La terapia genica potrebbe offrire nuove possibilità per il trattamento della distrofia botniaca, una rara forma ereditaria di cecità. Lo evidenzia uno studio condotto dal Karolinska Institutet in Svezia
La distrofia botniaca: conosciamo questa forma di cecità ereditaria
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La distrofia botniaca, o retinopatia botniaca, volgarmente detta “cecità ereditaria” è una rara malattia della retina che porta a una progressiva perdita della vista.
A provocarla, è la degenerazione delle cellule retiniche.
La patologia prende il nome dalla regione di Botnia, nel nord della Svezia, dove fu scoperta per la prima volta e dove si osserva una prevalenza particolarmente elevata.
La malattia è stata identificata negli anni ’90 grazie agli studi condotti da ricercatori svedesi, ma casi isolati sono stati successivamente riscontrati anche in altre regioni del mondo.
La causa principale della cecità ereditaria è una mutazione del gene RLBP1, che è fondamentale per la salute e la funzione delle cellule retiniche.
Questo gene codifica per una proteina chiamata Retinaldehyde-Binding Protein 1 (RLBP1), che svolge un ruolo fondamentale nel ciclo visivo.
Parliamo cioè del processo mediante il quale la retina converte la luce in segnali elettrici, poi trasmessi al cervello per l’elaborazione delle immagini. La mutazione genetica compromette il corretto funzionamento di questa proteina, portando alla progressiva morte delle cellule della retina. Il che si traduce in una riduzione graduale della capacità visiva.
Svezia e “l’effetto del fondatore”
La cecità ereditaria ha una distribuzione geografica limitata.
Nello specifico, ha una concentrazione significativa di casi nella regione svedese di Västerbotten, dove circa una persona su tremila è colpita. Tuttavia, la sua incidenza a livello globale è estremamente rara, e si stima che solo poche centinaia di persone ne siano affette nel mondo. Come mai?
Il fenomeno è noto come “effetto del fondatore”. Questo si verifica quando una popolazione relativamente piccola e isolata ha un numero limitato di antenati, tra i quali una mutazione genetica ereditaria è presente in modo più frequente rispetto ad altre popolazioni più ampie e diversificate.
Nel caso della distrofia botniaca, si ritiene che la mutazione del gene RLBP1 sia stata introdotta in un gruppo ristretto di persone che vivevano nella regione di Botnia.
L’isolamento geografico e il basso numero di matrimoni al di fuori della comunità hanno contribuito a mantenere questa variante a livelli elevati nella popolazione locale, rispetto ad altre regioni, dove la diversità genetica e i matrimoni misti avrebbero probabilmente diluito l’impatto della mutazione.
Inoltre, va sottolineato che questa condizione genetica è recessiva, il che significa che una persona deve ereditare due copie difettose del gene (una da ciascun genitore) per sviluppare la malattia. Nelle comunità isolate come quelle della regione di Västerbotten, la probabilità di incontrare un partner che porti la stessa mutazione è più alta, aumentando così il rischio che nascano figli affetti dalla distrofia botniaca.
I sintomi e diagnosi della cecità ereditaria
Sintomi della cecità ereditaria includono una progressiva riduzione della visione notturna (nictalopia), difficoltà visive in condizioni di scarsa illuminazione, restringimento del campo visivo e, nei casi più avanzati, perdita totale della vista. I primi segni si manifestano spesso durante l’infanzia o l’adolescenza, con un peggioramento progressivo che può portare alla cecità in età adulta.
Per quanto riguarda la diagnosi, essa viene confermata attraverso una combinazione di esami clinici e genetici. Il test genetico per la mutazione del gene RLBP1 è il metodo diagnostico più accurato, mentre esami come l’elettroretinogramma (ERG) valutano la funzionalità retinica. I pazienti mostrano spesso un deterioramento della risposta della retina alla luce già nelle prime fasi della malattia.
Terapie attuali
Attualmente, non esistono trattamenti definitivi. Le opzioni terapeutiche tradizionali sono limitate a interventi sintomatici, come l’uso di ausili visivi e tecniche per gestire la riduzione della capacità visiva. Tuttavia, ricerche recenti stanno esplorando approcci innovativi, tra cui la terapia genica, che mira a correggere il difetto genetico sostituendo il gene mutato con una versione funzionante. Cerchiamo di approfondire l’argomento.
Il ruolo della terapia genica nella cecità ereditaria
Come detto, nei pazienti affetti da cecità ereditaria, una mutazione del gene RLBP1 impedisce la produzione di una proteina essenziale per il ciclo visivo.
Per correggere questo difetto, i ricercatori hanno sviluppato una tecnica che utilizza un vettore virale. Nello specifico, hanno modificato geneticamente un virus adeno-associato (AAV). Questo, privato delle sue proprietà infettive funge come una sorta di “navetta”. In tal modo, trasporta una versione sana del gene RLBP1 direttamente all’interno delle cellule retiniche malfunzionanti.
Il processo prevede un intervento chirurgico che consiste nell’iniettare il vettore virale direttamente sotto la retina, l’area dell’occhio dove si trovano le cellule responsabili della visione. Una volta inoculato, il virus penetra nelle cellule retiniche e rilascia il gene sano. A questo punto, le cellule iniziano a produrre la proteina Retinaldehyde-Binding Protein 1, ripristinando così il ciclo visivo normale e bloccando o rallentando la degenerazione.
Un vantaggio di questa terapia è che il gene corretto viene inserito solo nelle cellule retiniche senza alterare il DNA in altre parti del corpo. Questo riduce i rischi di effetti collaterali sistemici. Poiché il trattamento agisce direttamente sulle cellule malate, i risultati possono essere duraturi, e i pazienti potrebbero vedere un miglioramento della loro capacità visiva nel tempo, come dimostrato in alcuni studi.
I risultati dello studio
Lo studio condotto al St. Erik Eye Hospital di Stoccolma, guidato dal Prof. Anders Kvanta e pubblicato su Nature Communications, ha coinvolto dodici pazienti con distrofia botniaca. Dopo aver ricevuto la terapia genica, undici dei dodici partecipanti hanno mostrato miglioramenti significativi nella funzione visiva. In particolare, la visione notturna, che è frequentemente compromessa in questa malattia, è migliorata notevolmente. Inoltre, diversi partecipanti hanno riferito un miglioramento della qualità della vita.
«Questi risultati sono importanti perché la cecità ereditaria è una causa comune di cecità tra i giovani, e non esistono trattamenti per la maggior parte dei pazienti». A sottolinearlo Helder André, ricercatore del Karolinska Institutet.
«Il nostro studio dà speranza che questo grande gruppo di pazienti possa avere la vista ripristinata in futuro e supporta l’idea che la terapia genica possa funzionare per le malattie ereditarie in generale».
Ad aggiungerlo, il prof. Kvanta.
Il prossimo passo della ricerca prevede uno studio più ampio che confronterà i risultati dei pazienti trattati con quelli di un gruppo di controllo non hanno ottenuto la terapia.
Questo ulteriore lavoro sarà cruciale per confermare l’efficacia e la sicurezza della terapia genica su larga scala.