L’avvento della neurotecnologia ha portato a progressi straordinari nella cura di malattie neurologiche e psichiatriche. Recentemente, gli ingegneri della Rice University di Houston (Stati Uniti) hanno ideato uno stimolatore cerebrale impiantabile per combattere la depressione e non solo. Scopriamo tutti i dettagli
Nuovi progressi della neurotecologia: Over-brain Therapeutic
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Neurotecnologia. Gli ingeneri statunitensi hanno messo a punto nuovo dispositivo di dimensioni incredibilmente ridotte (9 millimetri di larghezza, può fornire stimolazione con una tensione di 14,5 volt.) ma dalla portata rivoluzionaria. Parliamo di uno stimolatore cerebrale impiantabile, in grado di trattare la depressione e altri disturbi psichiatrici o neurologici, in pazienti che non rispondono positivamente ai farmaci.
Insomma un’alternativa terapeutica più autonoma e accessibile rispetto alle attuali terapie basate sulla neurostimolazione.
Chiamato Over-brain Therapeutic (DOT), l’apparecchio è frutto della collaborazione tra il laboratorio di Jacob Robinson della Rice, Motif Neurotech e i medici Dr. Sameer Sheth e Dr. Sunil Sheth.
Dal vecchio al nuovo : il potere della neurotecnologia
Le tecnologie attuali per la stimolazione cerebrale impiegano batterie grandi che devono essere posizionate sotto la pelle e collegate al dispositivo tramite fili lunghi. Questo sistema comporta diversi interventi chirurgici e rischi di guasti.
Di contro, ciò che rende il DOT unico è la sua tecnologia di trasferimento di potenza magnetoelettrica, che consente di alimentare il dispositivo in modo wireless tramite un trasmettitore esterno. Questo trasmettitore fornisce energia al DOT, che può quindi essere utilizzato per stimolare il cervello attraverso la dura madre, cioè la membrana protettiva attaccata alla parte inferiore del cranio.
In aggiunta, il DOT è meno invasivo rispetto ad altre interfacce cervello-computer e non richiede l’uso di batterie.
«La fisica del trasferimento di potenza lo rende molto più efficiente di qualsiasi altra tecnologia di trasferimento di potenza wireless in queste condizioni». Ad affermarlo, Jacob Robinson, fondatore e CEO di Motif, una startup che lavora per portare il dispositivo sul mercato.
Dettagli sul dispositivo
Robinson, ha sottolineato il potenziale del DOT nel migliorare la qualità della vita dei pazienti. Ha spiegato che il dispositivo è in grado di attivare la corteccia motoria, consentendo al paziente di muovere la mano. Ma c’è di più. In un futuro non troppo lontano, il DOT potrebbe essere posizionato su altre parti del cervello, come la corteccia prefrontale, per migliorare il funzionamento esecutivo nelle persone affette da depressione o altri disturbi.
L’importanza della neurostimolazione
«La neurostimolazione è fondamentale per consentire terapie nel campo della salute mentale, dove gli effetti collaterali dei farmaci e la mancanza di efficacia lasciano molte persone senza opzioni terapeutiche adeguate» prosegue Robinson.
I ricercatori hanno testato temporaneamente il dispositivo su un paziente umano, utilizzandolo per stimolare la corteccia motoria – la parte del cervello responsabile del movimento – e generare una risposta al movimento della mano. Successivamente hanno mostrato che il dispositivo si interfaccia stabilmente con il cervello per una durata di 30 giorni nei maiali.
«Questo non è stato fatto prima perché la qualità e la forza del segnale necessario per stimolare il cervello attraverso la dura madre erano precedentemente impossibili con il trasferimento di potenza wireless per impianti così piccoli». A sostenerlo, Woods.
Neurotecnologia in “smart working”
Robinson prevede che la tecnologia possa essere utilizzata comodamente da casa. Un medico prescriverebbe il trattamento e fornirebbe linee guida per l’utilizzo del dispositivo, ma i pazienti manterrebbero il controllo completo su come viene somministrato il trattamento.
«A casa, il paziente indossava il cappello o un dispositivo indossabile per alimentare e comunicare con l’impianto. Poi bastava premere ‘vai’ sul proprio iPhone o sul proprio smartwatch e quindi la stimolazione elettrica di quell’impianto attivava una rete neuronale all’interno del cervello». Questa la spiegazione di Robinson.
L’impianto richiederebbe una procedura minimamente invasiva di 30 minuti che posizionerebbe il dispositivo nell’osso sopra il cervello. Sia l’impianto che l’incisione sarebbero praticamente invisibili e il paziente tornerebbe a casa lo stesso giorno.
«Quando si pensa a un pacemaker, si tratta di una parte di routine delle cure cardiache», ha affermato Sheth, professore e vicepresidente della ricerca, McNair Scholar e Cullen Foundation Endowed Chair of Neurosurgery del Baylor College of Medicine. «Nei disturbi neurologici e psichiatrici, tali dispositivi potrebbero diventare altrettanto comuni. Insomma nuove speranze in vista per i pazienti»
In sostanza, questo piccolo dispositivo potrebbe rivoluzionare il modo in cui trattiamo i disturbi neurologici e psichiatrici. Offre cioè una soluzione meno invasiva e più comoda per la stimolazione cerebrale.
Fonte: Rice University