Uno studio condotto dalla Rutgers University-New Brunswick ha portato a una scoperta di grande rilevanza. In particolare, è stata identificata una variante genetica legata agli aborti spontanei precoci, che si presenta come un possibile fattore chiave nell’influenzare la fertilità femminile. Questa, (una mutazione nel gene KIF18A), è responsabile di un invecchiamento accelerato delle cellule uovo, che causa anomalie genetiche nei cromosomi
La genetica dell’aneuploidia: una questione di equilibrio cromosomico e una variante pericolosa
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Uno studio della Rutgers University-New Brunswick ha portato, a una scoperta di grande rilevanza. Una variante genetica, legata agli aborti spontanei precoci, è stata identificata come un possibile fattore chiave che influenza la fertilità femminile. Questa mutazione nel gene KIF18A, inoltre, si è rivelata responsabile di un invecchiamento accelerato delle cellule uovo, provocando anomalie genetiche nei cromosomi.
La genetica dell’aneuploidia: una questione di equilibrio cromosomico
Per comprendere meglio l’importanza di questa scoperta, è essenziale analizzare il concetto di aneuploidia, ossia un’anomalia genetica caratterizzata dalla presenza di un numero irregolare di cromosomi. Ogni cellula umana sana possiede, infatti, 46 cromosomi organizzati in 23 coppie. Durante la formazione delle cellule uovo (ovociti), un processo chiamato meiosi garantisce la divisione cromosomica equilibrata. Tuttavia, errori in questa divisione possono, a loro volta, portare a cellule uovo con un numero eccessivo o insufficiente di cromosomi, una condizione spesso incompatibile con lo sviluppo embrionale.
Gli scienziati hanno dimostrato, inoltre, che la mutazione del gene KIF18A accelera l’invecchiamento riproduttivo, aumentando significativamente la probabilità di errori cromosomici già in giovane età. Questo spiega perché alcune donne, nonostante un’età anagrafica relativamente bassa, presentano una ridotta qualità ovocitaria, compromettendo la loro capacità di concepire.
La proteina kinesina e il suo ruolo
Il gene KIF18A codifica, inoltre, per una proteina chiamata kinesina, essenziale per la corretta divisione cellulare. Le kinesine, infatti, sono proteine motrici che si spostano lungo i microtubuli, una sorta di “autostrada cellulare” che trasporta organelli e molecole necessarie. Nel caso delle cellule uovo, le kinesine regolano il movimento dei cromosomi durante la meiosi, assicurandosi che ogni cellula figlia riceva il numero corretto di cromosomi.
La variante genetica scoperta nel gene KIF18A provoca, tuttavia, un’alterazione strutturale della proteina kinesina, compromettendone la funzione. I ricercatori hanno osservato che le donne portatrici di questa mutazione producono un numero elevato di cellule uovo con aneuploidia già intorno ai 30 anni, una condizione che normalmente si manifesta più tardi nella vita. Nei test di laboratorio su modelli murini, i topi con questa variante hanno mostrato, inoltre, un rapido declino nella qualità degli ovociti, confermando la natura causale della mutazione.
L’importanza della diagnosi genetica precoce
La scoperta di questa variante genetica, infatti, apre la strada a nuove possibilità nella medicina di precisione. Con test genetici mirati, le donne potrebbero conoscere il loro rischio personale di infertilità legata all’età e, di conseguenza, pianificare in modo consapevole. La crioconservazione degli ovociti in età giovane potrebbe, quindi, diventare una strategia preventiva standard per le donne portatrici della mutazione, garantendo loro maggiori opportunità di concepimento in futuro.
«Sapere in anticipo di essere a rischio può cambiare completamente il percorso di vita di una donna. Conoscere il proprio panorama genetico permette, infatti, di prendere decisioni informate, massimizzando le possibilità di successo riproduttivo», ha sottolineato Karen Schindler, professoressa del Dipartimento di Genetica della Rutgers University.
Verso una medicina riproduttiva personalizzata
Il potenziale impatto di questa scoperta, però, non si limita alla singola variante genetica KIF18A. Gli scienziati ipotizzano, infatti, che altre mutazioni simili possano influenzare la fertilità femminile. Studi futuri potrebbero, quindi, portare alla creazione di un database genetico completo, in grado di identificare tutte le possibili varianti legate a problematiche riproduttive.
Leelabati Biswas, co-autrice dello studio, ha affermato: «Questo è solo l’inizio. Ci stiamo dirigendo verso un futuro in cui la medicina di precisione sarà la norma. Identificare queste varianti ci permette, infatti, di personalizzare i trattamenti riproduttivi, migliorando le probabilità di successo».
Implicazioni etiche e sociali
La possibilità di diagnosticare varianti genetiche legate alla fertilità solleva, però, importanti questioni etiche. Fino a che punto, ad esempio, è giusto utilizzare queste informazioni per influenzare le scelte riproduttive? E come si può garantire la protezione della privacy delle donne, evitando discriminazioni o pressioni sociali basate sui loro dati genetici? Gli esperti concordano, infine, sul fatto che, mentre queste tecnologie offrono opportunità straordinarie, è fondamentale stabilire linee guida etiche per il loro utilizzo.
Un futuro di speranza per le coppie infertili
Gli aborti spontanei e l’infertilità colpiscono milioni di coppie in tutto il mondo, causando dolore e incertezza. La scoperta della variante genetica nel gene KIF18A rappresenta, dunque, una luce di speranza, offrendo nuove prospettive di trattamento e prevenzione. Se integrata con altre innovazioni nella medicina riproduttiva, questa conoscenza potrebbe rivoluzionare il modo in cui affrontiamo i problemi di fertilità, garantendo alle donne un controllo maggiore sul loro futuro riproduttivo.
Fonti
1. Rutgers University. (2024). “Scoperta una variante genetica che accelera l’invecchiamento riproduttivo.” ScienceDaily.
2. Proceedings of the National Academy of Sciences. “Maternal genetic variants in kinesin motor domains prematurely increase egg aneuploidy.”
3. Schindler, K., Biswas, L. (2024). Intervista pubblicata su Journal of Genetic Research.