Il consumo di carne rossa e processata potrebbe aumentare il rischio di sviluppare diabete di tipo 2. È quanto rivela uno studio pubblicato su The Lancet. Alcuni ricercatori, infatti, hanno indagato la relazione tra il consumo di carne rossa non lavorata, carne lavorata e pollame e diabete di tipo 2.

Gli studi si basano in gran parte su analisi effettuate su popolazioni europee e nordamericane e hanno utilizzato dati da coorti mondiali e approcci analitici armonizzati.

Aumentata la produzione globale di carne

In tutte le popolazioni del mondo, il consumo di carne è un fattore di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2. In particolare il consumo di carne lavorata e carne rossa non lavorata. Risulta, pertanto, sempre più fondamentale ridurre il consumo di carne per la salute pubblica.

È un dato di fatto che la produzione globale di carne sia aumentata rapidamente negli ultimi 50 anni. E che il consumo di carne nella dieta superi le linee guida dietetiche ottimali in molte regioni. Ciò è correlato a un elevato carico di malattie non trasmissibili, tra cui il diabete di tipo 2. Quest’ultimo colpisce più di 500 milioni di persone in tutto il mondo e si stima che entro il 2050 ne colpirà 1 miliardo.

Relazione tra assunzione di carne e rischio diabete

Alcuni studi prospettici pubblicati mostrano un’associazione positiva tra l’assunzione di carne rossa non lavorata e di carne lavorata e il rischio di sviluppare il diabete. Tuttavia, altri studi hanno concluso che le attuali prove sono deboli e poco certe per orientare le raccomandazioni dietetiche volte a limitare il consumo di carne. A queste conclusioni si è giunti in seguito alla pubblicazione di dati e risultati simili ad altre meta-analisi. Ma i dati sono stati interpretati in modo diverso (ad esempio, senza considerare i meccanismi biologici) e attraverso diversi approcci di valutazione delle prove. Come l’approccio dell’onere della prova o l’approccio GRADE, che sono potenzialmente influenzati da bias epidemiologici. Non si possono, inoltre, escludere potenziali conflitti di interesse.

Urge un’analisi dei dati geograficamente diversificati

Le associazioni tra consumo di carne e incidenza del diabete di tipo 2 sono state eterogenee, probabilmente a causa delle variazioni nei metodi di ricerca. E delle variazioni nelle caratteristiche specifiche della popolazione (come i metodi di cottura).

Oltre all’eterogeneità dei risultati pubblicati, le prove esistenti mostrano uno squilibrio geografico. La maggior parte degli studi proviene da popolazioni degli Stati Uniti e dell’Europa. Pochi dall’Asia e da altre aree, che evidenzia la necessità di una valutazione in popolazioni diverse.

Un’analisi di dati geograficamente diversificati è fondamentale per caratterizzare l’associazione tra consumo di carne e incidenza del diabete.

A nostra conoscenza, nessuno studio fino ad oggi ha condotto una meta-analisi di dati di singoli partecipanti per indagare l’associazione tra consumo di carne e diabete di tipo 2 incidente.

Necessarie indagini su modelli alimentari sostenibili

Lo studio ha ipotizzato che l’assunzione di carne rossa non lavorata e di carne lavorata sia associata a una maggiore incidenza del diabete. E che il consumo di pollame non sia associato a questo rischio, diventando un’alternativa più sana alla carne rossa non lavorata e alla carne lavorata.  

I risultati attuali supportano l’idea che ridurre il consumo di carne potrebbe giovare alla salute pubblica riducendo l’incidenza della malattia.

Rimane l’incertezza riguardo all’associazione positiva con il consumo di pollame, che dovrebbe essere ulteriormente studiata.

Urgono ulteriori indagini su modelli alimentari sostenibili per ridurre il consumo di carne e il suo effetto su altre malattie non trasmissibili, multimorbilità e salute mondiale.