La sicurezza sul lavoro è l’insieme di tutte le misure atte a tutelare la salute e l’incolumità dei lavoratori nell’ambiente in cui svolgono le proprie mansioni. E’ un obbligo di legge, oltre che di un diritto acquisito dai lavoratori, quello di svolgere l’attività in un luogo che rispetti le misure di sicurezza.
La tutela della salute è anche interesse della collettività, perché presuppone il rispetto della dignità umana ed è una delle basi per l’esercizio anche degli altri diritti.
La prevenzione dei rischi e la tutela dei lavoratori affondano le radici nella direttiva quadro 89/391 e successive modifiche. La direttiva europea infatti obbliga i datori di lavoro ad adottare tutte le misure per rendere il luogo di lavoro più sano e sicuro, per prevenire malattie ed incidenti. Le misure preventive diventano parte dei processi di gestione generale aziendale. Peraltro la direttiva riguarda tutti i settori d’attività privati o pubblici, ma “non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongono in modo imperativo. In questo caso, si deve vigilare affinché la sicurezza e la salute dei lavoratori siano, per quanto possibile, assicurate“. Così recita il testo.
La direttiva 89/391 ha inoltre introdotto il principio della valutazione dei rischi quale elemento chiave e ne ha specificato gli elementi principali. La prevenzione dei rischi diventa alla fonte perché presuppone almeno due aspetti:
- “il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro“;
- gli obblighi dei lavoratori non intaccano il principio della responsabilità del datore di lavoro.
I principi generali per la salute e la sicurezza sul lavoro
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L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiara che “la salute sul lavoro riguarda tutti gli aspetti di salute e sicurezza sul lavoro ed ha una elevata attenzione alla prevenzione primaria“. La salute è dunque uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non limitato ad una mera assenza di malattia o infermità“.
Questo concetto è stato recepito del tutto nel D. Lgs. 81/08, che presuppone l’assistenza sanitaria anche in caso di infermità e di fallimento della prevenzione primaria.
I principi generali di prevenzione per la sicurezza sul lavoro sono stati imposti dall’Europa con la direttiva 89/391 e dalle sue successive modificazioni. Questi sono:
- evitare i rischi e valutare quelli che non possono essere evitati;
- combattere i rischi alla fonte;
- “adeguare il lavoro all’uomo”, per evitare o attenuare il più possibile il lavoro monotono e ripetitivo, e ridurne gli effetti sulla salute;
- considerare il grado di evoluzione della tecnica;
- sostituire quanto c’è di pericoloso cercando di eliminare o ridurre il rischio;
- programmare la prevenzione e dare priorità alle misure di protezione collettiva;
- istruire al meglio i lavoratori.
Sicurezza sul lavoro in Italia, la legge in materia
In Italia ci sono leggi specifiche per ciò che concerne la sicurezza sul lavoro. Le basi normative risiedono negli articoli 32, 35 e 36 della Costituzione, oltre che nel DPR 547/1955 (norme contro gli infortuni sul lavoro) e il DPR 303/1956 (norme per l’igiene sul lavoro), con le tutele ampliate nella legge 300/70 (statuto dei lavoratori).
Le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro sono contenute nel Testo Unico sulla sicurezza (decreto legislativo 81/2008). La legge identifica il datore di lavoro come il “soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa“.
Il testo normativo dà inoltre una lunga e dettagliata definizione di “lavoratore“, inquadrando nella categoria anche quanti non hanno un contratto tra i più tutelanti, oppure non lo ha affatto.
Tutte le categorie considerate “lavoratori”
La legge indica come lavoratore la “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”.
E specifica inoltre altre categorie equiparate:
- “il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente stesso;
- l’associato in partecipazione di cui all’articolo 2549, e seguenti del Codice civile;
- il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della Legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle Leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro;
- l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione;
- i volontari del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile;
- il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni (lavori socialmente utili, ndr)”.
Prevenzione e sicurezza sul lavoro
“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro“. Si tratta di un principio sancito dall’articolo 2087 del codice civile.
La scelta più saggia sul luogo di lavoro è quella della sicurezza. Non intesa soltanto come riduzione del rischio, ma come sua rimozione alla radice. E questo al di là delle dimensioni di una azienda. La sicurezza presuppone la prevenzione e la prevenzione primaria ne è la forma più elevata. Un esempio è sicuramente quello dell’amianto: bonificare l’ambiente significa eliminare le esposizioni e ciò equivale ad eliminare il rischio alla radice. Un’altra forma di prevenzione è quella secondaria, quella che riguarda i controlli medici e la diagnosi precoce; purtroppo però come accade in molti casi, come per esempio proprio nelle patologie asbesto correlate, la diagnosi non aiuta nella guarigione, che anzi è molto spesso lontana e con poche speranze. La prevenzione terziaria aiuta a far valere i propri diritti.
L’art. 2087 c.c. sancisce la tutela risarcitoria per i lavoratori. Se si verifica un infortunio per l’inosservanza del precetto, sussiste la responsabilità contrattuale e, in via alternativa, extracontrattuale. E’ così che si ottiene il diritto di ottenere il risarcimento danni integralmente. La norma integra inoltre i precetti penali a tutela dell’incolumità pubblica e della tutela della persona; costituisce dunque il dovere dell’imprenditore in qualità di garante dell’integrità fisica dei prestatori di lavoro, anche in modo penalmente rilevante.
L’imprenditore deve inoltre controllare che le misure di prevenzione siano utilizzate.
I parametri: particolarità del lavoro, esperienza e tecnica
Sono tre i parametri direttivi per individuare le misure a garanzia dell’effettività della tutela; devono essere seguiti sia in base alle caratteristiche oggettive del lavoro, sia in base alle condizioni soggettive del lavoratore. Sono:
- particolarità del lavoro;
- esperienza;
- tecnica
Li prevede espressamente l’art. 2087 c.c., che così recita:
L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrita’ fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Per particolarità del lavoro si intende il complesso dei fattori e degli elementi che caratterizzato il lavoro; vi rientrano i processi di produzione, le tecniche lavorative, le condizioni dell’ambiente di lavoro e le sostanze che vengono utilizzate (es. tossiche, esplodenti, nocive).
L’esperienza consente di fare previsioni e valutazioni sui rischi, anche basandosi su eventi e valutazioni pregressi.
La tecnica, ciò che è da aggiornare in base alle conquiste tecnologiche e scientifiche.
I documenti necessari per la sicurezza: Dvr e Duvri
La sicurezza sul lavoro passa anche dalla valutazione del rischio. Anzi, si tratta di un passaggio fondamentale e che è stato reso obbligatorio dalla normativa in materia.
Il DVR è il Documento di valutazione dei rischi, che sono tenute ad avere tutte le aziende. Esso rappresenta una vera e propria mappatura dei rischi, e contiene tutte le misure per adottarli ed il relativo programma. Per le aziende con meno di dieci dipendenti è possibile redigere un Dvr semplificato; per le nuove imprese invece ci sono 90 giorni di tempo per redigerlo. Nel documento dovranno esserci anche i nomi del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS, eletto o designato) e del medico che ha partecipato alla valutazione. Infine dovrà contenere le mansioni che possono esporre i lavoratori a rischi specifici e per i quali si richiedono altrettanto specifiche formazione, capacità professionale, esperienza e addestramento.
Un altro importante documento è il Duvri, il Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza. In base al Testo Unico per la sicurezza, tale documento deve essere redatto dal datore di lavoro committente, che è responsabile della collaborazione e del coordinamento tra le imprese appaltatrici.
Con il Duvri si individuano tutti i rischi specifici di una realtà aziendale e dei luoghi in cui dovranno lavorare i dipendenti delle ditte appaltatrici; inoltre si individuano tutte le misure preventive e protettive per eliminare o limitare al massimo i rischi interferenti sul luogo di lavoro. La norma non impone specifiche competenze per la redazione di questo documento.
La verifica dell’idoneità professionale
Un aspetto fondamentale è la verifica dell’idoneità professionale. Si tratta di una valutazione di tipo tecnico-professionale che le imprese (anche quelle esecutrici e affidatarie) devono esibire al committente e consiste nell’esibizione di una serie di documenti come: iscrizione alla Camera di Commercio; Dvr; documento unico di regolarità contributiva; dichiarazione di non essere oggetto di provvedimenti di sospensione o interdittivi.
Sono tenuti ad esibire una serie di documenti anche i lavoratori autonomi: iscrizione alla Camera di Commercio; documentazione attestante la conformità alle disposizioni normative per macchine, attrezzature e opere provvisionali; elenco dei Dpi (dispositivi di protezione individuale) in dotazione; attestati di formazione professionale e idoneità sanitaria; documentazione attestante la propria regolarità contributiva.
Lo scopo dell’esibizione di tali documenti è il contrasto al lavoro irregolare ed alla pratica dei subappalti a cascata; non si tratta dunque soltanto un obbligo formale, ma ne viene richiesta anche una verifica sostanziale.
Il rischio di stress lavoro correlato (SLC)
Rilevante anche il Documento di Valutazione Rischio Stress Lavoro. Il Testo Unico infatti ha specificamente individuato lo stress lavoro-correlato (SLC) come uno dei rischi oggettivi da gestire “anche attraverso l’individuazione e la diffusione di buone pratiche gestibili dalle figure della prevenzione che operano in azienda“, sottolinea l’Inail, che nel 2011 ha sviluppato una proposta metodologica per la valutazione e gestione del rischio SLC e messo a disposizione una piattaforma online gratuita a supporto.
Figure professionali per la sicurezza aziendale
Una azienda ha anche la facoltà di prevedere delle figure professionali interne per la sicurezza. Il Servizio Prevenzione e Protezione (SPP) è definito dall’art.2 del D.Lgs. 81/08 come “l’insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori“.
A tale servizio è demandata l’individuazione e la valutazione dei fattori di rischio, nonché l’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro (con programmi di informazione e formazione dei dipendenti), così come l’elaborazione delle procedure di sicurezza. Di questo gruppo di lavoro fanno parte tre figure professionali certificate:
- il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP);
- il Coordinatore del servizio prevenzione e protezione (COORDSPP);
- gli Addetti al servizio prevenzione e protezione (ASPP).
Il Responsabile organizza e gestisce tutto il sistema; deve quindi possedere una specifica preparazione in materia ed i requisiti professionali adeguati ai rischi presenti sul luogo di lavoro. Il Coordinatore invece pianifica, organizza e gestisce la sicurezza dei cantieri edili, che si attua in due fasi: la progettazione e l’esecuzione; a volte per questo motivo possono essere previste due figure distinte. L’ Addetto al servizio prevenzione e protezione (ASPP) invece collabora a supporto del Responsabile del servizio.
L’informatica al servizio della sicurezza sul lavoro
L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha) ha messo a disposizione degli Stati membri un software gratuito, l’OiRA (Online Interactive Risk Assessment). Si tratta di un valido ausilio, in particolar modo per le piccole e medie imprese, per quanto riguarda sia il processo di valutazione dei rischi, sia l’individuazione delle misure di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha dedicato una pagina sul proprio sito istituzionale per pubblicizzare questa possibilità.
Incidenti sul lavoro in Italia, numeri ancora troppo alti
In Italia c’è ancora molta strada da fare in tema di sicurezza sul lavoro, nonostante vi siano leggi piuttosto dettagliate e stringenti. Gli incidenti sul lavoro hanno ancora numeri troppo alti. Ad occuparsi di questo tema è l’Inail – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro. Si tratta di ente pubblico che si occupa di erogare le prestazioni ai lavoratori aventi diritto, a seguito di infortuni sul lavoro o malattie professionali.
Nel 2021 l’Inail ha ricevuto poco più di 564mila denunce di infortunio. Nella relazione annuale, si evidenzia un calo dell’1,4% rispetto all’anno precedente. “Questa diminuzione, però – specifica l’Inail – è dovuta esclusivamente alla contrazione dei contagi professionali da Covid-19, che sono passati dai quasi 150mila del 2020 ai circa 50mila del 2021“. E prosegue: “Le denunce di infortuni mortali “tradizionali”, al contrario, sono aumentate di quasi il 10% rispetto al 2020, sia nella componente “in occasione di lavoro” che in quella “in itinere”. Gli infortuni mortali accertati sul lavoro sono 685, di cui 298, pari al 43,5% del totale, avvenuti “fuori dell’azienda” (57 casi sono ancora in istruttoria)“.
Scendono invece le denunce di infortunio con esito mortale: sono state 1.361 (-19,2% rispetto al 2020). “Come per gli infortuni in complesso – puntualizza l’inail – anche in questo caso la contrazione è legata interamente ai decessi causati dal contagio da Covid-19, passati dai circa 600 del 2020 ai circa 200 del 2021“.
Malattie professionali: oltre 55mila nel 2021
Le denunce di malattia professionale sono invece aumentate: nel 2021 sono state sono state 55.288, diecimila in più rispetto all’anno prima (+22,8%).
Le prime tre patologie denunciate sono state “quelle del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (36.163 casi), del sistema nervoso (6.337) e dell’orecchio (3.614), seguite dai tumori (1.702) che superano quelle del sistema respiratorio (1.643), le sole a registrare un calo rispetto al 2020.
Le denunce riguardano le malattie e non i lavoratori ammalati, che sono oltre 38mila, di cui il 40,3% per causa professionale riconosciuta (quelli con malattie causate dall’esposizione all’amianto sono 948). I lavoratori deceduti nel 2021 con riconoscimento di malattia professionale sono stati 820, il 23,6% in meno rispetto al 2020, di cui 154 per silicosi / asbestosi“.
Si è approfondita la questione durante il convegno del 12.12.2023 “La Sicurezza sul Lavoro alla luce delle ultime sentenze della Corte di Cassazione“, organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Roma, insieme all’ONA e alla Cassa Forense.
Consulenza gratuita per sicurezza sul lavoro e salute
Quando un lavoratore subisce una infermità a causa del proprio lavoro, ha diritto a dei riconoscimenti di tipo economico a seconda del danno. Avrà diritto ad un indennizzo Inail per il danno biologico, ad esempio, se gli è riconosciuta un’invalidità tra il 6% ed il 15%; se la percentuale è superiore, potrà chiedere la rendita Inail. Se la malattia professionale ha prognosi particolarmente grave o infausta, il lavoratore potrà chiedere anche altre tutele per sé e per i propri familiari.
L’Osservatorio Vittime del Dovere è nato proprio per aiutare le persone – cittadini e lavoratori, e le loro famiglie – nel loro fondamentale Diritto alla salute. Un principio che è saldo tra quelli fondamentali dell’associazione, che ha fondato questa testata giornalistica proprio con questo nome. L’Osservatorio e l’avv. Ezio Bonanni si sono impegnati a tutelare i diritti di tutti i lavoratori che subiscono danni a causa della loro professione e, mediante una rete di volontari, offrono una corretta informazione, consulenza legale e sanitaria gratuite e assistenza in tutte le fasi della tutela.
Per tutte le informazioni, si possono chiamare i numeri indicati o compilare il form per essere ricontattati.