LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA: UNO STUDIO INTERNAZIONALE MOSTRA CHE GILTERITINIB PUÒ ESSERE EFFICACE ANCHE IN TERZA O QUARTA LINEA DI CURA. LA SOPRAVVIVENZA MEDIANA RAGGIUNGE I 7 MESI E ALCUNI PAZIENTI OTTENGONO RISPOSTE PROLUNGATE.
Leucemia mieloide acuta: una frontiera che sembrava chiusa si riapre
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Per molti anni, la leucemia mieloide acuta (LAM) è stata considerata una delle forme più difficili di tumore ematologico, soprattutto quando la malattia ricompare dopo le prime terapie. Nelle fasi avanzate le opzioni diventano limitate, le risposte meno prevedibili e la tollerabilità dei trattamenti più complessa. Proprio per questo i risultati di un nuovo studio internazionale, pubblicati sull’American Journal of Hematology, stanno attirando grande attenzione: la ricerca mostra che gilteritinib, un inibitore di FLT3 già utilizzato in seconda linea, può offrire benefici significativi anche in pazienti molto pretrattati.
È un risultato che apre una prospettiva concreta per pazienti che, fino a ieri, avevano opportunità ridotte.
Leucemia mieloide acuta: lo studio
Il lavoro è stato condotto su quasi 200 persone, un numero molto alto per uno studio retrospettivo su pazienti così fragili. La collaborazione tra più Paesi ha permesso di raccogliere dati robusti su un profilo clinico estremamente complesso, perché la maggior parte dei pazienti era già stata esposta a numerosi trattamenti e si trovava in una fase avanzata della malattia.
A coordinare lo studio è stata la professoressa Maria Paola Martelli dell’Università di Perugia, insieme alle Ematologie di Catanzaro e Latina, a conferma del ruolo crescente dei centri italiani nella ricerca ematologica internazionale.
Perché la mutazione FLT3 è così importante
La mutazione del gene FLT3 rappresenta l’alterazione genetica più frequente nella LAM e interessa circa tre pazienti su dieci. È una condizione che rende la malattia più aggressiva e tende a causare ricadute più precoci.
Negli ultimi anni, la possibilità di colpire questo bersaglio molecolare ha cambiato la storia naturale della malattia. Alcuni farmaci — come midostaurin e quizartinib — vengono oggi utilizzati in prima linea, associati alla chemioterapia. In caso di recidiva, l’opzione più importante è proprio il gilteritinib, che si somministra per via orale e senza chemioterapia.
Fino a oggi, però, mancavano dati solidi sull‘impiego del farmaco in terza, quarta o quinta linea, cioè dopo molteplici ricadute. Questo studio colma esattamente quel vuoto.
Leucemia mieloide acuta: i risultati
Uno dei dati più sorprendenti riguarda la sopravvivenza mediana, che nello studio si attesta a 7 mesi, un valore inaspettatamente simile a quello osservato negli studi registrativi di gilteritinib in seconda linea.
Significa che, anche in pazienti molto compromessi, il farmaco mantiene una capacità di controllo della malattia che non era affatto scontata.
Secondo il dottor Matteo Molica, ematologo coinvolto nello studio, questo risultato è particolarmente significativo perché ottenuto in una popolazione estremamente eterogenea e con molteplici terapie alle spalle.
Lo studio, inoltre, sottolinea un’altra dinamica cruciale: in alcuni pazienti la mutazione FLT3 può emergere solo nelle fasi successive della malattia, per effetto dell’evoluzione clonale. Per questo motivo, gli esperti ribadiscono l’importanza di ripetere i test molecolari a ogni recidiva, così da intercettare nuove alterazioni potenzialmente curabili con farmaci mirati.
Una parte dei pazienti accede al trapianto e ottiene risposte più lunghe
Un dato particolarmente incoraggiante riguarda il sottogruppo — pari al 12% del totale — che, dopo aver risposto al trattamento con gilteritinib, ha potuto effettuare un trapianto allogenico di cellule staminali.
In questi pazienti la sopravvivenza media è salita a 20 mesi, una differenza che conferma il ruolo del trapianto come unico trattamento potenzialmente curativo nelle forme avanzate di LAM, ma anche l’importanza delle terapie mirate come ponte verso questa procedura.
I risultati chiave dello studio sul gilteritinib
| Indicatore | Risultato | Significato clinico |
|---|---|---|
| Pazienti arruolati | ~200 | Casistica ampia e internazionale |
| Linee di terapia | 3ª, 4ª o successive | Popolazione molto fragile |
| Sopravvivenza mediana | 7 mesi | Simile alla seconda linea |
| Emergenza tardiva FLT3 | Frequente | Necessario ripetere i test molecolari |
| Pazienti sottoposti a trapianto | 12% | Sopravvivenza media di 20 mesi |
| Tollerabilità | Buona | Farmaco ben gestibile anche nei fragili |
Una nuova speranza nelle fasi avanzate
Il messaggio principale che emerge dallo studio è chiaro: anche nelle fasi più avanzate della LAM esiste una finestra terapeutica significativa, soprattutto quando si riesce a intercettare la mutazione FLT3 e a utilizzare farmaci mirati come gilteritinib.
La ricerca testimonia anche il ruolo strategico della target therapy, che negli ultimi dieci anni ha modificato profondamente la cura delle leucemie acute, offrendo alternative meno tossiche e più precise rispetto alla sola chemioterapia.
FAQ – Leucemia mieloide acuta
La mutazione FLT3 è sempre presente fin dall’inizio?
No. Può comparire nelle ricadute, motivo per cui il test genetico deve essere ripetuto.
Gilteritinib può essere usato senza chemioterapia?
Sì. È un farmaco orale con un profilo di tollerabilità favorevole, ideale anche per pazienti anziani o fragili.
Perché la sopravvivenza mediana di 7 mesi è considerata positiva?
Perché riguarda pazienti molto pretrattati, nei quali normalmente le opzioni terapeutiche sono limitate e la sopravvivenza attesa è più bassa.
Il trapianto resta necessario?
Quando possibile, sì. I pazienti che hanno effettuato un trapianto dopo gilteritinib hanno ottenuto una sopravvivenza superiore.
Lo studio cambierà la pratica clinica?
Potrebbe influenzarla presto, perché dimostra che il farmaco mantiene efficacia anche oltre la seconda linea e che ripetere le analisi molecolari è fondamentale.
