violenza, traumi anche dopo anni (Foto free di Tumisu da Pixabay)

In caso di violenza di genere, secondo nuove ricerche dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il trauma può lasciare segni misurabili anche a livello epigenetico. Ciò può modificare l’attività dei geni senza alterarne la sequenza. Queste “cicatrici molecolari” potrebbero spiegare perché gli effetti della violenza durano nel tempo e perché molte vittime sviluppano disturbi anche a distanza di anni.

Il progetto EpiWE: cosa sta emergendo

I primi risultati provengono dalle analisi su un gruppo di donne che ha partecipato al progetto EpiWE – Epigenetica per le donne, finanziato dal ministero della Salute e attivo in diverse regioni italiane. Le partecipanti hanno compilato un questionario digitale innovativo e donato un campione di sangue, permettendo ai ricercatori di studiare l’impatto della violenza sul benessere psicofisico.

Dai dati raccolti emerge un quadro preoccupante:

  • Oltre il 50% delle donne esposte a violenza presenta disturbi post-traumatici gravi (PTSD).
  • Circa una donna su quattro manifesta sintomi depressivi anche a distanza di molto tempo.
  • Un terzo del campione è considerato ad alto rischio di rivivere situazioni di violenza.
  • Nella maggioranza dei casi l’autore delle aggressioni è un uomo, spesso partner o ex partner.
  • Gli episodi di violenza tendono a ripetersi nel tempo e possono coinvolgere più forme: fisica, psicologica, sessuale o economica.

Secondo i ricercatori, la violenza domestica lascia segni rilevabili nel DNA sotto forma di modificazioni epigenetiche. Studiare queste alterazioni potrebbe aiutare in futuro a prevedere gli effetti a lungo termine e a creare percorsi di prevenzione personalizzati.

L’estensione del progetto ai minori: nasce EpiCHILD

Grazie a una collaborazione con la Regione Puglia, l’iniziativa si è allargata anche ai minori che hanno assistito alla violenza in famiglia. Per loro l’ISS ha sviluppato EpiCHILD, un nuovo questionario digitale dedicato a bambini e adolescenti tra i 7 e i 17 anni.

Le prime analisi mostrano che:

  • Quasi l’80% dei minori ha percepito come traumatico assistere a episodi di violenza fisica.
  • Sono stati individuati diversi casi di PTSD e depressione.
  • Nel 92% dei casi l’aggressore identificato è il padre.
  • Più del 40% dei minori proviene da famiglie separate o divorziate.

Questi risultati confermano che assistere alla violenza ha un impatto profondo e può influenzare lo sviluppo emotivo e la salute mentale dei più giovani.

Perché questa ricerca è fondamentale

Gli esperti dell’ISS sottolineano la necessità di:

  • screening regolari nelle strutture sanitarie;
  • interventi multidisciplinari che coinvolgano sanità, scuola e servizi sociali;
  • programmi personalizzati di prevenzione, basati su evidenze scientifiche;
  • monitoraggi nel tempo per comprendere l’evoluzione del trauma e le possibili conseguenze transgenerazionali.

Il progetto proseguirà con follow-up periodici per costruire una banca dati utile a future ricerche e per sviluppare strumenti sempre più efficaci di tutela e supporto.

Fonte: Ansa