Uno studio condotto dalla Yale School of Medicine, pubblicato su Nature Communications, ha esplorato il legame tra la geometria euclidea e lo sviluppo dell’ippocampo nei roditori, un’area cerebrale di fondamentale importanza per la memoria e la navigazione spaziale. Le scoperte evidenziano come la nostra esperienza dello spazio modella le reti neuronali
La geometria euclidea: ponte tra scienza e percezione
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La geometria euclidea, formulata nell’antica Grecia, è stata introdotta da Euclide, un matematico vissuto ad Alessandria d’Egitto intorno al III secolo a.C. Euclide raccolse e sistematizzò le conoscenze matematiche del suo tempo nella sua opera più celebre, gli “Elementi”, un trattato in tredici libri che descrive le relazioni spaziali tra punti, linee e superfici in ambienti bidimensionali e tridimensionali, seguendo cinque postulati fondamentali che regolano le proprietà dello spazio.
Le sue regole, come la linearità e l’angolarità, non sono solo strumenti teorici, ma si riflettono profondamente nel modo in cui il cervello codifica lo spazio. Secondo uno studio recente, le prime esperienze di vita con ambienti euclidei arricchiscono i modelli neuronali dell’ippocampo nei roditori, migliorando la loro capacità di distinguere tra spazi lineari differenti. Questo processo non è puramente un prodotto dell’ambiente, ma emerge dall’interazione tra fattori innati e l’esperienza postnatale. Ma cerchiamo di capire meglio.
Ippocampo e memoria: il centro della geometria mentale
L’ippocampo, spesso descritto come il “GPS interno” del cervello, è essenziale per navigare nello spazio e formare memorie episodiche. Durante le prime settimane di vita, questa regione attraversa una fase critica di sviluppo.
I ricercatori hanno scoperto che, entro il ventiquattresimo giorno dalla nascita (P24), l’ippocampo raggiunge una maturità simile a quella adulta. Questo coincide con la capacità dei roditori di formare ricordi a lungo termine. Prima di questo periodo, i roditori sperimentano una condizione chiamata “amnesia infantile”, un’incapacità di consolidare ricordi permanenti.
Il team di Yale, guidato dal professor George Dragoi, ha indagato se lo sviluppo dell’ippocampo dipenda più da fattori genetici o da esperienze sensoriali.
Hanno progettato un esperimento confrontando due gruppi di roditori: uno cresciuto in ambienti cuboidali euclidei e l’altro in gabbie sferiche non euclidee.
L’esperimento: cubo contro sfera
L’esperimento ha messo in evidenza il ruolo della geometria nell’organizzazione neuronale. I roditori allevati in ambienti cuboidali hanno avuto accesso a linee rette, angoli e superfici piane, elementi tipici della geometria euclidea. Al contrario, i roditori cresciuti in ambienti sferici sono stati privati di queste esperienze.
Le registrazioni elettroencefalografiche (EEG) hanno mostrato che, anche nei roditori allevati in sfere, i modelli di attività neuronale preconfigurati emergono comunque, suggerendo che la formazione di reti neuronali ippocampali sia in gran parte innata. Tuttavia, questi roditori hanno inizialmente mostrato una difficoltà nel distinguere tra diverse tracce lineari, una capacità che si sviluppa attraverso l’esperienza diretta con ambienti euclidei.
Geometria e apprendimento: un dialogo dinamico
Uno degli aspetti più affascinanti dello studio è stato osservare come l’esposizione successiva alla geometria euclidea possa invertire gli effetti della privazione iniziale. Dopo tre o quattro giorni di esperienza con ambienti lineari, i roditori cresciuti in gabbie sferiche hanno sviluppato la capacità di rappresentare distintamente spazi lineari e angoli, dimostrando che l’apprendimento spaziale è plastico e reversibile, almeno in questa fase dello sviluppo.
Secondo Dragoi, «Abbiamo osservato che i ratti privati inizialmente non possono esprimere rappresentazioni distinte dell’inizio e della fine di una traccia lineare o distinguere tra più tracce. Tuttavia, queste differenze vengono abolite dopo pochi giorni di esperienza con la geometria euclidea».
Implicazioni per la scienza e la medicina
Questo studio apre nuove prospettive sullo sviluppo del cervello e sull’interazione tra genetica ed esperienza. Le sue implicazioni vanno oltre la neuroscienza. In medicina, comprendere come il cervello codifica lo spazio potrebbe migliorare il trattamento di disturbi legati alla memoria e alla navigazione spaziale, come l’Alzheimer. Inoltre, i risultati suggeriscono che ambienti ricchi di stimoli geometrici durante l’infanzia potrebbero favorire uno sviluppo cognitivo ottimale.
In un contesto più ampio, lo studio evidenzia come la geometria – tradizionalmente considerata una disciplina astratta – abbia un ruolo tangibile nel modellare il funzionamento cerebrale. Questo legame tra scienza e matematica potrebbe ispirare nuove forme di collaborazione interdisciplinare.
Una sinfonia tra forme e mente
La ricerca della Yale School of Medicine dimostra che la geometria non è solo uno strumento per descrivere il mondo fisico, ma anche una chiave per comprendere il cervello umano. L’ippocampo, con le sue capacità di rappresentazione spaziale, emerge come un crocevia tra natura e nutrimento, dove fattori innati e esperienze si fondono per creare la nostra percezione dello spazio.
Questo dialogo tra matematica, scienza e medicina non è solo affascinante, ma essenziale per costruire un futuro in cui comprendere il cervello significa anche valorizzare il mondo che lo circonda. Perché, come dimostra lo studio, la geometria non è mai stata così viva come nelle nostre menti.