La coordinazione gambe- occhi è al centro di uno studio condotto dai neuroscienziati della Scuola di Psicologia dell’Università di Sydney, i quali hanno svelato una relazione precedentemente sconosciuta tra percezione e movimento. L’autore principale dello studio, il dottor Matthew Davidson spiega che la ricerca colma un divario tra la psicologia sperimentale e il nostro comportamento quotidiano naturale. Facciamo luce sull’arcano
I misteri della coordinazione gambe-occhi
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La coordinazione gambe-occhi ha da sempre affascinato gli scienziati.
Ebbene uno studio australiano ha deciso di approfondire l’argomento.
Risultato?
Lo studio ha confermato che il nostro “cervello visivo” opera in modo simile a uno stroboscopio, uno strumento che permette di osservare e studiare un oggetto in un moto. In che modo? Campionando regolarmente il mondo circostante prima di ricomporlo e tradurlo in un’esperienza fisica.
Cosa significa?
Davidson ha praticamente evidenziato che la percezione visiva e uditiva segue un modello ciclico, con il cervello che cattura circa otto frammenti di informazione al secondo.
Il collega David Alais ha quindi spiegato che le oscillazioni nel modo in cui il cervello campiona il mondo, rallentano durante la camminata per adattarsi al ritmo dei passi. «Quando camminiamo, facciamo circa due passi al secondo e manteniamo generalmente un ritmo costante. Le oscillazioni nella sensibilità visiva avvengono anch’esse a circa due cicli al secondo e sono sincronizzate con il ritmo dei passi. In alcuni partecipanti, queste oscillazioni avvengono a quattro cicli al secondo, ma anche in questo caso sono allineate al ritmo del passo».
Ma come si è arrivati alla conclusione?
Test di coordinazione
Per condurre l’esperimento, i ricercatori hanno reclutato 45 partecipanti e li hanno fatti camminare avanti e indietro lungo un percorso virtuale lungo 10 metri, utilizzando dei visori per la realtà virtuale (VR) e un rilevatore del movimento. Durante ogni camminata, che durava circa nove secondi, i partecipanti so sono confrontati con degli stimoli visivi casuali, compresi tra zero e otto. Questi stimoli erano gli stessi anche durante le prove stazionarie, quando i partecipanti rimanevano fermi. Durante tutto il tempo, il movimento degli occhi e della testa veniva monitorato, insieme a informazioni dettagliate sull’andatura e sulla camminata.
Dei 45 soggetti coinvolti nello studio, i dati raccolti sono risultati insufficienti per sette di loro. Tuttavia, nei set di dati dei restanti 38 soggetti, è stato registrato che la percezione visiva diminuiva durante la camminata nell’83% dei casi.
Per garantire la trasparenza e l’accessibilità dei risultati, i dati comportamentali generati durante lo studio sono stati depositati in un database pubblico, con un codice di accesso per il riferimento futuro e per consentire ad altri ricercatori di esaminarli.
Risultato? Si è scoperto che la nostra visione attraversa fasi positive e negative ad ogni passo.
Ma perché i processi percettivi del nostro cervello sono così strettamente legati al camminare?
Il professor Alais ha ipotizzato che durante la fase di appoggio del piede, la visione diventa meno prioritaria rispetto al controllo motorio, ma una volta entrati nella fase di oscillazione tra i passi, il cervello ritorna a dare priorità al campionamento percettivo del mondo, creando un ritmo percettivo continuo che si sincronizza con la frequenza dei passi.
Perplessità e dubbi
I risultati sollevano domande intriganti. Ad esempio, come si modula la percezione del suono e del tatto mentre camminiamo? E quali sono le implicazioni a livello di attività neurale?
Il dottor Davidson ha suggerito che queste scoperte potrebbero portare allo sviluppo di test diagnostici più accessibili e semplici utilizzando visori VR, e potrebbero essere utilizzate per individuare precocemente disturbi neuromuscolari o malattie psichiatriche che potrebbero manifestarsi con andature anomale. Inoltre, queste informazioni potrebbero essere applicate nella ricerca scientifica dello sport per ottimizzare le decisioni e i tempi di reazione degli atleti.
E ancora: se il nostro cervello campiona il mondo con impulsi ritmici, perché la nostra percezione cosciente appare così continua e fluida? Il professor Verstraten spiega che questa era una domanda tradizionalmente riservata ai filosofi, ma grazie alla tecnologia, i neuroscienziati sono stati in grado di far luce su questo enigma.
Attualmente, si crede che il cervello sia una sorta di macchina predittiva che costruisce attivamente la nostra percezione, anticipando ciò che dovremmo percepire e riempiendo eventuali spazi vuoti. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per approfondire questa comprensione e gettare luce su questo intricato processo cerebrale.
Importanza dello studio
La nuova scoperta sui cambiamenti nella percezione visiva ha implicazioni fondamentali per comprendere il comportamento umano, inclusi i processi decisionali e le interazioni con l’ambiente circostante.
Il lavoro di ricerca è stato condotto dal dottor Matthew Davidson insieme ai suoi colleghi, il professor David Alais e il professor Frans Verstraten.
Fonte
Camminare modula le prestazioni di rilevamento visivo in base alla fase del ciclo del passo, Nature Communications (2024).
Materiale fornito dall’Università di Sydney