L’interstiziopatia polmonare è una complicanza polmonare che in Italia colpisce oltre il 10% dei pazienti con artrite reumatoide. Infatti, si calcola siano più di 30mila le persone affette da tale problema che condiziona negativamente l’aspettativa e la qualità della loro vita. Ecco perché appare sempre più necessario definire un percorso diagnostico-terapeutico assistenziale (PTDA) per fronteggiare il disturbo, percorso che sia realmente operativo sull’intero territorio nazionale.
È l’Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR) ad avanzare tale richiesta al fine di migliorare le condizioni dei pazienti.
L’artrite reumatoide è una delle patologie reumatologiche più diffuse. In Italia si registrano in totale oltre 300mila casi e le donne risultano essere le più colpite, in particolare quelle in età fertile, tra i 35 e i 40 anni. Si tratta di una forma di artrite infiammatoria cronica auto-immune che coinvolge le articolazioni di mani, piedi, polsi, caviglie, ginocchia, anca, gomito e spalla.
Interstiziopatia polmonare, come si manifesta
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«L’interstiziopatia polmonare si caratterizza per dispnea, tosse secca cronica, debolezza, stanchezza, dolore toracico, perdita di appetito e di peso». È quanto spiega Mauro Galeazzi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio CAPIRE. «Sono tutti sintomi aspecifici e riconducibili a molte altre malattie e per questo risulta davvero difficile ottenere una diagnosi precoce. Tuttavia i ritardi possono avere gravi conseguenze dal momento che un terzo delle complicanze può evolvere in fibrosi polmonare. In questo caso si determina un danno dell’organo irreversibile e un peggioramento generale di tutti i sintomi respiratori».
Gian Domenico Sebastiani, Presidente della Società Italiana di Reumatologia-SIR, aggiunge che: «A livello reumatologico l’interstiziopatia non interessa solo l’artrite reumatoide. Ma anche i pazienti colpiti da lupus eritematoso sistemico, malattia mista del tessuto connettivo, sindrome di sjögren e sclerosi sistemica. È dunque un problema molto frequente che viene solitamente individuato attraverso una visita medica e un esame clinico del torace.
Complicanze polmonari da artrite reumatoide, quali terapie?
Non tutti i pazienti necessitano di un trattamento farmacologico. Ciò deve essere valutato considerando diversi fattori come età, abitudini, altre malattie e terapie assunte. «Una delle difficoltà maggiori – continua Sebastiani – è che i farmaci efficaci contro l’artrite reumatoide, ad esempio quelli biologici, non determinano nessun beneficio clinico sull’interstiziopatia».
È fondamentale, tuttavia, che i pazienti si sentano seguiti. Perciò «il PTDA deve essere considerato dalle Istituzioni come uno strumento che si pone l’obiettivo di contenere i costi che gravano sul servizio sanitario nazionale». Ad affermarlo è Silvia Tonolo, Presidente Nazionale ANMAR, che così continua: «Ai pazienti occorre sentirsi presi in carico nella gestione di una complicanza particolarmente insidiosa. All’interno di questo percorso, il malato deve essere parte attiva ed integrante dell’intero processo assistenziale. Per questi motivi, la definizione del PDTA potrebbe uniformare tutti gli interventi diagnostici-terapeutici. Inoltre, porterebbe a notevoli vantaggi in termini di ottimizzazione dell’utilizzo di tutte le risorse disponibili».
Chi è a rischio di interstiziopatie polmonari
L’artrite reumatoide «può colpire anche i polmoni», ribadisce Alfredo Sebastiani, Direttore Day Hospital Pneumologico e Interstiziopatie Polmonari Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini, Roma. «I pazienti da considerare più a rischio di interstiziopatie sono di genere maschile, fumatori o ex fumatori, di età sopra i 60 anni. Essi presentano alti livelli di anticorpi anti citrullina e fattore reumatoide e hanno una maggiore attività di malattia. L’assistenza e la cura risultano ancora complicate e andrebbero affidate ad un team multidisciplinare formato da reumatologi, pneumologi e radiologi con un’esperienza sufficiente di malattie rare. Solo così possiamo garantire un buon livello d’assistenza e anche la somministrazione delle terapie più aggiornate che al momento sono gestite da pochi centri esperti».