La Medicina Interna è una delle colonne portanti del sistema sanitario italiano, responsabile della gestione di milioni di pazienti negli oltre 1.100 ospedali del Paese. Tuttavia, questa specialità sta attraversando una fase critica che richiede una profonda revisione organizzativa, normativa e operativa. L’alleanza tra la Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) e la Federazione delle Associazioni Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI) segna l’inizio di un percorso volto a ripensarla nel contesto attuale, sempre più complesso e caratterizzato da un invecchiamento della popolazione e da un aumento delle patologie croniche e complesse
Medicina iNTERNA: necessità di riformare le norme e i percorsi
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Il sistema ospedaliero italiano si regge su normative ormai superate.
Tra queste, il decreto Donat Cattin 109/88, che stabilisce gli standard di personale e organizzazione del lavoro. Tuttavia, queste norme non rispecchiano più la realtà della medicina interna moderna. L’affollamento dei pronto soccorso è solo uno dei sintomi di un sistema sanitario che fatica a gestire la complessità e l’aumento delle patologie croniche.
L’incontro tra SIMI e FADOI, durante il 125° congresso SIMI a Roma, ha sottolineato l’importanza della loro alleanza.
Questa collaborazione rappresenta un passo fondamentale per riorganizzare la medicina interna, rivedere i percorsi di cura e ridefinire i ruoli all’interno del sistema sanitario.
Francesco Dentali, presidente della FADOI, ha messo in evidenza l’importanza di far comprendere meglio chi siano gli internisti e il loro ruolo nella gestione di pazienti affetti da patologie complesse.
Questo cambiamento di percezione è essenziale per sensibilizzare sia la società civile che le istituzioni sul ruolo strategico che la medicina interna riveste nel sistema sanitario.
Una specialità complessa: la Medicina Interna oltre le vecchie vefinizioni
La medicina interna è spesso percepita come una specialità a bassa intensità di cura, ma la realtà è ben diversa.
Gerardo Mancuso, vicepresidente SIMI, ha evidenziato come, nel tempo, gli internisti abbiano sviluppato competenze avanzate per gestire pazienti complessi, che in passato sarebbero stati trattati in rianimazione.
Oggi, oltre il 55% dei pazienti che afferiscono ai reparti di medicina interna necessitano di un’assistenza intensiva, a causa della gravità e della complessità delle loro condizioni.
Una delle maggiori sfide per la medicina interna è quindi ottenere il riconoscimento formale di questa alta intensità di cure. Il DM 70, attualmente in esame in Senato, ha già introdotto il concetto di “subintensiva internistica”, un passo importante verso una migliore organizzazione della specialità. Tuttavia, è necessario fare un ulteriore sforzo per rivedere anche il decreto Donat Cattin e allinearlo alla nuova realtà clinica, un obiettivo che SIMI e FADOI stanno perseguendo congiuntamente.
L’appropriatezza dei percorsi di cura: una riorganizzazione necessaria
Nicola Montano, presidente della SIMI, ha sottolineato come il problema dell’appropriatezza del percorso di cura sia centrale per risolvere molte delle criticità attuali del sistema sanitario, incluso l’affollamento dei pronto soccorso. Spesso, infatti, i pazienti non trovano adeguata assistenza sul territorio e si recano autonomamente in pronto soccorso, anche quando il loro problema non è acuto. Questo genera un sovraccarico che non può essere risolto solo incrementando il personale o i mezzi in pronto soccorso.
Tuttavia, richiede una riorganizzazione dell’intero percorso di cura del paziente, dal territorio all’ospedale e ritorno.
Una delle principali difficoltà risiede nella gestione dei “bed blockers”.
Parliamo cioè di pazienti che, pur non avendo più necessità di cure acute, rimangono occupando posti letto per mancanza di strutture territoriali adeguate, come lungodegenze o servizi di riabilitazione. Questa problematica riflette una debolezza strutturale del sistema, che fatica a collegare efficacemente l’assistenza ospedaliera con quella territoriale, contribuendo all’intasamento generale del sistema.
Analisi sociale ed economica: un sistema di vasi comunicanti
Dal punto di vista sociale, la Medicina Interna si trova ad affrontare un contesto in cui l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie croniche sono in costante crescita.
Questo fenomeno porta a una pressione sempre maggiore sul sistema sanitario, che deve adattarsi per gestire pazienti sempre più complessi e con necessità assistenziali variegate.
La mancata integrazione tra assistenza territoriale e ospedaliera provoca spesso il ricorso improprio alle strutture di emergenza e ricoveri non necessari.
Il che aggrava i costi per il sistema sanitario e generando inefficienze che hanno ripercussioni sull’intero ciclo di cura.
Dal punto di vista economico, questo settore rappresenta una risorsa fondamentale per il sistema sanitario.
Allo stesso tempo, rappresenta un’area in cui si concentrano molte delle spese sanitarie, a causa della gestione di pazienti con comorbidità e patologie complesse.
Una migliore organizzazione dei percorsi di cura potrebbe ridurre drasticamente i costi associati ai ricoveri inappropriati.
Potrebbe altresì allungare il tempo di permanenza nei reparti per pazienti che, pur avendo superato la fase acuta, non possono essere dimessi per mancanza di alternative adeguate sul territorio.
In definitiva, l’alleanza tra SIMI e FADOI è solo l’inizio di un percorso che mira a ridefinire i ruoli e le competenze degli internisti.
Obiettivo? Garantire un’organizzazione più efficace e appropriata.
L’adeguamento delle normative e la creazione di percorsi di cura più fluidi sono le chiavi per affrontare un sistema sanitario sempre più sotto pressione.
Per raggiungere questi obiettivi, sarà fondamentale un impegno condiviso a tutti i livelli del sistema, da quello normativo e politico a quello organizzativo e sociale.
Solo in questo modo la medicina interna potrà esprimere tutto il suo potenziale nella cura dei pazienti più fragili e complessi.