Prova e onere della prova: cos’è e a chi spetta?

sentenza Psicologi militari

L’onere della prova è un concetto cardine nell’ambito del diritto, sia civile che penale, e gioca un ruolo cruciale nei procedimenti giudiziari. Stabilisce chi ha il compito di dimostrare i fatti a sostegno delle proprie affermazioni e determina il successo o l’insuccesso di una causa.

Nel diritto risarcitorio, la corretta applicazione dell’onere probatorio è determinante per il riconoscimento di un danno e per la tutela delle vittime. Questo principio assume particolare rilevanza nei casi di risarcimento per esposizione all’amianto, danni da errore medico e mobbing, dove il soggetto danneggiato deve dimostrare il nesso causale tra l’evento dannoso e le sue conseguenze.

Questa guida esplora il concetto di prova giuridica, analizzando la sua funzione nei procedimenti civili e penali, il suo utilizzo nel riconoscimento delle malattie professionali e i criteri con cui i giudici valutano gli elementi probatori.

Cosa si Intende per Prova nel Diritto?

Nel contesto giuridico, la prova è lo strumento attraverso cui si dimostra l’esistenza di un determinato fatto rilevante ai fini del giudizio. Non sempre un fatto può essere provato direttamente: spesso si ricorre a elementi indiretti da cui inferire logicamente l’accadimento di un evento.

Il codice civile e il codice di procedura penale regolano in modo dettagliato il sistema probatorio, definendo le regole con cui le prove devono essere presentate, valutate e utilizzate dal giudice.

Le prove possono essere raccolte prima del processo (prove precostituite) o durante il processo (prove costituende). Inoltre, possono essere dirette, quando dimostrano un fatto in maniera immediata, o indirette, quando richiedono un ragionamento logico per essere collegate al fatto da provare.

Nel diritto italiano, la prova è fondamentale per il principio del libero convincimento del giudice, secondo cui il magistrato deve valutare gli elementi probatori con autonomia, tranne nei casi in cui la legge stabilisca il valore vincolante di determinate prove (ad esempio, la confessione).

Prova nel Diritto Civile: tipologie e valutazione

Nel processo civile, l’articolo 116 del Codice di Procedura Civile afferma che il giudice valuta le prove in base al proprio prudente apprezzamento, salvo il caso di prove legali, il cui valore è predeterminato dalla legge.

Le prove civili si distinguono in precostituite (documenti, scritture private, atti pubblici) e costituende (testimonianze, giuramenti, perizie tecniche).

Tra le principali forme di prove costituende troviamo:

  • confessione: dichiarazione di una parte che ammette un fatto a sé sfavorevole.
  • Giuramento: affermazione solenne della verità di un fatto.
  • Testimonianza: dichiarazione di un soggetto estraneo alla causa che riferisce circostanze di cui ha conoscenza diretta.

Inoltre, le prove possono essere indiziarie o presuntive, quando non dimostrano un fatto in modo diretto ma consentono di dedurlo attraverso un ragionamento.

Prova nel Diritto Penale: differenze e regole

Nel diritto penale, la prova ha un ruolo ancora più delicato, poiché incide sulla libertà personale dell’imputato. Il nuovo codice di procedura penale, entrato in vigore nel 1989, ha introdotto un modello accusatorio in cui la prova deve essere raccolta nel contraddittorio tra le parti.

Il codice distingue tre principali categorie di prove:

  1. prova materiale: oggetti, tracce biologiche, impronte digitali.
  2. critica (indiziaria): elementi che, pur non provando direttamente un fatto, lo rendono verosimile.
  3. Prova storica (rappresentativa): dichiarazioni di testimoni o imputati che ricostruiscono i fatti.

Un principio chiave è quello della presunzione di innocenza: l’accusa ha l’onere di dimostrare la colpevolezza dell’imputato, che non è tenuto a dimostrare la propria innocenza.

Le prove raccolte in fase di indagine possono essere acquisite in giudizio attraverso l’incidente probatorio, che consente di cristallizzare elementi probatori quando vi sia il rischio che vadano persi nel tempo.

Onere della Prova: a chi spetta l’obbligo di dimostrare?

L’onere della prova è regolato dall’articolo 2697 del Codice Civile, che stabilisce che:

  • chi vuole far valere un diritto deve dimostrare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
  • Chi contesta tali fatti deve provare il contrario o dimostrare che il diritto è estinto o modificato.

In altre parole, il creditore deve dimostrare l’esistenza del credito, mentre il debitore deve provare di aver adempiuto.

Nel diritto civile, il principio dell’onere della prova può variare a seconda della natura dell’azione:

  • Responsabilità contrattuale: il danneggiato deve provare il contratto e il danno subito, mentre il convenuto deve dimostrare di aver adempiuto correttamente.
  • Responsabilità extracontrattuale: chi subisce un danno deve dimostrare il fatto illecito, il danno e il nesso causale tra i due.

Onere della Prova nei Casi di Risarcimento Danni amianto

Chi ha contratto malattie correlate all’amianto (asbestosi, mesotelioma etc…) deve dimostrare l’esposizione e il nesso con la patologia. Il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile se non dimostra di aver adottato misure di sicurezza adeguate.

Nel contesto specifico del risarcimento per danni causati dall’amianto, l’esposizione a queste fibre è nota per causare gravi malattie, tra cui asbestosi e diverse forme di tumore. Se si verifica una malattia professionale in seguito a esposizione continua alle polveri di amianto, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile a meno che non dimostri di aver adottato tutte le misure precauzionali necessarie per proteggere la salute dei lavoratori. Sarà tenuto a risarcire i danni subiti dal lavoratore.

Nel contesto delle malattie correlate all’amianto, la vittima ha diritto al risarcimento completo dei danni, sia di natura patrimoniale che non patrimoniale. Nel caso del decesso della vittima, i danni non patrimoniali possono essere ereditati dai legittimi eredi.

L’esposizione alle particelle di amianto provoca serie malattie. Queste sono generate dall’inalazione o dall’ingestione delle sottili particelle rilasciate dai minerali di amianto. Inizialmente scatenano infiammazioni (come asbestosi, placche e ispessimenti pleurici). In seguito, si manifestano neoplasie. Tra queste, il mesotelioma rappresenta la forma più aggressiva.

Le affezioni legate all’amianto non si limitano alle vie respiratorie, ma possono colpire vari distretti del corpo. Inoltre, non esiste un livello di esposizione al di sotto del quale si possa ritenere al sicuro da malattie. Questo concetto è corroborato anche dalla monografia IARC. La situazione critica del territorio italiano, ancora ricco di materiale amianto, è delineata anche ne “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – Ed.2022

Prova nel risarcimento da Errore Medico

Nel caso di malasanità, il paziente deve provare l’esistenza di un rapporto contrattuale con la struttura sanitaria e il danno subito. Il medico o la struttura devono dimostrare di aver agito secondo le linee guida e che il danno non è stato causato da loro.

Per accertare eventuali responsabilità medico-sanitarie, occorre fare luce sulla vicenda clinica. È necessario presentare la documentazione del ricovero, le cartelle cliniche, eventuali documenti che attestino le condizioni di salute del paziente al momento del ricovero e la presenza di eventuali comorbilità.

Per quanto riguarda l’onere della prova, esso si differenzia se si agisce nell’ambito contrattuale o extracontrattuale.

Nella responsabilità contrattuale, il paziente deve dimostrare l’esistenza del rapporto con la struttura sanitaria e l’inadempimento dell’azienda sanitaria. In più deve provare il nesso di causalità fra l’azione o l’omissione del sanitario e l’evento indesiderato. Invece la struttura sanitaria, per liberarsi dalla presunzione di inadempimento che grava su di essa, deve provare, con supporto scientifico e medico-legale, che nessuna negli­genza, imprudenza o imperizia sia riferibile al proprio operato in via diretta o per effetto dell’at­tività dei soggetti dei quali debba rispondere. Deve anche dimostrare che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile alla struttura stessa.

Al contrario, nella responsabilità extracontrattuale, la vittima deve dar prova di tutti gli elementi costitutivi (ex art. 2043 c.c.). In altre parole deve dimostrare di aver subito un danno, provando la natura, l’entità della lesione subita, il nesso causale tra la condotta e il danno e l’elemento soggettivo del dolo o della colpa.

La causalità dovrà essere accertata alla luce del criterio civilistico del “più probabile che non”. Ciò significa che un evento si pone come antecedente causale con maggiore probabilità rispetto ad altre possibili cause.

Sentenza Franzese: i criteri del legame causale

La sentenza numero 30328/2002, nota come sentenza Franzese, rappresenta una pietra miliare nell’ambito del legame causale in materia penale.

Ha stabilito che il giudizio sul legame causale deve basarsi su un elevato grado di credibilità razionale o di probabilità logica, alla luce dei principi del sapere scientifico applicabili al caso.

La Corte di Cassazione ha anche adottato il concetto di giudizio controfattuale. Questo principio è stato successivamente applicato al contesto delle malattie professionali, in particolare alle patologie correlate all’amianto.

Inoltre, la Corte di legittimità, partendo dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite numero 30328/2002, ha sottolineato l’importanza del giudizio controfattuale, che richiede una solida base di dati scientifici e fattuali.

Queste linee guida sono state confermate anche dalla sentenza della Cassazione Penale, Sezione IV, numero 23339/2013. Il giudizio predittivo si basa su dati scientifici e fattuali, consentendo di valutare quali effetti si sarebbero verificati in caso di condotta adeguata.

Mobbing sul Lavoro: come funziona la prova?

La vittima di mobbing deve fornire prove concrete sugli episodi subiti e dimostrare il nesso tra le condotte vessatorie e il danno psico-fisico subito.

Le vittime di mobbing possono citare in giudizio il mobber davanti al giudice civile per stabilirne la responsabilità. Nel contesto del mobbing lavorativo, è necessario rivolgersi al Giudice del Lavoro. L’onere della prova ricade sulla vittima, che deve descrivere gli episodi, indicare i danni e dimostrarli, ad esempio attraverso documenti medici e testimonianze.