari
L’approvazione della FDA riguarda attualmente solo il trattamento delle lesioni traumatiche, ma la tecnologia ha il potenziale per essere applicata in molte altre condizioni. Humacyte sta già testando il vaso bioingegnerizzato per la dialisi renale, per collegare un’arteria o una vena alla macchina per dialisi. Viene inoltre studiato per il trattamento della malattia arteriosa periferica, una condizione in cui le arterie di gambe e braccia si ostruiscono, e per il bypass cardiaco. Gli studi preliminari su modelli animali hanno dato risultati promettenti.
«Si tratta di un traguardo straordinario per la scienza», afferma Curi. «A mio parere, rappresenta il futuro della medicina».
Fonti: JAMA Surgery,
Humacyte, comunicato stampa.