La disprassia, nella sua forma evolutiva, è un disordine congenito. Si manifesta fin dalla prima infanzia e viene diagnosticato a partire dai 5 anni come disturbo della coordinazione motoria.

La forma acquisita deriva da specifiche lesioni cerebrali e comporta selettive difficoltà nelle prassie (movimenti coordinati diretti a uno scopo). In particolare, è, tra i disturbi del movimento, quello che coinvolge la pianificazione delle azioni complesse, compromettendone la fluida esecuzione.

La disprassia può coinvolgere solo la funzione motoria o anche il linguaggio. In questo caso compromette la programmazione e la fluidità di esecuzione dei movimenti necessari a produrre i suoni verbali e ad articolarli in modo intelligibile. Può anche rendere difficile il soffio per spegnere le candeline al proprio compleanno o fischiare o lo schiocco della lingua. Si tratta di difficoltà che durante la fanciullezza possono mettere a disagio nelle situazioni sociali e minare la spontaneità delle interazioni con i coetanei.

Le difficoltà nei movimenti sorgono nella prima infanzia

La disprassia evolutiva fa parte dei disordini del neurosviluppo, come questi dura tutta la vita e interessa la funzione motoria.

Le difficoltà nei movimenti si manifestano fin dalla prima infanzia, con un ritardo nell’acquisizione della deambulazione autonoma. O nei primi scarabocchi e giochi di costruzioni a cui può associarsi anche un ritardo nella masticazione e nella produzione di parole ben articolate.

Per le difficoltà, se sono ritenute come un disordine congruente e non attribuibile a condizioni mediche, deprivazione, o altra condizione del neurosviluppo si raccomanda l’attivazione di un intervento riabilitativo. Tra questi la fisioterapia, la neuropsicomotricità, la logopedia, monitorandone l’evoluzione.

«In tal modo, si può stabilire quanto un intervento precoce e tempestivo possa modificare le funzioni motorie facendole tornare in una traiettoria di sviluppo tipico». Così Tiziana Metitieri, neuropsicologa AOU Meyer Irccs. «O quanto, invece, permangano le difficoltà nel completamento delle azioni quotidiane e si debba procedere con la diagnosi di disprassia».

Disprassia: difficoltà motorie e di comunicazione

Il peso di tanti processi come vestirsi, saltare, andare in bici è intensamente percepito da bambine e bambini con disprassia. Ciò rende per loro avventurose anche le più banali attività quotidiane.

Nel caso di coinvolgimento del linguaggio è importante tenere conto di come le difficoltà di comunicazione possano avere una ricaduta sulle relazioni con i pari.

«Con il crescere – continua Metitierinon solo pesa mettere in armonia i vari processi e gli arti e le loro estremità. Ma diventa anche complicato assemblare in modo riconoscibile dei tratti su un foglio con l’intento di disegnare o scrivere. Inizialmente, quello che viene prodotto appare come un misterioso codice da decifrare. Assieme ai percorsi riabilitativi, saranno le strategie personalizzate attivate all’inizio della scuola primaria a trasformare quei codici in parole leggibili. E poi in frasi e in testi, sfruttando, quando necessario, anche la scrittura digitale».

Gli ostacoli possono essere superati con la riabilitazione

Per affrontare con serenità la vita a casa di un bambino o di una bambina con disprassia è importante stabilire delle routine. Bisogna scomporre le attività da svolgere in più fasi (ad esempio, prendere lo spazzolino, prendere il dentifricio, aprirlo e così via).

Si devono «concedere – aggiunge l’esperta – tempi aggiuntivi e incoraggiamenti per ogni attività. Parlare insieme delle difficoltà come di una caratteristica, festeggiare gli obiettivi raggiunti, favorire le occasioni di gioco con i pari. Le manifestazioni della disprassia possono generare sensi di colpa o di vergogna nei genitori. O scoraggiare sugli obiettivi che il proprio figlio o la propria figlia potrà raggiungere. Ma con l’identificazione precoce e l’avvio tempestivo dell’intervento riabilitativo, gli ostacoli insormontabili possono essere superati uno ad uno. Fornendo, così, gli strumenti per affrontare al proprio ritmo le prove della vita quotidiana, per muoversi nel mondo e relazionarsi con gli altri», conclude Metitieri.

Fonte: Meyer