Non riusciamo a farcene una ragione, a comprenderlo, ma noi stessi siamo la terra, sia pure come sua infestante calamitosa variante vitale. Noi stessi saremmo custodi e fruitori del Paradiso Terreste, ma diversamente autori e vittime del disastro terrestre.
Quando la terra esplode non la accettiamo
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Quando la terra esplode, vomita fuoco, urla, si contorce, trasuda, si fende, ci inghiotte nelle sue viscere, noi non la accettiamo, la odiamo per esserci matrigna e non madre. Ma non possiamo che essere parte consapevole o ignorante dell’utero unico che ci ha generato ed accolto. Salvo restituirci gli insulti, che le propiniamo da figli ingrati, da millenni. Salvo metabolizzarci inesorabilmente nel suo esaustivo divenire siderale prima, durante e dopo il fine di una irripetibile effimera vita pro tempore, cui siamo naturalmente condannati.
E allora? Allora, fermi restanti i sussulti “virtuosi”, dei singhiozzi di una collettività peraltro intrisa di cinismo, che riesce a far prevalere il sentimento bellico e le rivalse sanzionatorie, anche di fronte all’immensità dell’irreparabile, risparmiamoci almeno le ipocrite lacrime delle prefiche, sempre pronte ad entrare sulla scena.
Il disastro del terremoto in Turchia e Siria
Non c’è dubbio che il disastro del terremoto in Turchia e in Siria abbia colpito i più fragili. In un territorio di confine tra zolle continentali in movimento costante – ossia una spaccatura che si estende per 300 chilometri lungo la faglia est anatolica. Non c’è segno che la misericordia abbia voluto evitare il peggio, salvo tendere poi la mano ad una parte dei sopravvissuti…
Quei territori sono stati e sono da millenni un crocevia di civiltà sovrapposte e sofferenze imposte, di conflitti tra stati, etnie, religioni, le cui testimonianze sono state polverizzate in un amen. E tra quella polvere?
Il disastro dell’amianto
Tra quella polvere ancora morte, quella che verrà per la miriade di fibre di amianto che si sono liberate. Come d’altro canto sempre avviene in ogni bolgia naturale o d’artificio, di guerra. Dove i territori vengono irrimediabilmente contaminati anche dall’uranio impoverito. Salvo compromissione di centrali nucleari.
Quanto sta accadendo ha mobilitato e mobilita il mondo internazionale degli Operatori di Pace e di Fair Play, da UNIPAX al CNIFP, all’EFPM, al CIFP. Siamo, però, consapevoli che anche l’intero movimento Olimpico costituisce ben poca cosa, se non si va alla radice del problema.
La radice? Si, la pietra angolare da cui promana il maleficio di un disastro comunque culturale. Per la inadeguatezza dello stesso pensiero politico, delle strutture e delle convenzioni umane, che non prevedono alcun freno inibitorio. Nemmeno di fronte alla prospettiva di una ecatombe planetaria e tanto meno a quella di un giudizio, ancorché universale.