Nel cervello, usa serie di forze contrapposte influenza i processi di apprendimento e le risposte agli stimoli esterni. Ogni giorno, facciamo affidamento inconsapevole su due meccanismi fondamentali: il condizionamento classico e quello operante, teorizzati rispettivamente da Pavlov e Skinner. Uno studio innovativo dell’Università di Tel Aviv, pubblicato su Science Advances, ha evidenziato che questi sistemi non operano in sinergia, ma si scontrano per prevalere. Questo fenomeno, documentato nei moscerini della frutta, potrebbe ridefinire in profondità la conoscenza dei meccanismi cognitivi e delle disfunzioni legate all’apprendimento

Condizionamento classico e operante: due facce della stessa medaglia

L’eterna sfida fra condizionamento classico e condizionamento operante

Il condizionamento classico rappresenta uno degli esempi più emblematici di apprendimento associativo, un pilastro fondamentale delle teorie psicologiche del comportamento. Questo meccanismo, esplorato inizialmente da Ivan Pavlov, si basa sull’associazione ripetuta tra uno stimolo neutro – come il suono di una campana – e uno stimolo incondizionato, quale il cibo. Col tempo, lo stimolo neutro acquisisce la capacità di evocare una risposta condizionata – nel caso degli esperimenti di Pavlov, la salivazione – anche in assenza dell’elemento che originariamente la provocava. Tale forma di apprendimento è passiva, in quanto l’organismo non agisce deliberatamente, ma subisce un’associazione automatica tra stimoli che si susseguono con costanza.

In netto contrasto, il condizionamento operante, teorizzato da B.F. Skinner, si configura come un processo dinamico e intenzionale, in cui il comportamento viene modulato dalle conseguenze che ne derivano. Attraverso un sistema di rinforzi e punizioni, l’individuo apprende a ripetere azioni gratificanti o ad evitare comportamenti che provocano risultati spiacevoli. Questa forma di apprendimento richiede una partecipazione attiva e cosciente, in cui l’organismo esplora, sperimenta e adatta le proprie azioni in funzione degli esiti che esse generano.

Una tesi confutata

Per molto tempo, si è creduto che il condizionamento classico e operante potessero coesistere e rafforzarsi a vicenda. Questo equilibrio era visto come fondamentale per l’adattamento e la sopravvivenza. Tuttavia, una recente ricerca condotta da un gruppo di studiosi israeliani sembra mettere in discussione questa consolidata visione. Secondo lo studio, quando i due processi di apprendimento si attivano insieme, si crea una competizione neurale. Questo impedisce l’elaborazione congiunta. Il cervello sceglie uno dei due sistemi, escludendo l’altro. Si concentra solo sulla modalità più utile in quel contesto. Ma passiamo allo studio.

Lo studio sui moscerini della frutta: piccole creature, grandi risposte

I ricercatori, guidati dal professor Moshe Parnas e dallo studente di dottorato Eyal Rozenfeld, hanno condotto una serie di esperimenti su moscerini della frutta (Drosophila), organismi che, nonostante la loro semplicità apparente, possiedono cervelli con una struttura funzionale sorprendentemente affine a quella dei mammiferi. Questa similarità rende Drosophila un modello ideale per l’indagine dei meccanismi neurali che regolano l’apprendimento e la memoria.

Durante l’esperimento, i moscerini sono state addestrate ad associare uno stimolo olfattivo a una scossa elettrica. Questo è un tipico esempio di condizionamento classico. Si è osservato che gli insetti tendevano a “congelarsi” (freezing) appena percepivano l’odore, anticipando lo stimolo doloroso.

Parallelamente, nel caso del condizionamento operante, i moscerini apprendevano un comportamento differente. Invece di congelarsi, tendevano a fuggire attivamente per sottrarsi al rischio della scossa. Tuttavia, quando i ricercatori hanno tentato di insegnare entrambi i comportamenti contemporaneamente, gli insetti non sono stati capaci di sviluppare una risposta chiara e coerente. Invece di congelarsi o fuggire, l’insetto non ha mostrato alcuna reazione definita.

Questa incapacità di elaborare risposte contrastanti indica che il cervello tende a inibire attivamente la formazione simultanea di ricordi divergenti, privilegiando uno dei due percorsi in base alle condizioni ambientali e alle esigenze immediate.

In altre parole, di fronte a una scelta tra immobilità difensiva e fuga attiva, il cervello seleziona la strategia ritenuta più efficace in quel momento, bloccando l’altra per evitare un conflitto comportamentale.

Un tiro alla fune neurale: le scelte del cervello

Il professor Parnas descrive questo fenomeno come una sorta di “tiro alla fune mentale”. Quando il cervello si concentra su un tipo di apprendimento, blocca l’altro per evitare sovraccarichi e confusioni. Questo meccanismo potrebbe spiegare perché le persone trovano difficile eseguire compiti complessi mentre apprendono qualcosa di nuovo, e perché il multitasking spesso porta a errori o a una memoria superficiale.

Questa dinamica è evidente nella vita quotidiana. Ad esempio, durante una conversazione telefonica mentre si guida, il cervello è costretto a selezionare se concentrarsi sulla strada o sulla conversazione, spesso a scapito di uno dei due compiti.

Nel contesto evolutivo, questo meccanismo ha probabilmente aiutato i nostri antenati a sopravvivere, garantendo che, di fronte a una minaccia immediata, il cervello privilegiasse l’azione più efficace e rapida. Per esempio, se un predatore si avvicina, congelarsi (condizionamento classico) potrebbe essere più utile che correre, a seconda del contesto.

Implicazioni cliniche e nuove frontiere terapeutiche

Questa scoperta ha implicazioni che vanno ben oltre la semplice comprensione dell’apprendimento. Potrebbe fornire nuove chiavi di lettura per i disturbi dell’apprendimento, come l’ADHD, o per condizioni neurodegenerative come l’Alzheimer, in cui i meccanismi di memoria risultano compromessi.

Se il cervello seleziona attivamente quale sistema di apprendimento utilizzare, comprendere i circuiti neurali che regolano questa scelta potrebbe portare a terapie innovative. Potrebbero emergere nuovi approcci educativi che facilitano l’apprendimento progressivo, riducendo la competizione interna tra diversi tipi di memoria.

Eyal Rozenfeld sottolinea come questa ricerca possa aprire la strada a strategie personalizzate per migliorare la memoria e la capacità di apprendimento, adattandosi alle specificità neurologiche di ciascun individuo.