Un recente studio genomico ha il potenziale di rivoluzionare il trattamento della leucemia infantile, in particolare per la leucemia linfoblastica acuta a cellule T (T-ALL), una forma aggressiva di cancro che colpisce i bambini. La ricerca ha identificato quindici sottotipi distinti di T-ALL, ciascuno con risposte diverse ai trattamenti. Questa scoperta potrebbe trasformare l’approccio terapeutico, permettendo ai medici di adattare i trattamenti alle specifiche esigenze genetiche di ogni paziente
Conosciamo la leucemia linfoblastica
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La leucemia linfoblastica acuta a cellule T (T-ALL) è una delle più comuni forme di cancro infantile, con un’incidenza globale stimata tra 30 e 40 casi per milione di bambini ogni anno.
La malattia si origina quando una cellula staminale nel midollo osseo subisce una mutazione genetica, dando luogo a una proliferazione incontrollata di cellule T anormali, fondamentali per il sistema immunitario.
I sintomi sono vari e spesso legati alla sostituzione del normale midollo osseo da parte delle cellule leucemiche. La malattia si manifesta con anemia, che provoca stanchezza, pallore e debolezza, oltre a infezioni frequenti dovute alla diminuzione dei globuli bianchi maturi.
Possono verificarsi anche sanguinamenti insoliti e lividi a causa della carenza di piastrine, così come dolori ossei e articolari provocati dalla proliferazione delle cellule leucemiche nel midollo. Altri segni includono l’ingrossamento dei linfonodi, della milza e del fegato, che possono causare dolore e senso di pienezza addominale.
Diagnosi della leucemia
Per diagnosticare la T-ALL, si inizia con un esame del sangue che rileva anomalie nel conteggio delle cellule ematiche. Tuttavia, la conferma richiede una biopsia del midollo osseo, con la quale si analizza la presenza di cellule leucemiche. Quest’analisi viene ulteriormente approfondita attraverso test genetici e molecolari per identificare specifiche mutazioni caratteristiche della T-ALL. Gli esami includono l’analisi citogenetica e l’immunofenotipizzazione, fondamentali per determinare il tipo esatto di leucemia e orientare le scelte terapeutiche.
Attuali trattamenti
Il trattamento è complesso e prevede principalmente la chemioterapia, suddivisa in fasi di induzione della remissione, consolidamento e mantenimento, con l’obiettivo di eliminare le cellule leucemiche e raggiungere la remissione completa. In alcuni casi, la radioterapia viene utilizzata insieme alla chemio, soprattutto quando le cellule leucemiche hanno invaso il sistema nervoso centrale. Nei casi più gravi o quando la malattia non risponde ai protocolli standard, si può ricorrere al trapianto di cellule staminali ematopoietiche, con l’intento di sostituire il midollo osseo malato con quello sano di un donatore compatibile. Oltre a questi trattamenti, stanno emergendo nuove terapie mirate, progettate per agire su specifiche mutazioni genetiche presenti nelle cellule leucemiche. Queste, offrono soluzioni più efficaci e meno tossiche.
Sebbene i progressi nella chemioterapia abbiano migliorato i tassi di sopravvivenza, il 15-20% dei bambini con T-ALL sperimenta ricadute o non risponde alle cure. Questo rende fondamentale identificare marcatori biologici che possano prevedere la risposta alle stesse. A sottolinearlo, David Teachey, oncologo pediatrico e coautore dello studio dell’ospedale pediatrico di Filadelfia.
Oggi però arriva una novità.
Un nuovo approccio genomico nella leucemia infantile
Un’analisi genomica dettagliata ha rivelato che questa forma di cancro, che colpisce principalmente i bambini, comprende ben quindici sottotipi distinti. Ciascuno di essi è associato a specifiche risposte ai trattamenti.
La scoperta, pubblicata su Nature, suggerisce che una classificazione così dettagliata potrebbe rivoluzionare l’approccio terapeutico, consentendo di evitare chemioterapie troppo aggressive in alcuni casi e di optare per trattamenti più innovativi e specifici in altri. «Lo studio sarà una risorsa molto importante per trattare i pazienti T-ALL» spiega, Jan Cools, ricercatore in genetica della leucemia dell’Istituto fiammingo di biotecnologia a Gand, in Belgio. Ma facciamo un passo indietro.
L’importanza della classificazione genetica
In passato, vari sottotipi di T-ALL erano già stati identificati.
Nessuno studio era tuttavia riuscito a prevedere in modo affidabile l’andamento della malattia basandosi solo sulle alterazioni genetiche.
Per affrontare questa lacuna, i ricercatori hanno analizzato il DNA delle cellule tumorali e sane di oltre 1.300 persone con T-ALL, utilizzando anche l’analisi dell’RNA per comprendere come l’attività genica fosse alterata nei tumori.
Nuove speranze dai sottotipi genetici
L’analisi ha identificato quindici distinti sottotipi di T-ALL, ciascuno caratterizzato da alterazioni genetiche specifiche e da modelli unici di espressione genica. Alcuni di questi sottotipi sono associati a una maggiore probabilità di persistenza delle cellule tumorali dopo il trattamento, predisponendo così a una possibile ricaduta.
Altri sottotipi, invece, sono collegati a una prognosi più favorevole, con una maggiore probabilità di sopravvivenza senza recidive, o a un rischio aumentato di sviluppare un secondo tumore.
Un dato interessante emerso dallo studio è che circa il 60% delle alterazioni genetiche legate alla T-ALL si verifica in regioni del DNA che non codificano per proteine, ma che possono influenzare l’attività genica, contribuendo così alla progressione del cancro.
Verso trattamenti personalizzati
Grazie ai dati genetici e clinici raccolti, i ricercatori sono stati in grado di classificare la T-ALL in base al livello di rischio: molto alto, alto, basso e molto basso.
Questa suddivisione potrebbe guidare i medici nella scelta dei trattamenti più appropriati, come l’adozione di una chemioterapia più aggressiva o l’utilizzo di nuove terapie immunitarie per i casi ad alto rischio, e opzioni meno intensive per quelli a basso rischio.
La partecipazione allo studio ha coinvolto pazienti provenienti da Stati Uniti, Canada, Australia, Svizzera e Nuova Zelanda.
Ovviamente, i risultati dovranno essere ulteriormente validati in popolazioni diverse per confermare l’universalità delle scoperte.
«Sono studi come questo che fanno un solido caso che dovremmo eseguire sempre più il sequenziamento dell’intero genoma per questi tipi di leucemia». Questo il commento di Charles Mullighan, coautore dello studio e ematologo del St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis, in Tennessee.
Il futuro del sequenziamento genomico
Sebbene il sequenziamento dell’intero genoma non sia ancora una pratica diffusa a causa dei costi elevati, Mullighan prevede che diventerà sempre più comune in futuro. Questo approccio potrebbe permettere di sviluppare trattamenti ancora più personalizzati, migliorando significativamente le prospettive di cura per i bambini affetti da questa forma di leucemia.