L’insufficienza cardiaca terminale rappresenta una delle principali sfide della medicina moderna, con tassi di mortalità elevati e un crescente numero di pazienti in lista d’attesa per un trapianto. In Italia, il tempo medio di attesa per un cuore compatibile si attesta a 3,7 anni, un periodo critico che espone i pazienti a ricoveri prolungati, complicanze e un rischio significativo di morte. In questo scenario, l’introduzione del cuore artificiale totale (TAH) si pone come un’alternativa rivoluzionaria, un ponte tra l’insufficienza cardiaca terminale e il trapianto, ma con ambizioni che vanno ben oltre.

Grazie all’impegno di aziende come la francese Carmat, il cuore artificiale totale non è più una tecnologia sperimentale, ma una realtà concreta, con impianti già effettuati in diversi Paesi, compresa l’Italia

Insufficienza cardiaca: una pandemia silenziosa e il cuore artificiale totale

Il cuore artificiale totale (TAH) è una realtà concreta, con impianti già effettuati in diversi Paesi, compresa l’Italia

L’insufficienza cardiaca è una condizione caratterizzata dall’incapacità del cuore di pompare sangue in modo efficace, compromettendo la funzione degli organi vitali. Si tratta di una patologia globale che colpisce 64 milioni di persone in tutto il mondo e che, in Italia, è responsabile di oltre 200mila ricoveri ogni anno. Le prospettive per chi ne soffre sono spesso drammatiche: entro due anni dalla diagnosi, la mortalità raggiunge il 50%.

Nonostante il trapianto di cuore sia universalmente riconosciuto come il trattamento definitivo per l’insufficienza cardiaca terminale, la disponibilità di organi è estremamente limitata. Ogni anno vengono effettuati solo seimila interventi a livello globale, un numero che soddisfa appena il 10% della domanda. In Italia, i 370 trapianti eseguiti nel 2023 coprono meno della metà del fabbisogno. Cosa che lascia centinaia di pazienti in lista d’attesa.

Il cuore artificiale totale: una soluzione tecnologica avanzata

Il cuore artificiale totale si differenzia dai tradizionali dispositivi di assistenza ventricolare (VAD) in quanto sostituisce completamente il cuore nativo, garantendo un supporto biventricolare. È progettato per essere fisiologico, emocompatibile e autoregolato, adattandosi alle esigenze del paziente grazie a sensori avanzati che monitorano pressione e volume del sangue.

Una delle caratteristiche distintive del TAH è la sua emocompatibilità.

Tutte le superfici a contatto con il sangue sono rivestite da materiali biologici. Il che, riduce il rischio di complicanze tromboemboliche e permette l’uso di dosaggi minimi di anticoagulanti. Inoltre, la sua natura pulsatile, che simula il ciclo cardiaco naturale, offre un’esperienza vicina a quella di un cuore biologico.

Secondo Claudio Francesco Russo, direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia dell’Ospedale Niguarda di Milano, «Il cuore artificiale rappresenta un “ponte verso il trapianto” fondamentale per stabilizzare i pazienti in attesa, mantenendo la funzione degli organi e migliorando la qualità della vita. In alcuni casi, però, potrebbe diventare una soluzione definitiva, la cosiddetta “destination therapy”, per coloro che non sono candidabili al trapianto».

Un cambiamento culturale: da “ponte” a terapia definitiva?

Il futuro del cuore artificiale totale va oltre il semplice supporto temporaneo. La prospettiva più ambiziosa è quella di trasformarlo in una terapia definitiva.

Cosa che consentirebbe ai pazienti di vivere in modo stabile con un dispositivo artificiale, eliminando la necessità del trapianto. Questo cambiamento, tuttavia, richiede un’evoluzione culturale significativa sia nella comunità medica sia nell’opinione pubblica.

La scarsa conoscenza delle tecnologie avanzate come il TAH rappresenta uno degli ostacoli principali. Molti pazienti, di fronte alla possibilità di scegliere, preferiscono ancora un cuore biologico, considerandolo una soluzione più “naturale”. Tuttavia, studi come il trial EFICAS in Francia, che ha arruolato 52 pazienti in dieci centri specializzati, stanno dimostrando l’efficacia e la sicurezza del TAH, con tassi di sopravvivenza post-impianto superiori al 90% a sei mesi.

Benefici per il sistema sanitario e la società

L’introduzione del cuore artificiale totale non solo migliora le condizioni dei pazienti, ma ha anche un impatto positivo sul sistema sanitario. Riducendo i ricoveri prolungati e le complicanze legate all’insufficienza cardiaca, il TAH contribuisce a contenere i costi e a ottimizzare le risorse. Inoltre, la possibilità di gestire i pazienti a domicilio con una qualità della vita nettamente migliorata rappresenta un beneficio inestimabile sia per i malati che per le loro famiglie.

Una rivoluzione silenziosa ma indispensabile

Il cuore artificiale totale segna un passo avanti fondamentale nella gestione dell’insufficienza cardiaca terminale.

Nonostante le sfide culturali e tecnologiche ancora da affrontare, i risultati ottenuti finora dimostrano che questa innovazione ha il potenziale per cambiare radicalmente la vita di migliaia di pazienti.