Le nanoplastiche sono minuscoli frammenti di plastiche, di dimensioni inferiori a un millesimo di millimetro, presenti in quasi tutti gli ecosistemi, compresi suolo, aria e acqua.

La loro diffusione provoca un rischio per gli organismi viventi, tra cui l’essere umano che può entrare in contatto con queste sostanze in diversi modi. In particolare attraverso la catena alimentare, l’acqua e l’aria.

Oggi, per la prima volta, uno studio ha approfondito gli effetti dell’inalazione di nanoplastiche nei mammiferi. I risultati mostrano una preoccupante capacità di questi minuscoli corpi a penetrare nel cervello e a deteriorare, in particolare, la funzione olfattiva.

Nanoplastiche, uno studio condotto sui modelli murini

Coordinata dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche di Monterotondo Scalo, la ricerca è stata pubblicata su Science of The Total Environment.

Lo studio ha coinvolto anche l’Istituto sull’inquinamento atmosferico (Cnr-Iia) e l’Istituto di scienza, tecnologia e sostenibilità per lo sviluppo dei materiali ceramici (Cnr-Issmc). Senza tralasciare il Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma.

«Abbiamo condotto lo studio su modelli murini», spiega Stefano Farioli Vecchioli del Cnr-Ibbc, tra i partecipanti alla ricerca. «Avevamo già osservato che l’inalazione di nanoplastiche provoca una sua bio-distribuzione in numerosi organi del corpo. Fra questi il cervello, i polmoni, i testicoli, il tessuto adiposo. Non sapevamo, però, nulla sui tempi di permanenza di queste sostanze, né tantomeno sugli effetti della loro presenza sul funzionamento dell’organo/tessuto in cui si sono introdotte»

Come le nanoplastiche deteriorano le funzioni olfattive

I dati emersi delineano un quadro preoccupante sulla capacità delle nanoplastiche di penetrare nel cervello e deteriorare le funzioni olfattive per lungo tempo.

«Abbiamo per la prima volta osservato – continua Farioli Vecchioli – che la loro presenza induce un grave difetto nella capacità olfattive degli animali. Effetto associato a un persistente deficit della funzionalità dei neuroni del bulbo olfattivo, la regione del cervello deputata al riconoscimento degli odori. I nostri studi hanno poi evidenziato la presenza di processi infiammatori transitori nel bulbo olfattivo che ha inalato nanoplastiche. Infine, abbiamo osservato che l’inalazione è in grado di indurre un aumento compensativo della neurogenesi adulta, ossia la produzione di nuovi neuroni. Produzione che però non è in grado di riparare il danno indotto dalle nanoplastiche stesse».

Lo studio prosegue sui pazienti con Alzheimer

La produzione di nuovi neuroni, dunque, non è in grado di riparare il danno causato dalle nanoplastiche stesse.

«A tal proposito bisogna ricordare che circa il 95% dei pazienti con Alzheimer e Parkinson soffre di disturbi olfattivi. Questi si manifestano 10-15 anni prima della comparsa dei sintomi. L’intenzione è approfondire se vi sia un collegamento tra gli effetti delle nanoplastiche e questo tipo di patologie», conclude Farioli Vecchioli.     

Lo step successivo sarà verificare i possibili effetti sull’organismo umano.

Il progetto, scaturito da un’intuizione di Francesca D’Amato del Cnr-Ibbc, ha visto la collaborazione di Adriana Pietrodangelo del Cnr-Iia e di Anna Costa del Cnr-Issmc. Ed anche di Alessandro Nucara del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma. È stato realizzato in gran parte da Giorgio Prosperi, che ha svolto la tesi di laurea in un laboratorio del Cnr-Ibbc.

Fonte: CNR