Taranto, città dal glorioso passato marittimo e industriale, oggi è simbolo di una crisi ambientale e sanitaria senza precedenti. Il recente convegno “Amianto, Taranto prigioniera – Analisi, soluzioni sociali e giuridiche”, organizzato dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), presieduto dall’avv. Ezio Bonanni, ha riportato sotto i riflettori l’emergenza amianto che attanaglia questa storica località. Un dramma che intreccia le vite dei lavoratori, dei cittadini e delle istituzioni, delineando un quadro che non può più essere ignorato

Una crisi stratificata: storia e numeri di un disastro annunciato a Taranto

Il convegno “Amianto, Taranto prigioniera – Analisi, soluzioni sociali e giuridiche”, organizzato dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), ha riportato sotto i riflettori l’emergenza amianto

L’amianto è stato per anni una risorsa chiave nell’industria, ma anche una condanna per migliaia di lavoratori e abitanti. A Taranto, la combinazione letale tra il polo industriale siderurgico e l’Arsenale della Marina Militare ha creato infatti un “ecosistema tossico”. L’avv, Ezio Bonanni ha descritto la città come “prigioniera di un ricatto sociale”, un luogo in cui è stato imposto il tragico dilemma tra “morire di fame o morire di lavoro”. Per anni, la salute dei lavoratori e dei cittadini è stata sacrificata sull’altare dell’industria, mantenendo attivi siti altamente dannosi pur di garantire occupazione. Questo compromesso, secondo Bonanni, ha generato «un disastro sociale e sanitario senza precedenti, aggravato dall’utilizzo di amianto e altri cancerogeni nell’Arsenale della Marina Militare e nelle unità navali».

Il presidente dell’ONA ha evidenziato come le conseguenze di queste scelte siano oggi tragicamente visibili.

«Le lesioni alla salute e alla pubblica incolumità sono dimostrate dalla crescente epidemia di malattie asbesto correlate. Solo a Taranto, contiamo migliaia di casi di mesotelioma, cancro al polmone e altre patologie correlate, con un impatto devastante non solo sui lavoratori, ma anche sulla popolazione civile, spesso contaminata indirettamente». I dati presentati al convegno sono un grido di allarme. 

Negli ultimi trent’anni, in Puglia, si sono registrati oltre 6.500 decessi legati all’asbesto, con Taranto al centro di questa tragedia. Nei quartieri Tamburi, Paolo VI e Città Vecchia-Borgo, l’incidenza delle malattie è particolarmente elevata. Qui, il killer invisibile ha colpito uomini e donne, spesso attraverso esposizioni indirette, come nel caso delle mogli e dei figli dei lavoratori, contaminati dagli indumenti da lavoro.

Un’emergenza che scuote la comunità

Il dramma dell’amianto non si limita a numeri e statistiche, ma si riflette nella quotidianità delle famiglie tarantine. Malattia e lutto sono diventati parte integrante della vita di molti. «Ogni vittima rappresenta un fallimento del sistema di prevenzione e tutela», ha sottolineato Bonanni, denunciando l’incapacità delle istituzioni di intervenire con decisione. L’assenza di bonifiche adeguate e di monitoraggi sanitari capillari ha lasciato la comunità esposta, alimentando un senso di abbandono e rassegnazione.

La necessità di un cambiamento radicale

Durante il suo intervento, il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto ha ribadito l’urgenza di affrontare questa emergenza con interventi concreti e immediati. «Non possiamo più permetterci di rimandare. Taranto deve essere liberata dalle catene dell’inquinamento e della malattia», ha dichiarato con fermezza. Bonanni ha quindi insistito sull’importanza di intensificare le bonifiche ambientali, definendole «una priorità assoluta per la salute pubblica» e di garantire un monitoraggio sanitario continuo per tutti i cittadini esposti.

Ha poi sottolineato la necessità di riconoscere i diritti previdenziali e risarcitori alle vittime.

«Non si può parlare di giustizia sociale senza riconoscere i danni subiti da queste persone e dalle loro famiglie».

Secondo l’avvocato, «il coinvolgimento delle istituzioni è fondamentale per accelerare i tempi di intervento e garantire il supporto necessario, sia economico sia sanitario. Taranto non può più aspettare: ha bisogno di risposte e di un impegno concreto da parte di tutti».

Taranto come simbolo di rinascita

L’emergenza amianto non è solo una tragedia locale, ma una questione nazionale che mette in discussione le priorità e le responsabilità del nostro sistema socio-economico. Taranto, con il suo passato di dolore e sacrificio, può però diventare il simbolo di un nuovo modello di sviluppo, capace di conciliare lavoro, salute e ambiente.

«Il tempo delle promesse è finito», ha concluso l’avvocato Ezio Bonanni.

«Solo attraverso interventi concreti e un impegno collettivo sarà possibile restituire dignità a questa città e alle persone che la abitano. Taranto merita di essere ricordata non per le sue ferite, ma per la sua capacità di risorgere».

Il convegno si è chiuso con un appello alla speranza e alla responsabilità, lasciando intravedere la possibilità di un futuro diverso.

La città pugliese può trasformarsi da simbolo di crisi a emblema di rinascita. L’auspicio è che possa diventare un luogo in cui il dolore del passato cede il passo alla forza e alla determinazione di una comunità che non si arrende.