La ricerca scientifica è in continua evoluzione, e lo studio delle alterazioni genetiche associate ai tumori offre speranze sempre più concrete di sviluppare terapie mirate. Un’importante scoperta arriva dall’Università del Michigan, dove i ricercatori hanno identificato un sottotipo aggressivo di cancro alla prostata, legato alla perdita del gene CDK12. Questo lavoro ha gettato le basi per lo sviluppo di una nuova terapia basata su un degradatore di proteine che colpisce specificamente CDK12 e il suo partner genetico, CDK13. Questa innovazione promette di migliorare notevolmente le prospettive di cura per i pazienti affetti da forme avanzate e difficili da trattare di tumore alla prostata
L’identificazione di un sottotipo di cancro alla prostata legato a CDK12
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La scoperta del gene CDK12 e del suo ruolo nella proliferazione tumorale rappresenta un passo significativo nel campo dell’oncologia. Durante un’indagine sui tumori alla prostata metastatici, i ricercatori del Rogel Cancer Center dell’Università del Michigan hanno notato che il 7% dei pazienti presentava una perdita di funzione del gene CDK12. Questo, svolge una funzione fondamentale nel controllo della trascrizione genica e nella regolazione della risposta al danno al DNA. La sua alterazione sembra influenzare la capacità delle cellule tumorali di replicarsi e riparare i danni al DNA, favorendo così la crescita incontrollata e l’aggressività del tumore.
Inoltre, la presenza di mutazioni in CDK12 non si limita al cancro alla prostata. Lo stesso gene è coinvolto anche in altre tipologie di tumore, come il carcinoma ovarico. Questo dato apre nuove possibilità di ricerca trasversale su diverse neoplasie, potenzialmente estendendo le applicazioni cliniche di un eventuale trattamento a base di degradatori CDK12/13.
Creazione di un modello murino per lo studio delle alterazioni genetiche
Per comprendere meglio il meccanismo attraverso il quale la perdita di CDK12 contribuisce allo sviluppo del tumore alla prostata, i ricercatori hanno sviluppato un modello murino in cui è stato soppresso il gene CDK12. Questo approccio sperimentale ha permesso di osservare da vicino gli effetti biologici della mutazione genetica in un sistema vivente e di identificare possibili parallelismi con le dinamiche tumorali osservate negli esseri umani.
I risultati sono stati sorprendenti. Nei topi privi di CDK12, si sono formate lesioni precancerose nella prostata. Il che suggerisce che la perdita di questo gene sia sufficiente a indurre cambiamenti cellulari significativi. Tuttavia, il tumore vero e proprio si è manifestato solo quando alla perdita di CDK12 è stata aggiunta una seconda mutazione, quella dell’oncogene p53. Questo dato conferma l’importanza dell’interazione tra più alterazioni genetiche nello sviluppo del cancro e mette in evidenza la complessità dei meccanismi alla base della malattia. Ma continuiamo ad approfondire la questione.
Il meccanismo d’azione della perdita di CDK12: sovraespressione genetica e danno al DNA
In particolare, si è osservato che la perdita di CDK12 induce la sovraespressione di altri geni oncogenici, che a loro volta stimolano la replicazione incontrollata del DNA. Questo rapido processo di duplicazione, associato alla mancanza di un sistema efficace di riparazione del DNA, conduce a danni genetici irreparabili, creando una situazione di instabilità genomica, caratteristica tipica dei tumori aggressivi.
In termini semplici, la perdita di CDK12 priva la cellula di un importante meccanismo di controllo.
Inoltre, favorisce attivamente la proliferazione cancerosa, portando a un aumento dell’aggressività del tumore.
Questa scoperta permette di identificare un preciso bersaglio terapeutico, cosa che consentirebbe di formulare terapie che mirino specificamente a bloccare i processi molecolari scatenati dall’alterazione di CDK12.
Sviluppo di un degradatore di proteine per colpire CDK12 e CDK13
Un ulteriore avanzamento dello studio è rappresentato dalla creazione di un innovativo degradatore proteico progettato per colpire sia CDK12 sia il gene correlato CDK13. Il degrado selettivo delle proteine rappresenta una nuova frontiera nella terapia del cancro, poiché consente di distruggere direttamente le proteine che contribuiscono alla progressione tumorale.
Il nuovo composto, testato sia su cellule tumorali che su modelli murini, ha dimostrato la capacità di legarsi specificamente a CDK12 e CDK13, bloccando così la crescita delle cellule tumorali senza danneggiare quelle sane.
La vera novità risiede nella modalità di somministrazione di questo farmaco. A differenza di molti altri degradatori proteici, questo composto può essere assunto per via orale, anziché per via endovenosa. Questo rappresenta un significativo miglioramento per i pazienti. Aumenta infatti la comodità e l’aderenza al trattamento. Ma non finisce qui.
Sinergie terapeutiche: il ruolo del percorso AKT e la combinazione di terapie
Durante gli esperimenti, i ricercatori hanno scoperto che la degradazione di CDK12 e CDK13 attiva un altro importante pathway molecolare, noto come il percorso AKT. Il pathway AKT è già stato associato alla progressione del cancro, poiché regola una serie di processi cellulari chiave, tra cui la proliferazione, la sopravvivenza e il metabolismo delle cellule. L’attivazione di AKT ha suggerito ai ricercatori che la combinazione di un degradatore CDK12/13 con farmaci già approvati che inibiscono il pathway AKT potrebbe avere un effetto sinergico, potenziando l’efficacia complessiva del trattamento.
Questa strategia combinatoria è particolarmente importante poiché uno dei principali problemi delle terapie antitumorali è lo sviluppo di resistenze. I tumori spesso diventano resistenti ai farmaci nel corso del tempo. Il che riduce l’efficacia delle cure.
Cancro alla prostata: prospettive future e sviluppo clinico
Il passo successivo sarà testare la sicurezza e l’efficacia del composto su pazienti.
In questo modo si potrà verificare se i risultati ottenuti su modelli animali possano essere replicati anche negli esseri umani.
Se questi test avranno esito positivo, il degradatore CDK12/13 potrebbe diventare una nuova arma nella lotta contro i tumori alla prostata più aggressivi.
La ricerca, condotta in collaborazione con esperti internazionali, come Ke Ding, chimico medicinale dell’Istituto di Chimica di Shanghai, segna un punto di svolta nell’oncologia di precisione.
Dimostra come la comprensione approfondita dei meccanismi molecolari possa portare a nuove strategie terapeutiche personalizzate e potenzialmente rivoluzionarie.