I PROFESSIONISTI CREDONO NEL VALORE DEL DIGITALE, MA CHIEDONO FORMAZIONE, STRUMENTI ADEGUATI E PROCESSI PIÙ SEMPLICI: L’IA RESTA ANCORA POCO USATA.
Sanità digitale in ritardo in Italia
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La sanità italiana vive un paradosso evidente. Da un lato cresce l’interesse verso tecnologie che potrebbero migliorare qualità delle cure, ridurre le attese, alleggerire la pressione sui reparti e rendere più semplice la gestione quotidiana dei pazienti. Dall’altro, però, molti professionisti si sentono ancora poco preparati a usarle davvero, e faticano a trasformare questa aspettativa in pratica clinica.
Lo conferma la nuova indagine del Fo.N.Sa.D, il Forum nazionale della salute digitale, presentata al Ministero della Salute. Il quadro che emerge è quello di una sanità pronta a innovarsi sul piano culturale, ma ancora indietro sul piano operativo. La telemedicina è lo strumento più usato, mentre l’intelligenza artificiale — oggi al centro del dibattito globale — resta ai margini della pratica clinica, percepita come lontana e talvolta astratta.
Sanità digitale in ritardo: quanto ne sanno davvero i medici?
L’indagine ha coinvolto 1.144 professionisti, tra medici di medicina generale e specialisti. La domanda era semplice: vi sentite informati sulle tecnologie digitali che stanno trasformando la sanità?
La risposta, però, racconta tutt’altro che sicurezza.
Il 46% dei medici di famiglia e il 40% degli specialisti dichiarano di avere un livello di informazione limitato.
È un dato che sorprende solo in parte, perché riflette un ritardo storico nei percorsi formativi e nella disponibilità di strumenti aggiornati. Ma segnala anche quanto sia forte la distanza tra possibilità tecnologica e realtà quotidiana.
La telemedicina cresce, l’IA resta ai margini
Nonostante l’incertezza, alcuni strumenti digitali hanno già trovato un loro spazio nella routine clinica. La telemedicina, eredità potenziata dagli anni della pandemia, è oggi lo strumento più utilizzato. Seguono le piattaforme per la gestione dei dati, fondamentali per monitorare patologie croniche, programmare controlli e ridurre gli accessi inutili agli ambulatori.
Molto diverso è il discorso per l’intelligenza artificiale. Solo il 12% la utilizza in clinica e soltanto il 9% la integra nella gestione dei dati. Numeri che mostrano una distanza significativa rispetto al potenziale — e rispetto a quanto sta accadendo in altri Paesi europei.
Gli stessi medici, nell’indagine, descrivono l’IA come uno strumento “ancora astratto”. Non mancano l’interesse o la curiosità, ma prevale l’idea che manchino condizioni chiare per un uso sicuro, regolato e armonizzato.
Sanità digitale in ritardo: le difficoltà più frequenti
Se la sanità digitale stenta a decollare, le cause non sono tecnologiche, bensì culturali e organizzative.
La resistenza al cambiamento rappresenta uno degli ostacoli principali:
– colpisce il 29% dei medici di famiglia,
– riguarda il 14% degli specialisti,
e coinvolge anche i pazienti, soprattutto quelli meno abituati a strumenti digitali.
A questo si aggiungono difficoltà tecniche, che emergono in modo diverso nei due gruppi:
– gli specialisti lamentano problemi di software e interoperabilità (37%),
– i medici di base segnalano soprattutto carenze di supporto e strumenti semplici da usare.
Ma il dato più trasversale riguarda la formazione. Il 75% dei medici interessati alla sanità digitale sente la necessità di una preparazione più solida, continua e accessibile. Senza un investimento sistematico sulla formazione, la digitalizzazione rischia di rimanere una promessa non mantenuta.
La sanità digitale vista dai medici italiani
| Aspetto valutato | Medici di base | Specialisti | Nota |
|---|---|---|---|
| Si sentono poco informati | 46% | 40% | Carenza di formazione strutturata |
| Usano la telemedicina | — | — | Strumento digitale più diffuso |
| Utilizzo dell’IA | 12% | 9% | Considerata ancora astratta |
| Resistenza al cambiamento | 29% | 14% | Coinvolge anche i pazienti |
| Difficoltà tecniche | 14% | 37% | software, interoperabilità, flussi |
| Richiesta di più formazione | 75% | 75% | Esigenza condivisa |
Sanità digitale in ritardo: due mondi diversi, un obiettivo comune
Dall’indagine emerge chiaramente che i medici di famiglia e gli specialisti non hanno le stesse difficoltà e non vivono la digitalizzazione allo stesso modo.
– I medici di base chiedono soprattutto semplicità, strumenti immediati, percorsi formativi accessibili, supporto costante e processi più chiari.
– Gli specialisti, invece, avvertono l’urgenza di software più affidabili, flussi meglio codificati e piattaforme in grado di dialogare tra loro senza rallentamenti o incompatibilità.
Due esigenze diverse, ma complementari. La digitalizzazione reale della sanità — non quella evocata nei convegni, ma quella che incide sulle vite dei pazienti — può realizzarsi solo se entrambe queste dimensioni vengono affrontate con serietà.
Perché l’Italia non può più permettersi di aspettare
L’appello degli esperti è chiaro: senza una strategia nazionale più incisiva, la sanità digitale rischia di restare incompleta.
Le tecnologie ci sono. Le competenze, anche. Mancano la formazione strutturata, processi uniformi, investimenti specifici e una governance capace di guidare il cambiamento.
In un Paese che affronta un invecchiamento rapido della popolazione, una crescita delle cronicità e una pressione crescente sui servizi territoriali, la digitalizzazione non è un optional. È una risposta essenziale per continuare a garantire cure accessibili, tempestive e sostenibili.
FAQ — Sanità digitale: domande e risposte
Perché i medici usano poco l’IA?
Perché la percepiscono ancora come complessa, poco regolata e difficile da integrare nei flussi clinici esistenti.
La telemedicina funziona davvero?
Sì, soprattutto nel monitoraggio delle patologie croniche e nella gestione dei controlli ripetuti, ma richiede piattaforme semplici e interoperabili.
Cosa serve per accelerare la digitalizzazione?
Formazione continua, software integrati, processi condivisi, supporto tecnico reale e una governance nazionale più uniforme.
I pazienti sono pronti?
Non sempre. La resistenza al cambiamento coinvolge anche loro, soprattutto i più anziani. Servono educazione digitale e strumenti intuitivi.
L’IA sostituirà i medici?
No. L’obiettivo non è rimpiazzare il clinico, ma supportarlo nelle decisioni, rendere più rapida la diagnosi e migliorare la qualità dell’assistenza.
