La malaria è una malattia antichissima che ha afflitto le popolazioni umane per millenni. Grazie all’analisi del genoma mitocondriale di un antico scheletro romano, un gruppo di ricercatori è riuscito a tracciare il percorso e l’evoluzione di questa malattia
Il mistero chiamato “malaria”: salto nel passato alla ricerca degli indizi
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La malaria, patologia infettiva causata da un parassita del genere Plasmodium falciparum, ha rappresentato e rappresenta tuttora una sfida medico- scientifica.
Ma la sua storia è avvolta in un mistero antico.
Si dice che il Plasmodium abbia avuto origine in Africa, tra 50mila e 60mila anni fa, prima di diffondersi lentamente in tutto il mondo. Ma quando ha fatto il suo ingresso in Europa? Gli esperti concordano sul fatto che abbia raggiunto l’Europa almeno 2mila anni fa, durante l’epoca dell’Impero Romano.
«I ceppi indiani erano già qui in Europa all’epoca», spiega il paleogenomicista Carles Lalueza Fox. «Forse è arrivato con le onde della globalizzazione, durante il periodo ellenistico, quando i Greci per primi lo descrissero».
Ma come ha influenzato le società antiche e come si è diffuso attraverso le migrazioni umane e le rotte commerciali rimane un enigma da risolvere. Prima di addentrarci nello studio, utile conoscere la malattia.
Focus sulla malaria
Come detto, la malaria è una malattia infettiva causata da parassiti del genere Plasmodium e trasmessa agli esseri umani attraverso le punture di zanzara infette del genere Anopheles. Il parassita può provocare sintomi gravi e potenzialmente letali, se non trattati adeguatamente.
Quanto ai sintomi, comunemente includono febbre, brividi, sudorazione, mal di testa, nausea e affaticamento. In casi gravi, può causare complicazioni come anemia, insufficienza renale, problemi respiratori e persino la morte.
La malaria è diffusa principalmente nelle regioni tropicali e subtropicali del mondo, in particolare nell’Africa subsahariana, in alcune parti dell’Asia e dell’America Latina. Parliamo cioè di aree con una presenza significativa di zanzare Anopheles infette.
Trattamento antimalarico
Per trattare la malaria, vengono utilizzati diversi tipi di farmaci antimalarici, che possono variare a seconda del tipo di Plasmodium coinvolto e della sua resistenza ai farmaci in determinate aree. Alcuni dei farmaci comunemente utilizzati includono:
Clorochina e idrossiclorochina: in passato erano efficaci contro alcune forme di malaria, ma oggi la resistenza è diventata un problema in molte parti del mondo;
Artemisinina e derivati: spesso utilizzati in combinazione con altri farmaci per prevenire la resistenza (oggi la terapia standard);
Meflochina: può essere utilizzato per la prevenzione e il trattamento della malaria, ma può causare effetti collaterali e può non essere adatto a tutti;
Doxiciclina e altre tetracicline: sono degli antibiotici utilizzati per la prevenzione della malaria in alcune situazioni e per il trattamento di alcune forme della malattia;
Atovaquone-proguanil (Malarone): farmaco antimalarico efficace, utilizzato sia per la prevenzione sia per il trattamento della malaria.
È importante sottolineare che la prevenzione è fondamentale per ridurre il rischio di contrarre la malaria nelle aree endemiche. Ciò include l’uso di repellenti per insetti, la protezione con abbigliamento a maniche lunghe e pantaloni lunghi, l’uso di zanzariere durante il sonno e l’assunzione di farmaci antimalarici profilattici sotto la supervisione di un medico.
Il chinino: punti di forza nel trattamento della malaria
Il chinino è stato utilizzato per secoli nel trattamento della malaria ed è ancora utilizzato in alcune circostanze. Ecco alcuni dei suoi meccanismi d’azione principali:
Interferenza con il metabolismo del parassita: altera il metabolismo del parassita della malaria all’interno dei globuli rossi, interrompendo la sua capacità di ottenere nutrienti essenziali e provocando la sua morte;
Inibizione della replicazione del parassita: può inibire la replicazione del parassita all’interno dei globuli rossi, riducendo così il numero di parassiti nel corpo e rallentando la progressione della malattia;
Effetti sul sistema nervoso del parassita: può influenzare il sistema nervoso del parassita della malaria, causando paralisi o morte del parassita.
Ma c’è un ma…
Punti di debolezza
Il chinino è stato uno dei primi farmaci utilizzati per trattare la malaria ed è stato di fondamentale importanza per ridurre l’incidenza e la gravità della malattia. «Ma la malaria e noi, gli esseri umani, siamo in una costante evoluzione», sottolinea Fox.
Di conseguenza, tende ad adattarsi ai cambiamenti. Partendo da questo assunto, gli scienziati dell’Università di Vienna hanno deciso di studiare i genomi di antichi plasmodi (un genere di sporozoi, che provocano la malaria nell’uomo), così da comprendere l’adattamento a vari trattamento antimalarici nel corso dei secoli. Un’impresa ardua, visto che non sempre la qualità della conservazione del DNA è ottimale.
Quando la fortuna è tutto
In una prestampa pubblicata sul server bioRxiv, il team ha annunciato di aver identificato la prima sequenza completa del genoma mitocondriale di P. Falciparum. Un colpo di fortuna!
Meno fortunato è l’antico malato: un romano vissuto nel secondo secolo d.C, conosciuto come Velia-186.
Daniel Neafsey, studioso della genomica dei parassiti della malaria afferma «Questi antichi resti ci offrono finalmente un indizio prezioso sulla storia della malaria in Europa». Me entriamo nel vivo dello studio.
Estratto dai denti del corpo, il DNA del parassita ha rivelato 5.458 frammenti unici di informazioni genetiche. Cosa che ha consentito di ricostruire una sequenza che copre il 99,1% del genoma mitocondriale. Ma c’è di più.
Un’analisi accurata ha svelato una sorprendente connessione: la sequenza Velia-186 è strettamente correlata a ceppi moderni trovati in India.
La scoperta solleva dunque affascinanti interrogativi sulla diffusione del Plasmodium e sulle antiche rotte commerciali che hanno collegato l’Europa all’India.
Non cantiamo vittoria
Lo studioso di genomica evolutiva dei parassiti della malaria e delle zanzare vettori Daniel Neafsey, definisce questo lavoro un “tour de force tecnico“.
Una testimonianza dell’ingegno umano nel campo limitato dell’antica genomica della malaria. Tuttavia, ci avverte di interpretare con cautela questi risultati, poiché gli indizi sono ancora pochi e le storie che essi raccontano possono essere più complesse di quanto sembrino.
E così, la ricerca continua, guidata dalla curiosità degli esperti.
Ma dove trovare nuove tracce del Plasmodium, se non nei mitocondri dei nostri antenati? Lalueza Fox suggerisce di esplorare ogni angolo nascosto del passato: antiche ossa, attrezzature mediche sepolte nel tempo e persino esemplari di zanzare conservate nei musei. «Unire le storie raccontate da queste fonti eterogenee ci permetterà di dipingere un quadro più completo di questa antica malattia», rimarca. “Chissa quali segreti possiamo scoprire sulle strade del Plasmodium, e quali lezioni impareremo dal passato?»
E mentre i nostri investigatori moderni continuano a seguire le tracce del Plasmodium falciparum nel labirinto del passato, ciò che scopriranno potrebbe arricchire il nostro bagaglio di conoscenze e insegnarci importanti lezioni sull’adattamento umano e sulla resilienza di fronte alle malattie. La ricerca continuerà, alimentata dalla speranza di svelare i segreti nascosti dell’antica saga della malaria.