Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Nagoya e del Max Planck Institute ha evidenziato il ruolo della proteina chinasi N (PKN) nella progressione dell’insufficienza cardiaca, una condizione spesso legata all’accumulo di tessuto fibrotico nel cuore che compromette la sua capacità di pompare sangue
La fibrosi cardiaca: un problema crescente
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L’insufficienza cardiaca è una condizione cronica in cui il cuore non riesce a pompare sangue in modo efficiente per soddisfare le esigenze dell’organismo. Una delle principali cause di questa disfunzione è la fibrosi, un processo in cui il tessuto muscolare sano viene sostituito da tessuto fibrotico rigido. Questa risposta naturale del corpo a un danno, come quello provocato da un infarto, può diventare problematica quando è eccessiva.
La fibrosi compromette la capacità di contrazione e rilassamento del muscolo, riducendo il flusso sanguigno e causando sintomi debilitanti come affaticamento, difficoltà respiratorie e gonfiore alle estremità.
Il processo fibrotico è principalmente innescato dall’attivazione dei fibroblasti, piccole cellule presenti nel tessuto connettivo.
In risposta a un danno, questi fibroblasti si trasformano in miofibroblasti.
Parliamo cioè di cellule specializzate che producono proteine fibrose, come il collagene e l’elastina, fondamentali per la riparazione del tessuto danneggiato. Tuttavia, in caso di insufficienza cardiaca, questa reazione di guarigione può sfuggire al controllo, portando a un accumulo eccessivo di tessuto fibrotico. Questo processo rende il muscolo cardiaco rigido e meno efficiente, cosa che aggrava la disfunzione e i sintomi della patologia. Oggi però arriva una nuova.
La scoperta della proteina Chinasi N (PKN)
Una ricerca condotta da un gruppo giapponese guidato dai dottori Satoya Yoshida, Mikito Takefuji e Toyoaki Murohara ha fatto un passo avanti nella comprensione della fibrosi cardiaca.
Gli scienziati hanno scoperto che la proteina chinasi N (PKN) gioca un ruolo fondamentale nel processo che trasforma i fibroblasti in miofibroblasti.
Questa proteina appartiene a un gruppo chiamato serina/treonina chinasi e nei mammiferi ne esistono tre varianti: PKN1, PKN2 e PKN3. Utilizzando tecniche avanzate di analisi dell’RNA, i ricercatori hanno trovato PKN1 e PKN2 nei fibroblasti del cuore.
Per approfondire il ruolo di PKN, hanno condotto esperimenti su topi geneticamente modificati privi di PKN1 e PKN2. Nei topi con insufficienza cardiaca, l’assenza di queste proteine ha portato a una riduzione significativa di actina e collagene, due componenti cruciali per la fibrosi.
Senza PKN, i fibroblasti non si sono trasformati in miofibroblasti.
Cosa che ha prevenuto l’eccessivo accumulo di tessuto fibrotico e contribuitp a preservare la struttura e la funzione del muscolo cardiaco. Questi risultati offrono nuove prospettive per il trattamento della fibrosi cardiaca.«Anche se il nostro studio è stato condotto su modelli murini, abbiamo riscontrato che l’espressione della proteina chinasi N è presente anche nei fibroblasti umani».
A spiegarlo, il dottor Yoshida. «Questo significa che i risultati ottenuti sui topi potrebbero essere replicabili negli esseri umani. Cosa che porterebbe a nuove terapie per l’insufficienza cardiaca e altre patologie cardiache legate alla fibrosi».
PKN: un nuovo bersaglio terapeutico
Attualmente, non esistono trattamenti specifici che prendano di mira la PKN per contrastare la fibrosi cardiaca.
La maggior parte delle terapie per l’insufficienza cardiaca si concentra sul controllo dei sintomi e sulla prevenzione di ulteriori danni al cuore, attraverso l’uso di farmaci come i beta-bloccanti, gli ACE-inibitori e i diuretici.
Tuttavia, questi trattamenti non agiscono direttamente sui meccanismi cellulari che causano la fibrosi, e non sono in grado di arrestare il processo di irrigidimento del cuore.
Le scoperte del team della Nagoya University suggeriscono che lo sviluppo di inibitori specifici della PKN potrebbe rappresentare un’importante svolta nel trattamento dell’insufficienza cardiaca.
Inibendo l’attività della PKN, sarebbe possibile prevenire la conversione dei fibroblasti in miofibroblasti e ridurre la formazione di tessuto fibrotico. Cosa che può migliorare la funzione cardiaca e la qualità della vita dei pazienti.
«Le nostre scoperte rappresentano un passo significativo verso la comprensione dei meccanismi che portano alla fibrosi cardiaca e all’insufficienza cardiaca».
Ad affermarlo il dottor Mikito Takefuji, coautore dello studio. «Speriamo che questo lavoro possa portare allo sviluppo di nuovi farmaci che agiscano direttamente sulla proteina chinasi N, offrendo una nuova opzione terapeutica per i pazienti affetti da questa grave condizione».
Necessità di ulteriori approfondimenti
Sebbene lo studio rappresenti un importante progresso, i ricercatori sottolineano che sono necessari ulteriori studi per verificare se l’inibizione della PKN possa effettivamente essere applicabile negli esseri umani.
Gli studi clinici sugli esseri umani rappresentano il prossimo passo fondamentale per confermare l’efficacia di questa nuova strategia terapeutica e per valutare la sicurezza degli inibitori della PKN.
Inoltre, la scoperta del ruolo della PKN nella fibrosi cardiaca potrebbe avere implicazioni non solo per l’insufficienza cardiaca, ma anche per altre malattie legate alla fibrosi, come la fibrosi polmonare e la cirrosi epatica.