In Italia è aumentato il consumo dei cibi ultra-processati (UPF). Questi, sebbene in termini di peso rappresentino solo il 6% del totale del cibo consumato, contribuiscono al 23% dell’apporto energetico giornaliero. Al risultato si è giunti grazie ad uno studio coordinato da Laura Rossi, Direttrice del Reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). La studiosa ha analizzato l’evoluzione dei consumi alimentari degli italiani negli ultimi 15 anni.
La ricerca è stata pubblicata dalla rivista Frontieres in Nutrition.
Si eccede con il consumo di alimenti di origine animale
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I risultati della ricerca indicano un lieve peggioramento dell’aderenza alle raccomandazioni. C’è un eccesso di consumi di alimenti di origine animale, in particolare la carne rossa e i salumi. E uno scarso consumo di alimenti vegetali e in particolare di fonti di proteine vegetali, come i legumi.
«Tendiamo a criminalizzare i carboidrati – afferma Rossi – e a consumare molti alimenti voluttuari come snack dolci e salati, vino e birra. In particolare questo è vero per gli adulti, mentre per gli anziani e le donne la situazione è lievemente migliore. A guidare questa tendenza negativa è l’aumento del consumo di alimenti ultra-processati (UPF)».
Anziani e donne seguono diete più sane
Gli autori dello studio hanno valutato la qualità della dieta degli italiani sulla base di dati raccolti tra adulti e anziani. La proporzione tra maschi e femmine è del 50%.
Dallo studio emerge che gli italiani tra i 65 e i 74 anni, in particolare le donne, seguono abitudini alimentari più sane. Ciò rispetto agli adulti (18–64 anni). E mentre nel tempo gli anziani hanno migliorato la loro alimentazione, gli adulti hanno mostrato un peggioramento della dieta.
I cibi ultra-processati, un dato significativo della ricerca
Un altro dato significativo emerso dalla ricerca riguarda il cambiamento nel consumo di alimenti processati. Si tratta di quegli alimenti molto lavorati soprattutto a livello industriale e che hanno additivi e coloranti.
«Nei 15 anni esaminati nel lavoro – aggiunge Rossi – la loro percentuale di apporto energetico è quasi raddoppiata rispetto al 2005-2006 (consumo 5%; energia 12%). Gli alimenti ultra-processati che troviamo più frequentemente sulle nostre tavole sono le bevande zuccherate, gli snack dolci come merendine o biscotti. Ma anche quelli salati, quali per esempio patatine fritte, caramelle, cioccolatini, carne e pesce trasformati, piatti pronti».
UFP in crescita, ma non limitarsi a demonizzarli
È necessaria una strategia di sanità pubblica. La categoria degli alimenti ultra-processati comprende una vasta gamma di prodotti. Sulla loro eterogeneità compositiva e tecnologica è difficile dare un giudizio univoco in merito all’impatto sulla salute.
In Italia, dove il consumo di UPF è ancora relativamente contenuto ma in crescita, le Linee guida nutrizionali dovrebbero evolvere verso un approccio più sfumato. Approccio che non si limiti a demonizzare il livello di trasformazione, ma valorizzi la qualità nutrizionale e la matrice alimentare. I dati mostrano che alcuni sottogruppi di UPF, come i cereali integrali o le alternative vegetali alla carne, possono associarsi a un rischio inferiore per la salute. Ciò rispetto ad altri come le bevande zuccherate o certi prodotti animali ultra-processati.
Cibi ultra-processati, le indicazioni dell’ISS
I consigli degli esperti ISS possono riassumersi in pochi punti essenziali, tra questi:
- Non evitare tutti gli UPF: è bene sempre leggere le etichette e valutare cosa c’è dentro, prediligendo la scelta di alimenti freschi.
- Preferiamo UPF senza zuccheri aggiunti, con poco sale e con meno additivi.
- Usiamo gli UPF in modo oculato e non sempre come sostituti abituali degli alimenti freschi.
- Riduciamo gradualmente il consumo di bevande zuccherate o dolcificate.
- Prestiamo attenzione anche a zucchero, sale e grassi saturi in prodotti apparentemente “non processati” o tradizionali.