Si parla frequentemente di fenomeni di mobbing, i cui effetti si riflettono su numerose vittime, soprattutto in ambito lavorativo. Il termine “mobbing” proviene dall’etologia e fa riferimento ai comportamenti aggressivi osservati in alcuni uccelli per difendersi dai predatori. Ma cosa implica esattamente il mobbing, e può essere considerato un reato?
In questa guida esploreremo la definizione del mobbing e analizzeremo casi specifici. Discuteremo anche della normativa italiana che ne tratta, concentrandoci principalmente sul mobbing sul luogo di lavoro: come difendersi e quali sono i mezzi legali disponibili per le vittime.
L’Avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), insieme al suo team di avvocati professionisti, vanta una vasta esperienza nella difesa delle vittime di mobbing e in situazioni in cui le norme sul luogo di lavoro non vengono rispettate. L’ONA offre assistenza legale gratuita alle vittime di mobbing e non solo.
Mobbing sul Lavoro: definizione e origine
Indice dei contenuti
Il termine “mobbing”, come già accennato, ha origine dall’etologia e fu coniato per la prima volta da Konrad Lorenz nel 1966. Lorenz utilizzò questo termine per descrivere i comportamenti aggressivi osservati in alcune specie animali, attuati con l’obiettivo di difendersi dai predatori o isolare membri del gruppo.
Nel contesto contemporaneo, il mobbing si riferisce a una persecuzione sistematica sul luogo di lavoro da parte di colleghi o superiori. Questi comportamenti hanno l’obiettivo di isolare la vittima o allontanarla e possono sfociare in situazioni come il licenziamento o danni alla salute, in particolare sull’equilibrio psicologico.
Il mobbing sul lavoro può manifestarsi attraverso piccoli atti quotidiani di emarginazione sociale, violenza psicologica, sabotaggio professionale o addirittura aggressioni fisiche.
Il mobbing avviene anche in altri ambienti, come quello domestico e scolastico, come vedremo meglio nel dettaglio in seguito.
Mobbing nel contesto giuridico del lavoro: cos’è
La giurisprudenza definisce il mobbing sul lavoro come una condotta sistematica e protratta nel tempo del datore di lavoro o del superiore gerarchico nei confronti del dipendente. Comportamenti che possono assumere forme di prevaricazione o persecuzione psicologica.
Questi atti causano la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, danneggiando il suo equilibrio fisiopsichico e la personalità complessiva.
Esempi di comportamenti che integrano il mobbing includono l’esclusione da riunioni, corsi di aggiornamento, pettegolezzi, insulti, lavoro eccessivo o richieste e controlli eccessivi da parte dei superiori.
Mobbing, esposizioni dannose e norme sul lavoro
Il mobbing provoca danni significativi alla salute e alla dignità delle vittime, con possibili conseguenze anche sul piano economico, come il licenziamento o la perdita di professionalità. In alcuni casi, le condotte di mobbing possono essere legate alla presenza di agenti patogeni sul luogo di lavoro, come l’amianto.
Il rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro è cruciale, e spesso le situazioni di mobbing sono correlate a gravi violazioni di queste norme. In questi casi, i dipendenti possono essere isolati o costretti ingiustamente a lasciare il lavoro per ribellarsi alle esposizioni dannose.
Tipologie di Mobbing e norme giuridiche applicate
Esistono principalmente due tipi di mobbing: verticale, perpetrato da superiori, e orizzontale, perpetrato da colleghi. Si aggiunge anche il mobbing dal basso, che mira a ledere la reputazione delle figure aziendali di spicco.
Il mobbing non è limitato al contesto lavorativo e può verificarsi anche in ambito scolastico e familiare. Agli studenti possono essere rivolti atti persecutori da parte di altri studenti o insegnanti, mentre in ambito familiare può manifestarsi attraverso dinamiche di potere tra coniugi.
Quando il mobbing si configura come reato risarcibile?
Per configurare il reato di mobbing sul lavoro, è necessario che i comportamenti ingiusti avvengano in modo sistematico, continuo e prolungato, con l’intento persecutorio di danneggiare la vittima.
La prestazione del lavoratore e le conseguenze che derivano dal cambiamento delle mansioni sono disciplinate dall’art. 2103 c.c. Questa norma è fondamentale perché vieta il demansionamento.
In caso di svuotamento delle mansioni, oppure mancato riconoscimento di quelle superiori, si configura il reato di mobbing.
Il mobbing è un reato e deve essere risarcito. La giurisprudenza però in diverse occasioni ha inquadrato le cause riguardanti questo reato in fattispecie penali esistenti, come il reato di maltrattamenti di familiari e conviventi (art 572), la violenza privata (art. 610 c.c.), le lesioni personali dolose o colpose (art. 582 e 590 c.p), la violenza sessuale (art. 609 bis c.p), la molestia o il disturbo alle persone (art. 660 c.p), l’abuso d’ufficio (art. 323 c.p), le minacce (art. 612 c.p).
Tutela legale delle vittime di mobbing e normativa
La tutela legale delle vittime di mobbing si basa su diverse normative, tra cui:
- Articolo 2087 del Codice Civile: Obblighi del datore di lavoro in tema di sicurezza sul lavoro.
- Articolo 2106 del Codice Civile: Tutela del lavoratore da provvedimenti unilaterali del datore di lavoro.
- Art. 1134 del Codice Civile: Obblighi derivanti dal contratto di lavoro.
- Legge n. 300/1970: Statuto dei lavoratori, in particolare articoli 28 e 28-bis.
- Legge n. 604/1966: Disciplina del licenziamento.
- N. 46/1990: Divieto di licenziamento per motivi discriminatori o in violazione dei diritti sindacali.
- Legge n. 833/1978: Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tutela dell’art. 2087 del codice civile
Uno degli aspetti centrali è la violazione della dignità della persona, e del lavoratore, in quanto persona.
Infatti l’art 2087 c.c. prevede l’obbligo a carico del datore di lavoro di “adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori”. Questa norma è molto importante, perché sancisce l’obbligo di tutela della salute e della dignità di tutti i prestatori d’opera.
Si deve osservare che, in molti casi, le attività di mobbing coinvolgono anche soggetti con contratto a termine. Quindi particolarmente deboli a livello contrattuale.
Inoltre, gli artt. 1175 c.c e 1375 c.c prevedono rispettivamente il rispetto del principio di correttezza e di buona fede contrattuale, valevoli anche nel rapporto di lavoro. Queste sono regole di comportamento fondamentali.
Risarcimento per danni causati da mobbing: come funziona?
La responsabilità del datore di lavoro in situazioni di mobbing è anzitutto di natura contrattuale e successivamente extracontrattuale. Nella prima circostanza, costituisce una violazione dell’obbligo generale di sicurezza imposto al datore di lavoro, e l’obbligo di risarcimento si basa sull’articolo 2087 del Codice Civile, come precisato dalla giurisprudenza, tra cui la Cassazione, sez. lav., sentenza n. 2864/2022.
Quando la vittima non ha un legame contrattuale con il responsabile del mobbing, ad esempio nel caso di comportamenti persecutori da parte dei colleghi, si può agire solo attraverso la tutela extracontrattuale.
Tuttavia, anche in questo scenario, persiste la responsabilità del datore di lavoro, regolamentata dagli articoli 1228 e 2049 del Codice Civile.
In altre parole, il datore di lavoro è responsabile delle azioni dei suoi dipendenti che causano danni, anche se non è direttamente coinvolto nelle condotte.
Azione legale presso il Giudice del Lavoro: come funziona?
Le vittime possono citare in giudizio il responsabile del mobbing di fronte al giudice civile per accertarne la responsabilità. Nel caso del mobbing sul lavoro, è essenziale rivolgersi al Giudice del Lavoro.
Pertanto, per avviare un procedimento legale, è cruciale presentare deduzioni specifiche riguardanti gli aspetti diversi del mobbing. In questo contesto, l’onere della prova ricade sulla vittima.
Di conseguenza, sarà necessario descrivere gli episodi, identificare i danni e dimostrarli. Per i danni alla salute, la documentazione medica, preferibilmente proveniente da strutture sanitarie, è essenziale. Per le componenti persecutorie, oltre alle prove scritte, testimonianze affidabili giocano un ruolo fondamentale.
Risarcimento integrale per mobbing sul lavoro
Un principio cardine è il risarcimento integrale del danno, compreso il danno non patrimoniale, tra cui lesioni alla dignità della persona. Questo principio è stato stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 6572/2006 e successivamente confermato dalla sentenza n. 26972/2008.
Di conseguenza, il datore di lavoro e altri responsabili devono rispondere per i danni causati. La vittima ha il diritto di ottenere il risarcimento completo dei danni subiti, inclusi quelli di natura patrimoniale e non patrimoniale.
Risarcimento del danno non patrimoniale: quali danni?
I danni di natura non patrimoniale includono lesioni psicofisiche (danno biologico), sofferenza interiore derivante dalle condotte persecutorie (danno morale) e peggioramento delle condizioni di vita quotidiane (danno esistenziale).
Risarcimento del danno patrimoniale: quali danni?
In alcuni casi, il mobbing può influire anche sulla sfera economica oltre che sulla persona. In questo caso si parla di risarcimento del danno patrimoniale. Ad esempio, si può risarcire il costo delle spese mediche per danni psicofisici causati o una perdita di guadagno dovuta a un impoverimento delle capacità professionali.
Indennizzo INAIL per mobbing: come funziona
La Cassazione, con la sentenza n. 8948/2020, ha equiparato i danni psicofisici causati dal mobbing a una tecnopatia indennizzabile dall’INAIL, anche se non è elencata tra le malattie professionali e il mobbing non è considerato un rischio tabellato.
In questi casi, l’onere della prova è a carico del lavoratore. Se il nesso causale viene dimostrato al lavoratore colpito spetteranno le prestazioni INAIL in relazione all’entità del danno biologico causato.
Assistenza legale dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA)
Se ritieni di essere vittima di mobbing o ti trovi in una situazione in cui il rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro è compromesso, contatta l’Osservatorio Nazionale Amianto per ricevere supporto legale e consulenza, telefondo al numero verde o compilando il form qui di seguito.