La vulvodinia, una condizione dolorosa cronica che colpisce fino al 15% delle donne, è spesso sottovalutata e difficile da diagnosticare. Un corso multidisciplinare al Policlinico Gemelli punta a migliorare la comprensione e il trattamento di questa patologia
La vulvodinia: un disturbo invisibile ma devastante
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La vulvodinia è una patologia cronica caratterizzata da dolore persistente o bruciore nella zona vulvare, senza segni visibili di infezione o lesione.
Questo disturbo, che colpisce prevalentemente le donne in età fertile, ha un impatto significativo sulla qualità della vita.
Interferisce infatti con le attività quotidiane, la sfera intima e il benessere psicologico. Nonostante la sua diffusione – interessa circa il 10-15% delle donne – la condizione è spesso sottodiagnosticata. Il che, porta le pazienti a convivere con il dolore per anni prima di ricevere una diagnosi adeguata.
Uno degli aspetti più complessi della vulvodinia è la sua natura multifattoriale. Le cause esatte non sono ancora completamente comprese, ma si ritiene che possano includere fattori neurologici, genetici, muscoloscheletrici, infettivi e psicologici. Questo rende indispensabile un approccio multidisciplinare per la diagnosi e il trattamento.
I sintomi e l’impatto della vulvodinia
Le donne che soffrono di vulvodinia descrivono il dolore come un bruciore persistente, una sensazione di puntura o irritazione che può manifestarsi spontaneamente o durante determinate attività, come il rapporto sessuale, l’uso di tamponi o anche semplicemente lo stare sedute. Questa condizione non è solo fisicamente debilitante, ma anche psicologicamente logorante. Il dolore cronico può portare a depressione, ansia e isolamento sociale, creando un ciclo difficile da spezzare.
In molti casi, si presenta senza segni fisici visibili, rendendo difficile per medici e pazienti identificarla e affrontarla. Questo contribuisce alla stigmatizzazione del disturbo, con molte donne che si sentono incomprese o ignorate dal sistema sanitario.
Il corso “Vulvodinia, uno sguardo oltre la vulva”
Per migliorare la comprensione e il trattamento della vulvodinia, il Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS ha ospitato il corso intitolato “Vulvodinia, uno sguardo oltre la vulva”, dedicato a sensibilizzare e formare gli operatori sanitari su questa complessa patologia. Il programma ha offerto un’occasione unica per approfondire strumenti diagnostici aggiornati e approcci terapeutici innovativi, mirati a migliorare la qualità delle cure.
L’vento, che si è svolto nell’Aula 617 del Policlinico, è stato presieduto dalla professoressa Antonia Carla Testa, associata in Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica e direttrice del Centro di Ecografia in Oncologia Ginecologica. Le dottoresse Monia Marturano, della UOC Chirurgia Ginecologica del Policlinico Gemelli, e Daniela Caramazza, della UOC Ostetricia e Patologia Ostetrica dell’Ospedale Isola Tiberina, hanno guidato l’evento in qualità di responsabili scientifiche.
L’iniziativa ha riunito medici, ginecologi, psicologi, fisioterapisti e altri professionisti della salute, offrendo un’importante piattaforma per condividere conoscenze, discutere le più recenti evidenze scientifiche e valutare nuovi approcci terapeutici. L’obiettivo centrale del corso era quello di promuovere percorsi di cura personalizzati, capaci di rispondere alle esigenze specifiche delle pazienti e di garantire un approccio multidisciplinare alla gestione della vulvodinia.
Approccio multidisciplinare e personalizzato
Durante l’evento, è stata sottolineata l’importanza di un approccio terapeutico integrato e personalizzato nella gestione della vulvodinia.
La dottoressa Marturano ha evidenziato che sono state discusse le ricerche in corso, sia in ambito genetico sia farmacologico.
Obiettivo? Individuare nuove terapie locali e approcci multimodali capaci di affrontare la problematica in modo più ampio. In particolare, l’attenzione si è focalizzata su tecniche come la terapia del pavimento pelvico, il biofeedback e l’utilizzo di farmaci topici per alleviare il dolore.
Un aspetto cruciale del corso è stato l’analisi delle ricerche in corso sulla vulvodinia. Gli studi genetici stanno cercando di identificare eventuali predisposizioni ereditarie, mentre la farmacologia sta sviluppando nuovi farmaci per il trattamento del dolore cronico. Inoltre, gli esperti hanno illustrato le prospettive future per migliorare la diagnosi precoce, una componente essenziale per aumentare l’efficacia delle terapie.
L’importanza della sensibilizzazione
Il corso ha anche esplorato l’importanza di sensibilizzare la società su questa patologia invisibile. La mancanza di consapevolezza porta molte donne a soffrire in silenzio, ed è fondamentale che gli operatori sanitari siano preparati a riconoscere i sintomi e a offrire supporto adeguato.
La dottoressa Marturano ha sottolineato che l’evento scientifico ha voluto affrontare l’argomento in modo multidisciplinare e multimodale, al fine di poter offrire alle pazienti soluzioni il più adeguate e aggiornate possibili.
In conclusione, il corso ha rappresentato un’importante occasione per medici, ginecologi, psicologi, fisioterapisti e altri professionisti della salute di condividere conoscenze e discutere nuovi approcci terapeutici, in grado di garantire alle pazienti percorsi di cura personalizzati e basati sulle più recenti evidenze scientifiche.