L’ossitocina, noto come “l’ormone dell’amore”, perché è coinvolto in varie funzioni legate alle relazioni sociali e all’empatia, è un ormone prodotto dall’ipotalamo e rilasciato dall’ipofisi. Durante il parto aiuta le contrazioni uterine e favorisce il legame madre-figlio. Durante l’allattamento, stimola la produzione di latte. Ma c’è di più. Uno studio giapponese, pubblicato su PLOS One, svela che l’ossitocina svolge un ruolo fondamentale nell’apprendimento e nella memoria
Ossitocina: non solo amore
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Un team di ricercatori dell’Università delle Scienze di Tokyo, guidato da Akiyoshi Saitoh e Junpei Takahashi, ha svelato un’interessante novità sull’ossitocina.
L’attivazione di un gruppo specifico di neuroni dell’“ormone dell’amore” nel cervello dei topi porta a un miglioramento delle prestazioni in nuovi compiti di riconoscimento degli oggetti.
Ma qual è il legame tra l’ossitocina e la memoria? Come può l’ormone dell’amore influenzare la capacità del cervello di apprendere e ricordare?
I primi risultati suggeriscono che l’ossitocina potrebbe agire su circuiti neurali specifici per migliorare la plasticità sinaptica, il processo attraverso il quale il cervello forma e rafforza le connessioni tra i neuroni.
Cerchiamo di capire come si è arrivati alla conclusione.
L’attivazione dei neuroni OXT
I ricercatori hanno innanzitutto esplorato i segreti dei “neuroni OXT“, che contengono recettori dell’ossitocina e si comportano in modi diversi in base alla presenza di questa sostanza chimica nel cervello.
Lo studio ha quindi messo in evidenza il legame indissolubile tra l’OXT e la memoria sociale, rivelando che la carenza di questo ormone o dei suoi recettori può causare una memoria sociale distorta nei topi. Ma è stato il nucleo sopramammillare (SuM), situato nell’ipotalamo, a emergere come fulcro di questo intricato gioco neurale.
Per individuare i neuroni responsabili dell’impatto dell’OXT sulla memoria, i ricercatori hanno attivato i neuroni OXT nel nucleo ipotalamico paraventricolare (PVN).
«Sulla base di studi che utilizzavano un modello murino di malattia di Alzheimer, in precedenza avevamo indicato l’ossitocina quale nuovo candidato terapeutico per la demenza. Per indagare ulteriormente, in questo studio, abbiamo esaminato il ruolo dell’OXT endogeno nella funzione cognitiva del topo.
Ciò è stato fatto utilizzando tecniche farmacogenetiche per attivare specificamente i neuroni OXT in specifiche regioni del cervello. La funzione cognitiva dei topi è stata poi valutata utilizzando il Novel Object Recognition Task (NORT)». A spiegarlo il prof. Saitoh. Risultato?
Confermato il ruolo dell’ossitocina sul processo di apprendimento e memoria
Ebbene, la loro attivazione influirebbe significativamente sul processo di apprendimento e ricordo. In definitiva, l’ossitocina sembra plasmare la nostra capacità di memorizzare nuove informazioni e recuperare ricordi passati.
Importanza dello studio
Lo studio rivela, per la prima volta, il coinvolgimento dell’ossitocina nella memoria di riconoscimento degli oggetti attraverso il nucleo sopramammillare (SuM).
La scoperta accende una speranza nel trattamento delle malattie neurodegenerative legate alla memoria, come l’Alzheimer e non solo.
Attraverso terapie a base di ossitocina, si potrebbero altresì potenziare le capacità cognitive e di apprendimento.
Infine, offre una nuova chiave di lettura sulla funzione cerebrale e relative implicazioni cliniche.
«Esiste una convinzione ampiamente riconosciuta che la demenza tende ad avanzare più rapidamente in contesti in cui gli individui sperimentano la solitudine o un impegno sociale limitato. Tuttavia, le basi scientifiche di questo fenomeno sono rimaste in gran parte sfuggenti.
La nostra ricerca cerca di chiarire il ruolo cruciale di un ambiente stimolante che attiva l’ossitocina nel cervello, mitigando potenzialmente la progressione della demenza.
Si prevede che la continua esplorazione di questo campo aprirà la strada a trattamenti innovativi e interventi farmaceutici volti ad arrestare il progresso della demenza»,conclude il prof. Saitoh.
Fonti
Junpei Takahashi et al, La proiezione ossitocinergica dall’ipotalamo al nucleo sopramammillare guida la memoria di riconoscimento nei topi, PLOS ONE (2023).