Il sistema sanitario e, in particolare, quello ospedaliero, ha come obiettivo la tutela della salute umana. Ma al tempo stesso contribuisce all’inquinamento e alla crisi climatica che causano tante malattie. Sono questi i paradossi della sanità da superare al più presto, visto che in futuro prestazioni e servizi sanitari sono destinati ad allargarsi non solo geograficamente. È stato calcolato che nel 2050 gli ospedali emetteranno in atmosfera 6 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, con gravi conseguenze per il riscaldamento globale. È necessario, pertanto, che la gestione dei sistemi sanitari diventi più sostenibile, senza, tuttavia, incidere sul livello delle prestazioni.
Secondo il network internazionale Health Care Without Harm (HCWH), se il settore sanitario globale fosse una nazione sarebbe il quinto Paese più inquinante della Terra.
Di questo si è discusso nel convegno “Hospital building management – L’impronta climatica delle strutture ospedaliere e sanitarie”, nell’ambito di Exposanità.
Un sistema sanitario a “zero” emissioni
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Nel corso di Exposanità, la manifestazione dedicata alla sanità in corso a Bologna, è intervenuta la Società Italiana dell’Architettura e dell’Ingegneria per la Sanità (SIAIS).
La Società ha illustrato i piani d’azione dettagliati per un sistema sanitario a “zero” emissioni con esempi nazionali ed internazionali.
Strutture, attrezzature, farmaci, attività possono avere un forte impatto sull’ambiente. Le azioni da mettere in campo per tutto il settore sanitario sono innanzitutto massimizzare l’efficienza energetica degli edifici. E inoltre gestire e ottimizzare l’utilizzo degli spazi, sostituire le fonti di energia fossile con energie rinnovabili, promuovere la digitalizzazione e la telemedicina.
«L’impronta ecologica degli ospedali, o meglio, dei servizi sanitari comprende in primis quella dovuta alle loro attività, ai prodotti e alle tecnologie che usano. E anche all’energia e alle risorse naturali che consumano, ai rifiuti che generano, agli edifici che costruiscono e occupano». Così Simona Ganassi Agger, architetta e membro di SIAIS.
Progettare ospedali che rispondano ai requisiti moderni
Occorre, innanzitutto, progettare ospedali che rispondano ai requisiti più moderni in tema di efficienza energetica. Ma riducendo il consumo di suolo, alimentandoli a rinnovabili, digitalizzandoli, e rendendo più facile l’accesso anche attraverso i mezzi pubblici.
La gestione degli edifici (riscaldamento, raffrescamento e illuminazione) rappresenta solo il 10% del totale delle emissioni. Uno dei punti fondamentali riguarda le prestazioni. Per effettuare 1000 esami del sangue si produce una CO2 equivalente a 700 chilometri percorsi in automobile. Questi diventano 145 se rapportati a una singola risonanza magnetica.
«In una visione sistemica, sarebbe corretto aggiungere anche l’impronta indiretta – ha aggiunto Agger – cioè la generazione di trasporto di pazienti e forniture».
Ospedali funzionanti con un consumo minimo di energia
La sostenibilità, secondo Daniela Pedrini, presidente SIAIS, «è l’applicazione dello sforzo durante la progettazione e la costruzione. Sforzo che deve consentire il funzionamento con il minor consumo possibile di energia, acqua, materiale e rifiuti. Senza compromettere la sicurezza o avere un impatto negativo sui risultati delle cure dei pazienti. La sostenibilità dovrebbe essere raggiunta applicando obiettivi misurabili con un monitoraggio regolare e accurato e dovrebbe anche ridurre gli impatti finanziari. Le nuove strutture ospedaliere e sanitarie dovrebbero essere costruite per raggiungere emissioni aggregate inferiori del 50% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030. E fino a zero emissioni entro il 2050. Le nuove tecnologie – conclude Pedrini – come l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione, permettono di contribuire a giungere a questi risultati».