Un bimbo di poco più di tre anni è stato sottoposto a un trapianto di microbiota presso l’IRCCS Sant’Orsola di Bologna. Si tratta del bambino più piccolo mai trattato in Europa per questa patologia, ovvero GvHD, la complicanza post trapianto di midollo “da rigetto contro l’ospite”. Una delle più temute e spesso fatale. Secondo la letteratura è il secondo caso per età al mondo.
Il piccolo, affetto da leucemia mieloide, è arrivato dalla Bosnia al Sant’Orsola con la sua famiglia grazie al supporto dell’Associazione Ageop-Ricerca.
All’IRCCS è stato eseguito il trapianto di cellule staminali emopoietiche, donate dalla madre, dai professionisti dell’Oncoematologia Pediatrica guidata da Arcangelo Prete.
Dopo il trapianto, si è presentata la GvHD intestinale, la temuta complicanza da malattia del “rigetto contro l’ospite”. È stato, pertanto, ricoverato per due mesi e sottoposto a cinque linee di terapia immunosoppressiva, tra cui anche un farmaco sperimentale, ma senza alcuna risposta.
Il trapianto di microbiota deve essere autorizzato
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Il piccolo presentava sintomi severi e preoccupanti. Per questo «abbiamo deciso di confrontarci con i professionisti dell’IRCCS in ambito di trapianto di microbiota», afferma Riccardo Masetti, Oncologia Pediatrica dell’IRCCS. «Studiamo da tempo gli effetti benefici della composizione del microbiota nei bambini prima del trapianto. Ora abbiamo voluto metterli in campo per questo caso difficile di complicanza post-trapianto».
Il microbiota intestinale è l’insieme dei microrganismi effettivi dell’intestino. È responsabile del nostro stato di salute, della metabolizzazione di alcuni nutrienti e della produzione di metaboliti che hanno un effetto positivo anche sull’equilibrio mentale. Infatti, la stabilità del microbiota intestinale è in grado di influenzare positivamente i processi cerebrali.
Ad oggi, però, il trapianto di microbiota è autorizzato solo per l’infezione da Clostridium difficile ricorrente o refrattario al trattamento antibiotico standard. Applicarlo per la cura di patologie differenti, come in questo caso, richiede un particolare procedimento autorizzativo con il Centro Nazionale Trapianti.
Molti studi confermano il potenziale della procedura
Solo pochi mesi fa, Blood, prestigiosa rivista internazionale in materia, ha pubblicato uno studio dell’Oncoematologia Pediatrica dell’IRCCS. Studio che prova il collegamento tra il buon esito del trapianto e la salute del microbiota nei pazienti pediatrici. Si tratta del più grande studio al mondo per numero di casi studiati.
«Siamo stati d’accordo nel trattare il piccolo con un trapianto di microbiota», spiega Giovanni Barbara, Dir. Gastroenterologia e Responsabile del Centro Trapianto di Microbiota dell’IRCCS. «Abbiamo potuto contare sui numerosi studi internazionali, compresi quelli sviluppati all’IRCCS che confermano l’enorme potenziale di questa procedura su patologie complesse. Già dopo la prima infusione di microbiota la situazione è subito migliorata, abbiamo deciso quindi di procedere con una seconda per consolidare il risultato. La sintomatologia è del tutto regredita e la restante terapia immunosoppressiva è stata gradualmente ridotta. Oggi il piccolo è tornato a casa con la sua famiglia».
Come si sceglie un microbiota perfetto per il trapianto
Il microbiota si ottiene dopo una lunga selezione di potenziali donatori e attraverso l’analisi dettagliata e approfondita del loro microbiota. Queste procedure prevedono una valutazione microbiologica per escludere la presenza di microbi patogeni nel campione del donatore. In seguito il prodotto è trattato e conservato nella banca del donatore di microbiota fino al momento del trapianto. L’arruolamento di potenziali donatori all’IRCCS procede bene, nonostante il processo sia molto selettivo. Risultano idonei solo il 10% dei donatori. In questo caso il donatore è un soggetto sano di 42 anni.